Illustrissimi Studenti contro il green pass, innanzi tutto esprimo un sentito ringraziamento per il vostro impegno in difesa dello stato di diritto, la vostra mobilitazione a garanzia della Costituzione, una fondamentale supplenza alla mancata garanzia da parte del Presidente della Repubblica, conforta enormemente qualsiasi cittadino che non sia disposto a cedere la propria particella elementare di sovranità a vergognosi ricatti ed estorsioni.
La vostra energia, postasi questo altissimo scopo, è una magnifica fortezza di rettitudine civica. Gli studenti sono uno storico gruppo sociale che innumerevoli volte si è assunto la responsabilità di difendere i diritti, quando non li ha direttamente conquistati con le proprie lotte, talora pagando con la vita.
La vostra presenza in questa forma di resistenza alla aggressione ai diritti che si va costituendo e diffondendo nelle società italiana e occidentale, aggressione allo stato di diritto in nome dell’emergenza sanitaria, mi sembra che potrebbe assumere un ruolo fondamentale e collettore delle innumerevoli forze che si stanno sviluppando, perché questo scenario resistenziale all’aggressione dello stato di diritto comporta un inevitabile e fisiologico movimento di costituzione di potere di determinati soggetti che si schierano e si attivano , con il rischio, inevitabile e fisiologico anche esso, che il determinarsi delle condizioni di questi costituendi poteri, in funzione di queste resistenze, necessariamente portano all’apparizione di figure iconiche di tale forma di opposizione che rischiano le derive dell’orgoglio, connaturate a non importa quale potere, possibilità che forse già si ravvisa in una troppo marcata autoreferenzialità di diversi soggetti che si vanno schierando.
Il soggetto politico degli studenti, sono solo delle suggestioni, mi pare infatti che potrebbe esercitare una importante ruolo di garanzia di ampia rappresentazione della società civile, di pluralità intellettuale e politica, in questo scenario, e forse dovrebbe proporsi di perseguire il preciso compito di tentare di coordinare e unificare, quanto meno interfacciare, le varie forze, attualmente troppo divise e soprattutto non comunicanti, che si stanno mobilitando, assumendosi anche il compito cruciale di analisi e controllo politico sulla fisiologica ed inevitabile infiltrazione di “soggetti provocatori” in un movimento civile di questa portata e su un tema di tale delicatezza, cercando di capire come smascherarli e come gestire questa variabile incognita nell’equazione.
Gli studenti con le loro multiformi competenze, soprattutto con la ricchezza delle diverse prospettive che possono mettere in campo, potrebbero essere i soggetti sociali più all’altezza degli ardui compiti del presente.
Per la vostra discesa in campo vi dico Grazie.
Chi vi scrive, e questo lo diciamo per dare una minima idea della complessità delle cose, invece grottescamente appiattite nella narrazione della stampa di apparato, si è vaccinato ai primi di Maggio di quest’anno, non costrettovi da nessuno, e tuttavia ritengo che il green pass sia una misura le cui conseguenze sullo stato di diritto stanno producendo danni devastanti.
Mi presento brevemente, sono stato allievo, amico e collaboratore per oltre 25 anni dello scrittore Aldo Rosselli, figlio e nipote degli assassinati Fratelli Rosselli, Nello e Carlo, mi richiamo dunque e per diretto passaggio di testimone, a una grande eredità storica culturale e politica che attraversa una dorsale fondamentale nel processo di democratico della nostra società, come ho voluto esprimere al Presidente del consiglio ad interim Mario Draghi in questa lettera che ho pubblicato il 29 luglio per mettermi in pace la coscienza di cittadino assolutamente non intenzionato a cedere a ricatti ed estorsioni che prima ancora dei diritti civili dei cittadini sono un attentato alla forma costituzionale dello Stato di diritto.
Con Aldo Rosselli abbiamo lavorato insieme per decenni intorno a una rivista cartacea quadrimestrale intitolata Inchiostri di cui egli era fondatore ed editore e su cui scrivevano moltissimi intellettuali non solo italiani, fra i redattori per fare dei nomi degli italiani c’erano Pontiggia e Tabucchi, c’era Perniola e Paris, Rodotà e molti altri.
Idealmente su quella rivista noi, come focalizzammo nella riunione del numero zero che pubblicammo sullo stesso, cercavamo di continuare a fornirne quell’impulso che la cultura deve dare alla politica, e che quasi 70 anni prima era stata la missione del foglio clandestino Non Mollare, scritto da giovanissimi intellettuali, come lo siete voi, riuniti intorno a Gaetano Salvemini, nella lotta contro la dittatura, fra i quali insieme a Ernesto Rossi firmatario del manifesto di Ventotene, vi erano appunto i fratelli Rosselli, e che insieme all’amico Giovanni Sollima, grande compositore e violoncellista, dopo alcuni tentativi falliti, riuscimmo a ricordare per l’ottantesimo del loro assassinio al Campidoglio, eseguendo con un ensemble di violoncelli il II movimento della settima di Beethoven, trascritto appositamente da Sollima, pezzo che nel 1937 accompagnò i loro feretri nel funerale di Parigi.
Attualmente, dissidente al sistema dell’industria culturale mainstream (vedi Horkheimer -Adorno) , dal quale sono uscito a gambe levate da giovanissimo, quando iniziai a lavorare come praticante giornalista per il gruppo della Repubblica alla fine degli anni 90, curo, ormai dal 2015, la cultura su un magazine on line indipendente, una delle tante voci di resistenza in questo paese, e mi sono occupato della pandemia con un primo articolo del 2 marzo 2020 intitolato Coronavirus lo stato delle cose, che per la sua tempestività di pubblicazione probabilmente, e potete controllare sul web come al 2 marzo fosse ancora tutto abbastanza silente, divenne immediatamente virale con migliaia di condivisioni sul web e raggiungendo in pochissimi giorni 70 mila letture, numeri importantissimi per una testata come la nostra.
In tale articolo raccontavo lo smantellamento del SSN e il crescente e costante iperfinanziamento all’establishment militare industriale, arrivato a spendere 64 milioni di euro al giorno, e, durante il governo Renzi-PD, a gettare nelle casse della Lockheed Martin 14 miliardi di euro per acquistare 90 cacciabombardieri nucleari F35, soldi con cui si sarebbero potuti costruire ben 28 policlinici con 2000 posti attrezzati con le più avanzate tecnologie, come illustro nel pezzo.
Pur essendo una piccola testata, tuttavia registrata come regolare organo di stampa della Repubblica Italiana, tali pubblicazioni di interventi sulla Pandemia sul magazine Young sono sempre stati da me mandati con vari mezzi, a tutta la grande stampa in mano alla ristretta oligarchia degli editori impuri italiani, che li ha regolarmente A) pubblicamente ignorati B) metodicamente saccheggiati di materiali epurandoli tuttavia del loro fondamentale impianto di lettura politica dei fatti.
Perché sono assolutamente ostile, e non semplicemente contrario, ma totalmente ostile al provvedimento del green pass, che definisco ciò che rende i cittadini ineguali davanti alla non legge?
Ebbene perché i danni che si compiono sulla legge fondamentale dello stato, ne parlavamo spesso con Rosselli, sono sempre di classe entropica, ovvero generano un disordine della struttura non ripristinabile; le leggi fondamentali, quali i principi giuridici supremi dello Stato, funzionano in qualche modo come i tabù, i quali come sappiamo sono divieti assoluti, assolutamente non derogabili, che costituiscono un campo di forza di contenimento alle forze antisociali e distruttive che sono costitutivamente presenti nell’umanità.
L’incesto, per esempio, ne è un modello universalmente noto. Il Tabù dell’incesto, universalmente diffuso sulla terra, culturalmente ci avvisa della presenza di irredimibili e ancestrali e incontrollabili pulsioni profonde, che provengono dalla notte dei tempi, le quali devono aver dato luogo a tragedie tali che l’umanità, per controllare tali sconvolgenti energie bio-psichiche, ha dovuto istituire i tabù, trasformando per così dire le Erinni in Eumenidi.,
Il mito greco è costellato di snodi che ci indicano queste pulsioni, e ricordano la traccia delle distruzioni di cui furono cagione.
La salute come diritto universale e fondamentale di ogni cittadino non può esistere se viene meno l’ambiente che innanzi tutto rende possibile che i diritti siano considerati elementi fondamentali dell’esistenza umana come unica condizione ammissibile. È evidente che la schiavitù, per fare un esempio, che altre ere ammettevano come condizione possibile, non sia una condizione per noi accettabile di salute, pur potendo uno schiavo per un determinato momento possedere una formidabile forma fisica, che però sarà sicuramente distrutta dallo sfinimento a cui sarà sottoposto. Ecco il senso della disambiguazione della definizione di salute come qualcosa che travalica la nuda vita che danno le organizzazioni internazionali di essa, quali il WHO, come «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia».
Dunque qualsiasi atto contro l’ecologia dei diritti umani è un atto che attenta costitutivamente alla salute anche se afferma di volerla tutelare, mirare alla distruzione dei diritti significa attentare alle precondizioni necessarie allo svilupparsi della salute stessa, il cosiddetto green pass, è uno di questi attentati.
Ora, nell’era dei diritti umani universali, avviata con l’emancipazione della borghesia dal potere feudale, le Costituzioni stanno al potere, e ai suoi ancestrali impulsi di dominazione assoluta, che Montesquieu chiamava l’orgoglio del potere, e che diceva egli andava sempre umiliato, esattamente come i tabù stanno ai comportamenti individuali e pongono dei limiti assoluti all’esercizio del potere, esattamente tanto quanto i tabù li pongono alla libido impedendo che essa divenga una energia socialmente distruttiva al posto di essere creativa, e che non si possono travalicare per nessun motivo, esattamente come nessuna ragione può essere chiamata a giustificare un incesto, quando non uno stupro, per quanto possa dar luogo a diverse spiegazioni in diverse prospettive.
Il green pass è uno stupro della Costituzione a cui si vuole dare una ratio, la quale per quanto plausibile possa apparire in se stessa in virtù di vari sofismi, messa in rapporto a ciò che violenta non può assolutamente essere accettabile. la ratio con cui si vuole giustificare il green pass assomiglia alla ratio che vuole dare la colpa dello stupro alle donne stuprate perché non avrebbero usato abiti antistupro.
Sebbene esista il potere giudiziario la cui prerogativa è l’interpretazione della legge e l’esercizio della giurisdizione , con le magistrature e avvocature nei tribunali e con le varie corti , la Costituzione è esposta alla lettura del popolo intero, proprio come lo erano nel foro le XII tavole, durante quello che Plutarco chiama il periodo aureo romano, leggi che i giovani dovevano imparare a memoria “ut carmen necessarium”.
E della Costituzione, in quanto unico titolare legittimo della sovranità, destinatario supremo ne è il popolo, a cui talvolta dalla Costituzione vengono fatti degli affidamenti diretti, come quello dell’articolo 52 sulla difesa della patria, senza nemmeno passare per lo Stato.
È necessario poi ricordare che corpi dello Stato quali la magistratura tedesca e italiana accettarono come legge dello stato omicidio e stermino.
Questo fatto ci ha insegnato che le istituzioni sono come la nave di Teseo, che restando simile nella forma muta nella sua sostanza, questo fenomeno in natura avviene in certi cristalli che restando uguali nella forma mutano la propria natura, tale processo si chiama pseudomorfosi; dunque se tutti i pezzi della nave potere giudiziario vengono sostituiti, se una ideologia penetrandoli con la forza del terrore ne modifica radicalmente il credo, qualsiasi magistratura può dedicarsi in nome della legge ai più efferati delitti. Quando avvengono queste cose resta il popolo a tutelare la legge della civiltà dei diritti, quando anche il popolo cade in pulsioni erosive o distruttive della civiltà dei diritti, restano parti di popolo a assumere pro tempore l’autorità. Il comitato di liberazione nazionale ad esempio, fu una di queste forme di Stato pro tempore costituito dalle poche decine di migliaia di cittadini che, a fronte di milioni di individui che diedero il loro o rassegnato o entusiastico consenso alle dittature, sia di destra che di sinistra, restarono fedeli ai principi della civiltà del diritto. In Germania furono ad esempio i ragazzi della rosa bianca, che pagando con le loro giovanissime vite, fecero il disperato tentativo di avviare a una simile difesa dello stato di diritto da cui aveva abdicato la magistratura.
Il cosiddetto green pass, parola che, come Nicola Chiaromonte scriveva per la parola fascismo, di per se non significa nulla, mentre invece è un vero e proprio lasciapassare sociale, oggi rappresenta un atto di oltraggio che viola in nome di ragioni che non sono accettabili l’impianto di diversi diritti inalienabili, e con il suo rendere i cittadini ineguali davanti alla non legge, rappresenta un gesto di disprezzo e oltraggio senza precedenti nella storia repubblicana alla Costituzione e alla dignità dei cittadini sovrani.
Ma ci sono elementi che rendono il gesto di oltraggio e disprezzo enormemente più grave, rendendo la risposta a questo gesto, che non proviene da gruppi eversivi ma da uno dei poteri dello Stato, l’esecutivo, e dalla grave latitanza degli altri due poteri quali il legislativo e il giudiziario, ancor più necessaria e assolutamente intransigente.
Fin dal principio di questo evento epocale ho focalizzato la Pandemia come prodotto finale di un processo integrale di erosione dello stato di diritto, non come una mera fatalità imperscrutabile della natura.
Per questo motivo, supportato da un PhD in diritto romano, riguardo ad alcune riflessioni finali di carattere giuridico con cui mi sono confrontato, la dottoressa M.E.Roccia, ho scritto e pubblicato in data 30 marzo 2020, ore 00,20, circa 18 ore prima della prima puntata sulla pandemia di Report, un lungo testo, dal titolo “Coronavirus necessario nuovo processo di Norimberga” che poi, da me spedito, è stato acquisito dalla Procura di Bergamo, che ricostruisce la Pandemia come un vero e proprio dolo, un crimine omissivo, consistente fondamentalmente nella totale mancanza, in Italia, della attuazione del Piano Pandemico nazionale.
Unica procura d’Italia che sta seriamente tentando di venire a capo delle responsabilità istituzionali, quella di Bergamo, piccolo David contro il Golia dell’intero sistema chiuso in formazione testuggine, è stata attivata dalle denunce del comitato “Noi non dimenticheremo” che è il comitato dei parenti delle vittime di Bergamo, con cui gli Studenti contro il green pass dovrebbero entrare in contatto e in dialogo.
È evidente che vedere la Pandemia come il prodotto di questa somma di gravi reati omissivi procrastinati per decenni e commessi da figure apicali nelle istituzioni , non solo italiane ma dell’intero occidente, per quanto riguarda la sfera di giurisdizione della civiltà dei diritti universali, cambia completamente i connotati della attuale condizione e soprattutto la sua lettura politica.
E rende ovvia la necessità di evadere dallo strano panopticon sanitario, che da ovunque si osservi lascia vedere solo la dimensione emergenza sanitaria, alimentando invece che una realta, una percezione aumentata della gravità della situazione, in cui si sta tentando il sequestro di coscienza pubblica per estraniarla dalla percezione dei piani politici e giuridici che sono stati coinvolti e che sono gravemente minacciati dallo stato di emergenza.
È chiaro che alla luce della magnitudine delle conseguenze della Pandemia stessa, magnitudine che ha preso le proporzioni di un delitto contro l’umanità, per la disumanizzazione che ha comportato, ad esempio, cosa osservata da Agamben in prima battuta, come il divieto del culto dei morti ridotti alla stregua di rifiuti tossici bruciati senza esequie, e nello stesso tempo corpi ridotti in cenere senza autopsie, distrutti quindi come si distruggono le prove di un delitto, nelle istituzioni sia postulabile che, anche non ammesso, stia serpeggiando un profondo terrore di essere chiamati a risponderne davanti ai tribunali.
Questo terrore, non importa quanto conscio o inconscio, negli attori del potere, di dover affrontare le responsabilità è un formidabile movente a prolungare quanto più possibile lo stato di emergenza, ovvero la sospensione ab libitum delle magistrature ordinarie dello Stato, e ad aumentare a dismisura la misura del pericolo, e giustifica l’atteggiamento di totale prostrazione dei politici di lunga data, tecnicamente i più colpevoli, a una figura “forte” a capo dell’esecutivo, percepita come protetta e cooperante con gli strapoteri sovrannazionali non elettivi, quali la inaudita potenza della finanza speculativa.
Ovviamente il potere, nelle sue menti più raffinate, per citare una espressione di falcone, non ci mette molto a scoprire via via le meravigliose proprietà politiche della pandemia, come farebbe qualsiasi scienziato trovandosi fra le mani un materiale dalle straordinarie proprietà come il grafene ad esempio, e dalla scoperta o dall’invenzione casuale non ci vuole niente a passare a una conoscenza esatta degli infiniti usi di qualcosa, in questo caso la pandemia come formidabile materiale per la contrazione dei diritti e quant’altro.
Osserviamo da subito che ben diversa cosa sarebbe stato se a gestire la pandemia oggi ci fosse uno Stato impeccabile che avesse fatto tutto quanto la legge gli imponeva di fare in fatto di prevenzione e gestione di una pandemia annunciata da decenni, esaurendo tutti i mezzi che aveva a disposizione, invece che uno Stato in cui gli uomini e le donne al potere al suo interno, oltre a non essersi mai occupati minimamente della preparazione alla pandemia, mentre non hanno mai perso tempo per prepararsi alla guerra abbuffando il complesso militare industriale di denaro pubblico, hanno sistematicamente acconsentito alla devastazione della sanità pubblica, tagliando dal 1980 a oggi oltre 400 mila posti letto, e facendola diventare, come denunciava Gino Strada, un luogo del profitto.
Tale cattivissima coscienza, ad esempio, è chiaramente evidente nel gesto di inaudita gravità commesso dall’attuale Ministro della Salute Roberto Speranza, che personalmente mi rende intollerabile la sua presenza a tale carica dello Stato, e per induzione dall’insieme del potere esecutivo, quando, da egli scritto durante la prima ondata, e fatto pubblicare un libro evidentemente auto propagandistico sulla propria gestione dell’emergenza, lo faceva poi immediatamente ritirare da tutte le librerie d’Italia in cui era ormai pubblicato a disposizione del pubblico.
Alzato lo scandalo dalla giornalista Simonetta Sciandivasci, che denunciò la cosa sul Foglio, e ripreso da innumerevoli testate, la cosa, bruciato il fatuo fuoco del momento spettacolare senza alcuna perseveranza, mera mercificazione della protesta come scriveva Debord, finì immediatamente nel dimenticatoio.
Personalmente ho bombardato di lettere il Ministero della Cultura, a cui la legge affida di gestire il ritiro di libri pubblicati, a norma della legge 633 del 1941 con le varie modifiche, per chiedere conto di questo ritiro, chiedendo l’acceso agli atti, per scoprire, costringendolo infine a una qualche risposta, che tale ritiro era al ministero responsabile completamente ignoto, come mi hanno risposto nelle mail che ho pubblicato nell’articolo “Roberto Speranza, MiBACT scrive: libro non ritirato a norma di legge 633 del 1941”, cosa questa che ci dà ulteriormente misura dello stato di liquefazione e degenerazione avanzata in atto dello stato di diritto in questo paese.
Questa vicenda, gravissima, dovrebbe essere assolutamente ripresa e impugnata dagli studenti contro il green pass, e ne elenco alcuni fra i motivi in un altro articolo che ho dedicato a questo gravissimo atto di tracotanza del potere dal titolo Il libro sparito del Ministro Speranza è censura di Stato, distopia orwelliana.
Il motivo più grave di tale sequestro che credo di avere rintracciato essendo riuscito a procurami una copia di tale libro ritirato è che nelle 229 pagine di questo libro scritto da un Ministro della salute in carica durante una pandemia in corso, non è mai citato il Piano Pandemico, cosa inaudita, essendo tale piano esattamente il manuale per affrontare la pandemia che il ministro in carica lamentava nel libro sequestrato al giudizio del popolo non avere nessuno nelle mani, e tutto questo aspetto lo ho affrontato nell’articolo “Nel Libro di Roberto Speranza il Piano Pandemico non è mai citato. Forse perché non sapeva cosa fosse”, nel frattempo tentando vanamente di ottenere dei chiarimenti sul perché la Feltrinelli si fosse prestata a un gesto così grave invece di rifiutarsi di sottrarre al pubblico colpito dalla pandemia di leggere le esternazioni ritirate dal ministro in carica che la pandemia la stava gestendo.
La Feltrinelli da me interrogata nelle figure di responsabili legali messe in copia dal ministero della Cultura alle sue risposte alle mie domande, non ha mai risposto, con un silenzio assordante e ignobile per una casa editrice che fa altisonanti affermazioni pubbliche sull’etica, per tale motivo ho scritto alla stessa una lettera conclusiva sulla vicenda che ho pubblicato dal titolo “Lettera alla Giangiacomo Feltrinelli Editore sul libro del ministro Speranza”. Probabilmente all’autorevolezza di un movimento studentesco, se glielo chiedesse formalmente, la Feltrinelli dovrebbe necessariamente rispondere qualcosa, e a mio avviso gli studenti contro il green pass dovrebbero assolutamente chiedere queste spiegazioni alla Feltrinelli.
Ora vorrei farvi notare che parallelamente allo stringersi sempre più soffocante della gabbia dello stato di emergenza ormai permanente da due anni andato a sfociare nella misura generatrice di ineguaglianza dei non cittadini davanti alla non legge quale il green pass, è venuta meno in Italia, e similmente in molti paesi occidentali, sebbene in Francia si stia muovendo qualcosa di serio in questo senso, di qualsiasi dimensione di responsabilità da parte dello Stato per quanto accaduto, come ci testimonia, tanto per fare un esempio, il rifiuto da parte del parlamento di avviare una commissione parlamentare sulle responsabilità della gestione, e come ci testimonia l’intera gravissima vicenda del ricercatore dell’OMS Francesco Zambon che per aver pubblicato un rapporto sugli errori di gestione dell’evento pandemico in Italia, sperando con ciò di fornire i paesi europei di uno strumento per salvare migliaia di vite, cosa che del resto sarebbe la missione del WHO, da cui ricevette l’incarico di redigere tale documento, oggi si trova querelato con una richiesta di risarcimento da 2 milioni e mezzo di euro da una figura apicale del WHO, il dottor Guerra, il quale, come racconta Zambon nel suo libro “pesce piccolo- una storia di Virus”, si adoperò per far ritirare a distanza di sole 24 ore lo stesso rapporto che era stato messo on line dal WHO dopo aver superato tutti i possibili nulla osta, privando così gli stati, che di li a poco si sarebbero trovati nelle stesse condizioni italiane, di uno strumento che avrebbe potuto salvare migliaia di vite.
Ciò perché il documento denunciava che il Piano Pandemico non era mai stato aggiornato dal 2006. Guerra, figura istituzionale che dal 2014 al 2017 aveva diretto il dipartimento della sanità responsabile del Piano Pandemico, dopo aver tentato di costringere senza successo Zambon a falsificare la data di aggiornamento dell’aggiornamento del piano pandemico, aveva fatto pressioni direttamente su Tedros, capo del WHO , facendo ritirare il documento che tuttavia ormai era stato spedito dallo stesso WHO a 15.000 contatti e alla stampa. Un atto che ci mostra una capacità del WHO a compiere atti non propriamente morali alla luce del sole, senza minimamente preoccuparsene, che è spaventosa.
Zambon, isolato all’interno della organizzazione di cui era stato un funzionario eccellente, si è dimesso e oggi, senza lavoro, preziosa risorsa del paese inutilizzata, si sta vendendo la casa per affrontare la risposta del potere, che come ci insegnano le vicende di Assange, di Snowden, di Manning, Bryant e altri, vuole sempre essere devastante con le vite dei whistleblower colpendo i quali intende terrorizzare chiunque negli snodi nevralgici del potere sia tentato di denunciarne gli abusi e i crimini.
La sua vicenda ha reso visibile come fa una risonanza magnetica con organi invisibili, il ventre corrotto di una istituzione come il WHO a cui è affidato il coordinamento della gestione sovrannazionale di eventi della portata di una Pandemia, ulteriore cosa che rende possibile comprendere perché tutto stia rovinando verso un dispotismo ultratecnologico. Le pagine finali del suo libro, in cui riflette sui meccanismi interni del WHO quali gli si sono disvelati è a dir poco terrificante e gli studenti contro il green pass a mio modo di vedere ne dovrebbero fare una lettura collettiva.
Gli studenti contri il green pass dovrebbero occuparsi anche di sostenere persone come Zambon, ovvero dei whistleblower, come momento cruciale di una strategia politica di difesa dello Stato di diritto.
In tal guisa, dei due piatti della giustizia, uno di essi, quello con le responsabilità delle istituzioni, responsabilità di cui è sempre piena la bocca dei commentatori di sistema quando si scatenano a colpevolizzare quando non a demonizzare aizzando l’odio alcune parti sociali, è restato completamente vuoto, comportando il fatto che la bilancia è grottescamente pendente dalla parte di sempre più gravi restrizioni dei diritti costituzionali dei cittadini, colpevolizzati di un gravissimo danno che invece hanno subito, e giustificate con la pandemia di cui fondamentalmente sono stati cagione coloro che non avendo mai attuato il piano pandemico in 17 anni è come se l’avessero cagionata, come ci insegna l’impianto concettuale dell’articolo 40 del codice penale, che recita che colui che era giuridicamente tenuto a impedire un evento e non lo avesse fatto, addirittura non provandoci nemmeno, è come se tale evento lo avesse cagionato.
Questo impianto è facilmente riassumibile, componendo la metafora della figura di un gestore di un grande albergo che fosse andato a fuoco, il quale se risultasse non aver mai messo a norma i dispositivi antincendio, quali estintori, scale antincendio, porte di sicurezza, sensori antifumo, percorsi di evacuazione e quant’altro, dovrebbe rispondere davanti alla legge come se quell’incendio lo avesse appiccato egli stesso, poiché dalla legge era tenuto a impedirlo installando e manutenendo precisi strumenti.
Credo che chiunque troverebbe grottesco che un simile gestore scoppiato un incendio nel suo albergo completamente sprovvisto di mezzi antincendio, ovvero assolutamente non a norma, fuorilegge, e compiutasi così una strage di avventori, pretendesse, al posto di essere processato per direttissima, di gestire le operazioni di gestione del rogo, e che per fare questo imponesse lo stato di eccezione imponendo ai superstiti dell’incendio una serie di restrizione delle libertà.
Ebbene oggi lo Stato, per non aver mai messo a norma di sicurezza lo stato contro il rischio di una pandemia, mettendo in atto precisi strumenti contemplati dal Piano Pandemico è esattamente il gestore dell’albergo andato a fuoco della nostra metafora.
In questa dimensione che vede le responsabilità dell’avvento della pandemia e la sua gestione emergenziale, fondamentalmente nelle stesse mani, è annidato il principio della precipitazione della sostanza democratica nel solido insolubile del dispotismo, è questo uno dei gravi nodi che vanno sciolti con estrema cautela e assoluta determinazione.
Da che la pandemia si è diffusa nel nostro paese nessuno infatti è stato chiamato d’ufficio, come dovrebbe essere, a rispondere della gravissima omissione del dovere giuridico di sorveglianza e prevenzione sanitaria che la legge 833 del 23 settembre 1978 assegna alla responsabilità del potere esecutivo e ai dirigenti delle istituzioni sanitarie, da esso nominati, che imponeva ai vari governi, fino al ministro Speranza andato in carica prima che la pandemia fosse scoppiata, di attuare il Piano Pandemico.
Dal 2005 a oggi nessuno ha mai attuato tali piani. I quali in grandissime linee imponevano che il potere esecutivo nella figura del ministro della Salute indicesse periodiche esercitazioni nazionali in coordinamento con le autorità delle regioni mobilitando tutti i presidi sanitari nazionali.
Tali esercitazioni avevano lo scopo di portare a regime una strategia di contenimento della diffusione dell’infezione, limitando al minino la penetrazione del virus.
Queste esercitazioni avrebbero dovuto portare a regime un meccanismo che avrebbe impedito con mezzi e addestramento che gli ospedali, come i corridoi frangi-fuoco fanno con gli incendi , si trasformassero, come è purtroppo avvenuto, nel sottobosco propagatore dell’incendio pandemico.
Tali esercitazioni mai fatte eseguire da nessun esecutivo fino al Conte II che già aveva in carica il ministro Speranza, avrebbero portato a mettere a punto un sistema di munizioni di DPI negli ospedali, nelle cliniche, nei presidi di medicina territoriale, come negli studi dei medici di famiglia. Avrebbe reso evidente la necessità di mantenere operative una serie di industrie per la produzione di DPI come anche di respiratori per le terapie intensive, e via dicendo, tutte cose di cui ci siamo trovato tragicamente sguarniti durante la prima ondata, situazione che ha significato un altissimo costo di vite umane.
Tutto ciò, come da meglio approfondito nel testo Coronavirus necessario un nuovo processo di Norimberga, e non il mero essere apparso all’orizzonte di un nuovo virus, ha determinato le condizioni catastrofiche della diffusione del virus.
La lotta contro il green pass, se non vuole andare a parare in un binario morto, e farsi momento diviso dalla coscienza complessiva delle condizioni storiche, deve essere un momento di qualcosa di molto più vasto, ovvero un momento di un processo di analisi storica, giuridica e politica molto vasto sul fenomeno socio politico che si è dispiegato prima e durante la Pandemia, intorno alla Pandemia.
Credo sarebbe necessario che proprio dal gruppo sociale degli studenti, venisse l’iniziativa di istituire riguardo alla Pandemia e a tutti i suoi corollari, un equivalente di ciò che si istituì nella società civile negli anni 70 per la guerra del Vietnam, quando il filosofo Bertrand Russell insieme a Jean Paul Sarte fondò il cosiddetto tribunale Russell, un movimento civico che si fece carico di supplire all’abdicazione della magistrature dalle loro responsabilità, quali quelle di istituire innanzi tutto un momento istruttorio sull’ipotesi di crimini di guerra, portando alla luce sul piano storico i vari elementi e soprattutto responsabilità e crimini dell’evento conflitto del Vietnam.
Chiudendo questa lettera che necessariamente ha lasciato fuori una enormità di riflessioni urgenti, vi rinnovo il ringraziamento di cittadino che vede in voi una vera e propria istituzione della nostra società, scesa in campo a difesa dello stato di diritto, consapevole che un compito così arduo è irto di pericoli di fallimento, primo fra tutti quello di essere divorati dall’orgoglio del potere, o dall’orgoglio e basta, vigilate che ciò non vi accada.
Grazie
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