La questione gravissima su cui ci interroghiamo è il ritiro del libro del ministro Roberto Speranza da tutte le librerie d ‘Italia a pochi giorni dalla sua pubblicazione. I librai con cui ho parlato mi hanno detto a tal proposito di aver semplicemente ricevuto una mail dal distributore Messaggerie che diceva loro senza addurre alcun motivo che il libro andava fuori catalogo, e che essi dovevano renderlo.
Per questo da circa dieci giorni, come Responsabile cultura del mio magazine, regolare organo di stampa registrato presso un tribunale della repubblica Italiana, mettendo sempre in copia Ministero della Sanità e Presidenza del Consiglio, spedisco, senza molto successo, mail al Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, soprattutto a Ufficio Stampa e a Direzione generale biblioteche e diritto d’autore, direzione che mi ha finalmente parzialmente risposto dicendomi sibillinamente che sta “conducendo una ricognizione per circostanziare la vicenda descritta” nella mia richiesta . Colpito da questa difficoltà nell’ottenere risposte chiare mi è anche capitato di scoprire che il MiBACT è stato diverse volte denunciato o diffidato per aver impedito l’accesso agli atti, ma sono sicuro che non è il nostro caso
Scrivo al MiBACT perché voglio entrare in possesso di un documento che ritengo di rilevante importanza per l’opinione pubblica, la quale forma le proprie intenzioni di voto e quindi di affidamento di potere, soprattutto attraverso l’informazione a mezzo stampa.
Il potere invece rispetto ai suoi scandali conta su questa specie di tecnica di waterboarding , di annegamento da eccesso di informazioni, il 90 per cento delle quali necessarie solo a produrre un assordante rumore di fondo che impedisca di percepire le informazioni cruciali, le questioni di vita o di morte per la democrazia, per cui tutto scorre, panta rei, e scorrendo nulla accade al potere.
Tramite questo documento voglio comprendere a che titolo giuridico si è proceduto d’urgenza a ritirare il libro,e se giuridicamente esiste un diritto che è stato esercitato , ovvero se questa operazione di ritiro dal commercio sia stata fatta a termini di legge quando non si sia trattato invece di una operazione al nero, per cosi dire.
Persino Report, dopo l’articolo di Simonetta Sciandivasci del 23 Ottobre, non sembra essere riuscito, forse solo perché non se ne è interessato davvero, a permeare i meccanismi di questa vicenda, a mio modo di vedere una fra le più gravi recentemente accadute sul piano del rispetto dei valori cruciali di una democrazia, non realmente valutata in tutta la sua portata politica. E infatti Report ha citato la vicenda appena di sfuggita come introduzione a un’altra sparizione di un rapporto dell’OMS.
Quale documento ho chiesto al MiBACT?
IL DOCUMENTO DEL MIBACT
Si tratta della dichiarazione di intenzione di ritiro dal commercio del proprio libro , come ha dichiarato lo stesso Ministro, scritto proprio durante la prima ondata pandemica «Ho deciso di scrivere nelle ore più drammatiche della tempesta, perché non possiamo più permetterci di essere colti disarmati di fronte alla violenza di una eventuale nuova pandemia»,e uscito con Feltrinelli verso la fine di Ottobre, avente come tema la stessa Pandemia, la sua gestione e quindi la salute pubblica e privata dei cittadini . Intenzione di ritiro che l’autore, e Ministro della Salute, Roberto Speranza avrebbe dovuto comunicare per legge al Ministero della Cultura quando ha deciso improvvisamente di ritirarlo.
Il documento dovrebbe contenere la spiegazione formale della decisione di ritiro. Essendo la questione allo stato attuale avvolta dalle nebbie istituzionali , non sappiamo con certezza a quale titolo formale il libro sia stato sottratto non tanto dal commercio, ma dal giudizio politico della pubblica opinione e quindi il suo autore dalla responsabilità delle sue affermazioni. Non so se il lettore cominci a capire la gravità di questo atto.
Il ritiro di un’opera già pubblicata da parte di un autore è una cosa assolutamente seria e cruciale, direi proprio che è una cosa gravissima, perché la parola pubblica è atto politico supremo, la parola nella sfera pubblica, almeno da Kant in poi , che proprio attraverso una riflessione sulla pubblicazione delle idee diede l’avvio formale all’illuminismo, ad Hannah Arendt, che ne tratta in molti suoi testi, è il cuore dell’agire politico Inter homines esse.
Per Hannah Arendt la parola in politica è azione. Dunque parola pubblica e responsabilità sono le chiavi di volta o di registro di una democrazia
RITIRO DELL’OPERA DAL COMMERCIO
Il ritiro da parte di un autore della propria opera già pubblicata e distribuita è anche un diritto ovviamente, un diritto d’autore, tale diritto è regolato dalla legge 633 del 1941 attraverso gli articoli 142 e 143 della sezione V , i quali recitano :
SEZIONE V
Art. 142
L’autore, qualora concorrano gravi ragioni morali, ha diritto di ritirare l’opera dal commercio, salvo l’obbligo di indennizzare coloro che hanno acquistati i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o spacciare l’opera medesima.
Questo diritto è personale e non è trasmissibile.
Agli effetti dell’esercizio di questo diritto l’autore deve notificare il suo intendimento alle persone alle quali ha ceduto i diritti ed al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il quale dà pubblica notizia dell’intendimento medesimo nelle forme stabilite dal regolamento.
Entro il termine di un anno a decorrere dall’ultima data delle notifiche e pubblicazioni, gli interessati possono ricorrere all’Autorità giudiziaria per opporsi all’esercizio della pretesa dell’autore o per ottenere la liquidazione ed il risarcimento del danno.
Art. 143
L’Autorità giudiziaria, se riconosce che sussistono gravi ragioni morali invocate dall’autore, ordina il divieto della riproduzione, diffusione, esecuzione, rappresentazione o spaccio dell’opera, a condizione del pagamento di una indennità a favore degli interessati, fissando la somma dell’indennizzo e il termine per il pagamento.
L’Autorità giudiziaria può anche pronunciare provvisoriamente il divieto con decreto su ricorso, se sussistono ragioni di urgenza, prima della decadenza del termine indicato nell’ultimo comma dell’articolo precedente, previo, occorrendo, il pagamento di una idonea cauzione.
Se l’indennità non è pagata nel termine fissato dall’Autorità giudiziaria cessa di pieno diritto la efficacia della sentenza.
La continuazione della riproduzione, diffusione, esecuzione, rappresentazione o spaccio dell’opera, dopo trascorso il termine per ricorrere all’Autorità giudiziaria, previsto nell’ultimo comma dell’articolo precedente, dopo dichiarato sospeso il commercio dell’opera, è soggetta alle sanzioni civili e penali comminate da questa legge per le violazioni del diritto di autore”
IL RITIRO DI UN LIBRO PUBBLICATO E’ SEMPRE UN ATTO DI CENSURA
Compreso da ciò che non si può ritirare un libro se non a termini di legge, comprendiamo che è un diritto che come dispone la legge si può esercitare solo per gravi e comprovati motivi morali, ciò perché ritirare un’opera dopo che essa sia stata già pubblicata , va da sé, è sempre anche un atto di censura.
Infatti un libro entrato nella sfera pubblica con la pubblicazione non riguarda più solo il suo autore. Un po’ come una diffamazione, una volta che si è detto qualcosa che offende un altro se ne deve sempre rispondere. Un libro è sempre una offesa, perché modifica i significati delle cose di cui tratta al suo apparire. Le sue ripercussioni sociali e politiche sono immense. Si pensi alla Bibbia.
Tale censura sarebbe eclatante e comprensibile a tutti se a ritirare un libro appena pubblicato fosse, invece che il suo stesso autore, un potere istituzionale; in questo caso chiunque indicherebbe ciò come un inaccettabile e odioso atto di censura, invece se lo ritira l’autore questa censura non risulta facilmente comprensibile come tale, essa si confonde, nella percezione sociale già sovraccarica di stimoli, con l’essere semplicemente un diritto dell’ autore sulla propria proprietà intellettuale.
E invece è una censura.
Inoltre in questo caso eccezionale di cui trattiamo l’autore è uno e bino , ovvero egli, nella stessa persona, è mero autore e insieme potere istituzionale, chi dei due censura l’altro?
Il dare alle stampe e pubblicare significa far divenire la cosa da assolutamente privata anche pubblica, e quindi perdere il possesso assoluto e interamente privato che si aveva sui concetti scritti nel libro prima di pubblicarlo, quando si era liberi di correggere o modificare a volontà il testo e infine anche di non pubblicarlo.
Fra libro pubblicato e libro non pubblicato corre una differenza netta affine a quella fra intenzione ed azione, la prima come ben sappiamo non è perseguibile dalla legge mentre della seconda dobbiamo sempre rispondere. Scrivere un libro, in quanto si svolge nella sfera assolutamente invisibile del privato è ancora intenzione, pubblicarlo è un atto.
IL RITIRO DI UN LIBRO E’ SEMPRE UNA QUESTIONE POLITICA PRIMARIA
Per capire perché il ritiro di un libro anche da parte di un autore sia una questione politica delicatissima e di primaria importanza per la vita sociale, basterebbe riandare con la mente alle disavventure che gli autori di libri passavano nei regimi totalitari per evitare che i loro libri fossero distrutti, e per avere la possibilità di scriverli . Rammentiamo quello che ha dovuto patire la scrittura di Arcipelago Gulag cosi da renderci conto che un testo come Fahrenheit 451 non è mera letteratura distopica.
In italia possiamo ricordare il libro “Socialismo liberale” che Carlo Rosselli scrisse al confino sull’isola di Lipari durante il fascismo e che teneva nascosto in un vecchio pianoforte, sua moglie Marion Catherine Cave, man mano che veniva in visita sull’isola al marito, ne trafugava i capitoli per metterli in salvo. Fu pubblicato a Parigi, in pieno regime fascista in Italia, nel 1930
Oppure si pensi all’avventura rocambolesca della Pubblicazione del Dottor Zivago di Pasternak da parte di Giangiacomo Feltrinelli, (beffa del destino oggi casa editrice anche del libro auto censurato di Speranza) la cui vicenda è narrata nel bellissimo libro Senior Service scritto da suo figlio Carlo attuale presidente della Società.
Si pensi a come le poche centinaia di pagine di quel libro furono il cardine, non solo di una profonda mutazione epocale nell’ atteggiamento pubblico da parte delle sinistre occidentali verso gli apparati di potere dell’ l’URSS, ma di una vera e propria crisi politica internazionale fra URSS e Italia, con gli apparati sovietici che tramite il partito comunista italiano tentavano disperatamente di costringere Feltrinelli a non pubblicare quel libro.
Chissà se a Carlo Feltrinelli, visto che ce lo ha raccontato egli stesso, è tornata in mente la caparbietà con cui suo padre Giangiacomo tenne testa a Unione Sovietica e P.C.I. , di cui Speranza è un lontano discendente, quando si è accinto a ritirare un libro per produrre il quale avrà certamente investito delle risorse .
Pasternak, come racconta Carlo Feltrinelli nel suo libro, per proteggere i propri cari e se stesso dalle ritorsioni del soviet supremo scrisse una lettera ufficiale a Feltrinelli, in cui esprimeva la volontà che il libro non fosse pubblicato, mentre rocambolescamente gli faceva avere una seconda missiva segreta portata a mano da coraggiosi corrieri in cui gli chiedeva di non tenere conto di quella lettera ufficiale e procedere.
Proprio questa ultima cosa ci deve fare rendere ben conto che una legge che permette il ritiro dell’opera già pubblicata da parte di un autore è in realtà un’arma a doppio taglio molto pericolosa per la libertà di espressione.
Infatti l’autore ha già tutto il tempo che vuole per ponderare se pubblicare o meno un’opera mentre la scrive , ed è alquanto improbabile che dopo mesi e mesi se non anni passati a scrivere il suo libro egli, dopo aver faticato anche a trovare l’editore, cosa non facile, intenda improvvisamente ritirarlo dal commercio non appena pubblicato.
Questa legge, travestita da diritto d’autore, se si pondera bene, potenzialmente è molto più un mezzo di occulta censura adatto a uno Stato non democratico per controllare la libertà di espressione nella società.
Attraverso tale legge il potere infatti potrebbe pretendere, in una infinità di modi che vanno dalla violenza brutale a semplici consigli per evitarla, esattamente come Nikita Chruščëv lo pretese da Pasternak, che l’autore dichiari di voler ritirare l’opera di propria spontanea volontà, in tal modo il potere, ottenendo la censura che vuole, allo stesso tempo figura non come censore ma persino come tutore di un diritto d’autore.
è proprio Pasternak in una lettera a Feltrinelli del 2 Novembre 1957 a essere illuminante su come una tale legge potrebbe molto più servire il potere che la libertà dell’autore:
“Gentile signore,
le parole non mi bastano per esprimerle tutta la mia riconoscenza. Il futuro ci ripagherà, Lei e me, per le spregevoli umiliazioni che ci sono state inflitte. Oh, che felicità sapere che né Lei, né Gallimard, né Collins vi siete lasciati ingannare da quei richiami stupidi e brutali, con mie firme autografe in “calce (!), firme che risultano praticamente spurie e falsificate, tanto mi erano state estorte con un intreccio di inganno e violenza. Spingersi talmente in là nell’arroganza più inaudita, al punto da indignarsi per la “coercizione” che Lei avrebbe esercitato ai danni della mia “libertà letteraria” proprio mentre mi facevano vittima di quella stessa coercizione, e senza neppure rendersene conto! E tutto questo bullismo travestito da scrupoli nei miei riguardi, spacciato per difesa dei diritti sacrosanti dell’artista! “
E infatti tale legge, semmai scopriremo che il ritiro è stato fatto a termini di legge, allora si sarebbe prestata ad essere usata politicamente da un autore che è anche consustanzialmente il potere, il quale ha scritto il suo libro proprio nella sua veste di Ministro in carica , per poter cancellare le sue affermazioni politiche dal presente, ritirando il libro, e sfuggendo così alle responsabilità che esse avrebbero comportato.
Forse non è un caso che sia stato il legislatore fascista a cui certamente non stava particolarmente a cuore la libertà di espressione, a emanare questa legge visto che è del 1941, sebbene aggiornata ancora nel 2019, con la quale alla bisogna, esattamente come il potere sovietico, poteva estorcere ad autori dissidenti di ritirare opere scomode.
Il potere non ama mai mostrare il suo vero volto fino in fondo, per il motivo che esso, anche nei regimi più feroci, come scrive Arendt, resta sempre un affidamento, qualcosa che gli altri cedono a qualcuno, per questo persino nei secoli dell’inquisizione, quando non esisteva nessun orizzonte dei diritti a cui doversi correlare, il potere cercava comunque di salvare la faccia rispetto alla sue coercizioni , cosi sotto la minaccia o la tortura vera e propria pretendeva dagli autori, fra essi celebre è Galileo Galilei, che abiurassero pubblicamente le loro opere, che è una forma arcaica proprio di quello che oggi fra i diritti d’autore chiamiamo il diritto di ritiro dell’opera dal commercio.
Per capire come fosse importante anche per gli inquisitori il fatto che le loro coercizioni paressero infine persuasioni ricordiamo che essi tennero Giordano Bruno molto a lungo in catene prima di decidersi a metterlo al rogo, proprio in attesa di questa Abiura, che Bruno non concesse mai.
ORMAI ATTRIBUIAMO AI LIBRI SOLO IL CARATTERE DI MERCE
I libri, a cui oggi attribuiamo ormai quasi solo il loro carattere di merce, offendendo la loro più profonda essenza, sono stati elementi fondamentali del percorso politico dell’umanità, e hanno determinato il processo di emancipazione della borghesia dal giogo del potere feudale, e dell’individuo dalle catene della schiavitù.
Il poeta premio Nobel Brodski, che conobbe i Gulag prima di essere espulso dalla Unione Sovietica, nel suo libro “Il canto del pendolo” ed. Adelphi 1987 scriveva “la soppressione dei due romanzi di Platonov non solo ha riportato indietro tutta la letteratura di una cinquantina di anni, ma ha ritardato nella stessa misura l’evoluzione della psiche nazionale. Bruciare i libri in fondo è semplicemente un gesto ; non pubblicarli è una falsificazione del tempo . Ma questo alla fine è esattamente lo scopo del sistema, promulgare la propria versione del futuro“.
Una testimonianza questa che rende drammaticamente evidente la centralità della vita dei libri nella vita storica dei popoli.
Un altro testo esemplare sul rapporto troppo spesso tragico tra potere e letteratura è quello della moglie del poeta Osip Ėmil’evič Mandel’štam, Nadežda Jakovlevna Mandel’štam, dal titolo italiano L’epoca e i lupi.
Questa brevissima retrospettiva tanto per dire che i libri rappresentano un piano della vita politica delle società di assoluta importanza. Pertanto nelle democrazie ogni volta che un libro muore di una morte innaturale, come accaduto al libro di Speranza, dovrebbero suonare non i semplici campanelli d’allarme, ma a tutto volume sirene e campane. Cosi non è. E la mia sola piccola campana non sveglierà certamente nessuno dal vostro tragico sonno, ciò non mi esime certo dal suonarla con tutte le mie forze.
SE L’AUTORE E’ ANCHE UNA DELLE MASSIME CARICHE DELLO STATO IL RITIRO DEL SUO LIBRO DAL COMMERCIO AUMENTA DI GRAVITA
La gravità del ritiro d’ufficio di un libro pubblicato aumenta esponenzialmente se il suo autore è anche un Ministro della Repubblica in carica, e questo in linea generale senza considerare ulteriori aggravanti del caso Speranza, che pur vedremo a breve.
La differenza di intensità di questa gravita è presto chiarita: un qualsiasi autore che avesse convinto un editore a investire tempo e denaro nel pubblicare la sua opera, il quale appena essa fosse pubblicata si appellasse a tale diritto chiedendo il ritiro del libro già distribuito nelle circa 3700 librerie italiane, come è il caso del libro del Ministro Speranza, dovrebbe certamente prima passare sul cadavere dell’editore, il quale per difendere il suo interesse ovviamente ricorrerebbe come gli consente la legge in tribunale alle prime manifestazioni di follia dell’autore, e non ritirerebbe certamente l’opera se non quando l’autorità giudiziaria ne avesse definitivamente sancito l’obbligo.
Un qualsiasi autore , davanti a un editore della stazza societaria quale di Feltrinelli, avrebbe davanti un grosso problema legale da affrontare se incorresse in questa forma di follia di ritirare un libro dopo la fatica di averlo scritto e essere riuscito a farselo pubblicare e distribuire, tre cose tutte insieme queste che richiedono una assoluta determinazione da parte dell’autore di realizzazione. Per non parlare del fatto che difficilmente qualche editore gli pubblicherebbe mai più un libro per il resto della sua vita.
Con il ministro non è andata così. L’editore ha ordinato il ritiro immediato dell’opera.
Ovviamente a noi, la povera pubblica opinione di una piccola nazione distopica, culla del fascismo storico, non è stato dato di conoscere i termini e le condizioni di questo ritiro.
Ci ha provato Simonetta Sciandivasci la quale nel suo pezzo del 23 Ottobre a tal proposito ha scritto “Chiediamo se prima o poi uscirà. Risposta: chissà. Chiediamo chi ha fermato la pubblicazione. Risposta: chissà. Chiediamo se possiamo parlare con l’editor del ministro, che poi è responsabile della saggistica Feltrinelli. Risposta: attenda. Attendiamo. Chiamiamo il portavoce del ministro, ci dice gentilmente che sta per entrare in una riunione e non ha tempo e sentiamoci magari tra tre ore ché il ministro è “sotto pressione per via della recrudescenza del virus”, e allora, poiché abbiamo un alto senso dell’ubi maior, smettiamo di dire che vorremmo soltanto sapere che fine ha fatto il libro e ci ritiriamo di buon ordine e attendiamo che qualcuno ci faccia sapere. Come ai provini. Ma nessuno ci fa sapere”
La legge, ad esempio, in caso di ritiro parla di risarcimento di spese all’editore , chi ha risarcito Feltrinelli delle spese? È stato risarcito? Se sì con quali denari? dello Stato a risarcimento del Ministro o privati di Roberto Speranza? Oppure Feltrinelli signorilmente ha regalato a Speranza i costi sostenuti per pubblicazione, distribuzione e poi ritiro? Sono tutte questioni politiche
PUBBLICO DISPREZZO DELLA PUBBLICA OPINIONE
Il ministro della Salute si è semplicemente rifiutato di dare alla stampa qualsiasi giustificazione articolata e seria, mostrando un disprezzo per l’opinione pubblica che è indecente e non tollerabile in una democrazia avanzata.
Evidentemente non siamo così avanzati.
Inseguito fin sotto casa sua dai giornalisti del programma Le Iene, seguito da milioni di cittadini contribuenti ed elettori, che con una copia del libro in mano hanno chiesto al ministro di dire qualcosa, lui, chiudendo il cancello davanti alle telecamere, ha detto di aver ritirato il libro perché non ha avuto il tempo di presentarlo in libreria, offendendosi come una sorta di aristocratico del XVII secolo per essere stato disturbato dal giornalista fin sotto casa sua, .
La sua è una bugia pronunciata con l’esatta consapevolezza che chi la ascolta la riconosce esattamente come tale. Una tale menzogna viene pronunciata non con l’intenzione di essere creduta, che era la funzione originale della menzogna, come spiega Adorno in Minima Moralia, no, ai nostri giorni queste bugie letteralmente incredibili, vengono pronunciate come un atto di potere. Dicono: “Non mi interessa cosa pensi”. La menzogna è divenuta un atto di potere e un atto di disprezzo.
E cosa disprezza questo disprezzo? Il cittadino, la sovranità popolare, l’elettorato che conferisce e affida il potere ai rappresentanti nelle istituzioni. Quando questa forma di disprezzo raggiunge il cittadino dalle sfere liberali e progressiste della politica, allora l’aratro del populismo e persino del fascismo affonda e rovescia la terra della democrazia lasciando germogliare la biblica zizzania , il torbido caos sociale.
Queste cose regalano a piene mani carisma al fascismo.
Il rapporto tra potere e cittadinanza in Italia pare non essersi evoluto di molto rispetto al ritratto che ne fece il romanziere Ignazio Silone, di notabili intenti a ricevere contadini che chiedevano favori portando derrate invece di rivendicare diritti. Un gravissimo analfabetismo funzionale ci pone, noi terra di Dante, Petrarca e Boccaccio, all’ultimo posto d’Europa per literacy . E questo tragico analfabetismo corrompe il potere non arginandolo.
Davanti al potere di un ministro in carica, membro di un governo e di un consiglio dei ministri che gestisce il potere esecutivo nella nazione, in questo particolare caso anche munito di poteri speciali derivanti da un incostituzionale stato di emergenza ormai in vigore da quasi un anno, anche un gigante editoriale come Feltrinelli, in un paese senza nessuna vera tradizione democratica di un minimo spessore, che lo renda capace di resistere alle derive e agli abusi di potere quale è l’Italia, non può che capitolare.
Ho proposto personalmente a Feltrinelli di discutere la cosa ma egli elegantemente ha preferito sorvolare sulla questione, del tutto comprensibilmente del resto.
Chi difenderebbe un editore dal potere di un ministro in Italia durante un governo che ha reso permanente un incostituzionale stato di emergenza, la stampa italiana?
In una democrazia matura davanti a un caso eccezionale come questo in cui un autore dotato di un enorme potere esecutivo istituzionale, ordina all’improvviso il sequestro del suo libro dal mercato, sarebbe certamente l’opinione pubblica attraverso i giornalisti a esercitare senza sconti un riequilibrio di potere tra i due soggetti, imponendo al potente autore di assumersi la piena responsabilità delle proprie azioni. In America abbiamo visto il quarto potere spegnere i microfoni in diretta davanti ai deliri del presidente degli Stati Uniti Trump assumendosi enormi responsabilità, qui la stampa non osa nemmeno pensare a bassa voce. Ha semplicemente rinunciato al pensiero.
Inoltre in una democrazia matura un ministro in carica adotterebbe un comportamento deontologicamente corretto che gli consiglierebbe di scrivere, o meglio pubblicare i propri libri prima o dopo il suo mandato, evitando di far pesare il suo potere sugli editori.
In Italia, invece, tanto per fare un esempio del costume vigente, il Ministro della Cultura Franceschini nel suo precedente mandato, durante i gabinetti Renzi e Gentiloni, ha dedicato anche lui parte del suo tempo alla pubblicazione di un libro che una casa editrice difficilmente gli avrebbe rifiutato. I recensori dei giornali avrebbero certamente evitato di offendere il ministro dimenticandosi di recensire piacevolmente il suo libro. Questa è l’Italia distopica del XXI secolo, un Paese molto favorevole agli uomini di potere nelle istituzioni. Così favorevole come una madre eccessivamente permissiva, da corromperli moralmente loro malgrado.
Il libro del ministro Speranza cosi è apparso e scomparso delle librerie di Italia nel giro di pochissimi giorni. Io ne ho letto una gran parte in una libreria di fiducia e quando sono tornato a comprarlo, non c’era più. Sensazione orribile.
La stampa che se ne è occupata se ne è occupata troppo brevemente e soprattutto troppo superficialmente, con un carattere quasi grottesco e caricaturale come il servizio delle Iene, che ha chiesto al Ministro ragione del ritiro sotto casa sbandierando il libro in cerca di un provocatorio autografo oppure osservando troppo velocemente che era esso stato ritirato perché pieno di inesattezze che la seconda ondata della Pandemia aveva reso insostenibili.
La stampa italiana ha sostituito con i tiepidi concetti di imbarazzo e di brutta figura, di scivolone e cose del genere, i necessari concetti che soli descrivono questo gravissimo evento politico del sequestro del libro di un ministro dalle librerie, che sono manipolazione del presente, scandalo , censura di Stato, abuso di potere, indecenza istituzionale, sequestro di pubblicazione, fuga dolosa dalle proprie responsabilità.
Soprattutto se ne è occupata in forma di tiepida protesta solo la stampa conservatrice di destra o centro destra, perché il ministro è di sinistra. A mio modo di vedere se ne sarebbe dovuta occupare seriamente e ferocemente tutta la stampa semplicemente democratica ma da decenni la stampa italiana ha smesso di lavorare per gli elettori e lavora, da una parte e dall’altra, per gli eletti, e in questo è in buona compagnia in molte nazioni occidentali. Inoltre il potere esecutivo in Italia distribuisce circa 50 milioni di euro l’anno di aiuti editoriali a settimanali e quotidiani tanto di destra che sinistra, ma non a tutti d’ufficio, e dunque il comportamento può fare differenze nella ricezione o meno del beneficio. La stampa di sinistra ha invece diffuso la notizia che la pubblicazione è solo rimandata. Perché il ministro è di sinistra. Ovvio. Se il ministro della salute fosse stato di destra ci sarebbe invece stata una crociata e la stampa di destra avrebbe scritto che la pubblicazione era solo rimandata. Un assetto speculare perfetto.
Ricordo quando La Repubblica pubblicò per giorni e giorni le dieci domande a Berlusconi, proprio così oggi dovrebbe chiedere tutti i giorni ragione del libro di Roberto Speranza censurato dal ministro Roberto Speranza, ma non lo fa, non si è minimamente interessata della vicenda.
La stampa o è quella del New York Times e del Washington Post contro il Pentagono nella vicenda dei Pentagon Papers, raccontata magnificamente da Spielberg, o non è. La Corte Suprema americana affidando la vittoria in giudizio al New York Times contro il potere esecutivo americano, scrisse nella sentenza che la stampa lavora per gli elettori e non per gli eletti, e che quello era il suo dovere costituzionale.
MANIPOLAZIONE DEL PRESENTE AGGIORNAMENTO DEL PASSATO
Nessuno nella stampa italiana ha veramente affondato i denti nella carne dello scandalo di una spregiudicata e gravissima operazione di manipolazione del presente e di non assunzione di responsabilità rappresentata dal sequestro di un libro appena pubblicato che ricorda in modo terrificante questo famosissimo passaggio di 1984 di George Orwell
“Che cosa accadesse nel labirinto invisibile a cui conducevano i tubi pneumatici, non lo sapeva nei dettagli, ma lo sapeva in termini generali. Non appena tutte le correzioni che si rendevano necessarie in un particolare numero di “The Times” erano state assemblate e fascicolate, quel numero sarebbe stato ristampato, la copia originale distrutta e la copia corretta collocata al suo posto. Questo processo di continua alterazione è stato applicato non solo ai giornali, ma a libri, periodici, opuscoli, manifesti, volantini, film, colonne sonore, cartoni animati, fotografie – a ogni tipo di letteratura o documentazione che potrebbe presumibilmente avere un significato politico o ideologico . Giorno dopo giorno e quasi minuto dopo minuto, il passato veniva aggiornato“.
Alcuni importanti personaggi della cultura italiana, che non si espongono per l’inutilità assoluta di qualsiasi esposizione in questo purgatorio provinciale italiano , da me privatamente interrogati mi hanno confessato di essere restati abbastanza disgustati da questa cosa.
Il libro sequestrato alla opinione pubblica che parlava di pandemia, ne parlava dal punto di vista del Ministro della Salute in Carica, una cosa che fa di questo libro un documento di interesse vitale per la società e per ogni cittadino. Il ministro della Salute, ha poteri enormi. In una democrazia matura ed evoluta questo significa anche enormi responsabilità.
Questo ministro in un’emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo, determina una serie di decisioni politiche che riguardano la nuda vita biologica degli individui. Siamo sull’orlo di quel potere biopolitico circoscritto dalle riflessioni di Michel Foucault. Una democrazia matura e avanzata si inoltrerebbe con estrema cautela in questi territori.
La parola di un ministro a causa del suo potere esecutivo è un vero e proprio atto performativo, ciò che scrive pubblicamente su una pandemia in corso, poiché scritto nel pieno della sua carica di Ministro durante l’emergenza Pandemica, ha valore di documento politico emesso dal potere esecutivo dello Stato , ovvero dal Governo. L’essere pubblico della sua parola entra in vigore dal momento esatto della sua prima pubblicazione e non si può annullare la natura pubblica della sua parola una volta pubblicata con un atto di sequestro fisico della pubblicazione. Fra l’altro sono in vendita copie sul web a prezzi da droga sul mercato nero. Sono cose inammissibili in una democrazia europea.
Evidentemente non siamo una democrazia europea. Evidentemente siamo l’estremo nord Africa, allora il nostro giornalismo è oggetto di ciò che disse Sankara il 4 ottobre 1984 a New York, durante la 39ª sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, quando in passaggio del suo storico discorso esclamò “Grido in nome dei giornalisti ridotti sia
al silenzio che alla menzogna per sfuggire alla dura legge della disoccupazione“.
Leggere pubblicamente il libro sequestrato del Ministro della Salute, come società, ci avrebbe reso possibile conoscere sulla base degli errori di valutazione in esso contenuti , per cui esso è stato ritirato, le reali capacità del pilota che sta guidando il Servizio Sanitario Nazionale in questa crisi epocale. Leggerlo ci avrebbe fatto capire meglio e valutare il rapporto fra le scelte e le capacità dell’attuale ministro, e del governo, e la morte di 60.000 cittadini italiani, la paralisi della attività ordinaria degli ospedali che non riescono più a salvare gli infartuati e i cittadini colti da molti altri mali che se non curati in tempo risultano letali tanto quanto e forse più del Covid, la morte di centinaia di medici , il contagio di migliaia di sanitari.
Il sequestro del libro ha sottratto alla società e alla democrazia la possibilità di valutare tutte queste cose in cui ciò che è in gioco è la vita o la morte e anche il futuro economico e sociale del paese. E’ un gesto di una gravità inaudita.
Le aggravanti di questo già gravissimo atto di censura e di orwelliana alterazione del passato, sono rappresentate da tutto questo scenario della Pandemia in corso, che fino ad oggi è costata all’Italia quasi 60 mila morti in 10 mesi, che sono il numero dei morti americani di 10 anni di guerra del Vietnam, per dire, e anche una gigantesca recessione economica, e che ha visto sospendere il diritto alla salute per milioni di cittadini bisognosi di cure alle quali non stanno accedendo.Sono la seconda ondata pandemica che sta facendo lo stesso numero di morti della prima pur essendo la seconda, ovvero sprovvista di ogni giustificante sorpresa.
Pandemia che per quanto mi riguarda, come ho avuto inutilmente modo di scrivere in tutti i miei inutili ampi interventi inutilmente linkati anche alla fine di questo inutile scritto, è una Pandemia dolosa. Né imprevedibile né colposa. Dolosa. Ovvero criminale. Un vero e proprio crimine, ma anche la cifra di una spaventosa regressione politico culturale delle élites di governo occidentali, che vanno intese anche come élites culturali e quindi anche comprendenti il quarto potere, ovvero la stampa; i membri di queste classi dirigenti sono selezionati da un meccanismo ormai simile a quello che nei corpi troppo vecchi o malati produce disfunzioni al posto di funzioni.
I nostri meccanismi di individuazione e selezione delle nostre classi dirigenti sono completamente corrotti e mandano al potere e in tutti i posti chiave della società una serie di personaggi dotati di una spaventosa mancanza di pensiero e impegnati in una olimpiade mondiale di ottusità e incompetenza assolute. Ecco la causa primaria di questa pandemia, visto che eravamo forniti di conoscenze mezzi e ricchezza con cui evitarla completamente se al potere ci fossero state le persone giuste, ovviamente le persone giuste il potere non lo amano, sono giuste per questo, ecco perché la società dovrebbe avere meccanismi per trovarle e chiedere loro di accettare le responsabilità del potere, come fecero alcune sagge poleis greche.
Fra questi membri incapaci il nostro ministro della Sanità. La cui intelligenza e capacità strategiche e di immaginazione , la cui lungimiranza, sono state misurate in maniera esatta da questa gag tragicomica di pubblicare un libro per sequestrarlo dalle librerie dopo una settimana.
Ma non c’è nulla da ridere, dovete tremare e sudare freddo. È il vostro ministro della sanità e potrebbe farvi inoculare sostanze nelle vene che una settimana dopo potrebbe voler ritirare dal commercio, esattamente come ha fatto con il suo libercolo, rinnegato e ripudiato pochi giorni dopo averlo dato alla luce nellasfera pubblica.
Sorvoliamo sul fatto che tale libro cancellato dal presente fu scritto nel pieno di una pandemia quando una nazione si aspetterebbe da un Ministro della Sanità, pagato con pubblici denari e privilegi, notti insonni per salvare più vite possibili invece che la scrittura di memorie autocelebrative .
Non appena riuscirò ad entrare in possesso del documento che sto chiedendo al MiBACT , se esiste un tale documento, cosa su cui nutro dubbi, vi dirò a quale titolo formale vi è stato vietato di leggere cosa aveva scritto il Ministro Speranza riguardo ai vostri destini sanitari di gregge sociale
FINE
Un ringraziamento speciale alla PhD in Diritto Romano Maria Elena Roccia
Tutti i miei interventi sulla pandemia, dal 2 marzo 2020
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Fase 2 “permettiamo i funerali”- Potere Esecutivo in delirio
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