Mancano ancora 23 mesi alle elezioni presidenziali USA, ma già si comincia a fare congetture su chi saranno i candidati per le primarie dei due principali partiti in campo, ossia quello democratico e quello repubblicano, fermo restando che “The Donald”, nonostante tutti i suoi noti guai, si ricandiderà per rimanere l’inquilino della Casa Bianca.
Col tempo, e senz’altro entro la fine del 2019, questo sussurro si trasformerà in un suono stridulo e penetrante, anche se le primarie vere e proprie si svolgeranno nel 2020. Molti dei potenziali candidati esprimeranno dei dubbi se candidarsi o no, ma questa è di solito una tecnica dilatoria in attesa di un annuncio ufficiale.
Ed in questo contesto che entra Bernie Sanders, il quale, come sappiamo è stato il grande competitor contro Hillary Clinton nel 2016, e che, secondo molti osservatori, venne fatto fuori soprattutto grazie a tutta una serie di macchinazioni non sempre regolari ad opera dell’establishment democratico del quale non faceva parte, vista la sua estrazione indipendente.
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In una recente conferenza organizzata dal Sanders Institute (co-fondato da sua moglie), e piena di supporter e consiglieri carichi di entusiasmo per una sua eventuale ri-candidatura, il senatore del Vermont se n’è uscito con una dichiarazione piuttosto rivelatrice: “Se c’è qualcun altro che sembra essere in grado, per qualsiasi motivo, di fare un lavoro migliore del mio, mi darò molto da fare per eleggerlo o eleggerla. Ma qualora si scopra che io sia il miglior candidato per battere Donald Trump, allora probabilmente entrerò in lizza”.
Questo ragionamento è comprensibile, visto che Sanders rimane uno dei politici più popolari negli Stati Uniti e senz’altro il senatore più popolare nel suo stato. Ed in un recente sondaggio sulle potenziali primarie democratiche egli si qualifica al secondo posto subito dopo Joe Biden, ex vice-presidente sotto l’amministrazione Obama.
Oltre a ciò non bisogna dimenticare che Sanders è riuscito a costruire una vasta base di consensi, soprattutto tra I giovani e tra molti lavoratori, e che si è dato da fare per far eleggere rappresentanti molto progressisti nelle ultime elezioni di mid-term del novembre scorso.
Bernie rimane anche la voce più determinata nel teatro politico USA per ciò che riguarda temi chiave come il Medicare (il sistema sanitario, ndr) gratuito per tutti i cittadini, la lotta contro le sperequazioni economico-sociali, l’istituzione di un salario minimo di $15 l’ora, la preoccupazione per il cambiamento climatico.
Inoltre, conscio dell’errore fatto nella campagna del 2016, ha cominciato anche a dedicarsi di più alla politica estera, in termini di pace e democrazia. Su questo punto ultimamente nel Congresso, si è, per esempio, dato da fare assiduamente per cercare di porre termine alla guerra in Yemen, laddove l’amministrazione Trump appoggia chiaramente le nefaste azioni del regime saudita.
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Comunque, al di là delle specifiche proposte politiche, economiche e sociali fedeli alla sua posizione dichiaratamente socialista, Sanders, che, tecnicamente, non è membro del Partito Democratico, ma ne rappresenta la frangia più di sinistra, si distingue per la sua forte personalità che, rispetto ad altri politici, presenta un atteggiamento più duro e franco. E proprio la sua posizione di sinistra potrebbe servire a recuperare non pochi degli elettori del Mid West che nel 2016 optarono per Trump e le sue promesse populiste.
Chiaramente, come tutti, anche Sanders ha i suoi ovvii limiti. In particolare il suo limite è l’età. Nel novembre del 2020 Bernie avrà 79 anni e, qualora venisse eletto presidente, sarebbe il più vecchio nella storia USA. Tuttavia, in questo contesto, ha recentemente dichiarato alla stampa di stare in buona salute, aggiungendo: ”Non riesco a ricordarmi – onestamente – un giorno in cui non ho lavorato”. Un modo per dire che, al di là dell’età, lui rimane comunque una persona sana ed attiva.
Rimane in ogni caso il problema dell’establishment democratico che potrebbe ripetere i giochini ostruzionisti mandati avanti nel corso delle primarie del 2016. Poi non bisogna dimenticare, a parte Joe Biden, la presenza di Elizabeth Warren, anche lei progressista con una buona base, che potrebbe diluire il voto a favore di Sanders.
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Non ci si dovrà sorprendere se la gara delle primarie nel 2020 sarà sia caotica che affollata, ed in ogni caso è decisamente prematuro fare dei pronostici precisi.
Al tempo stesso la modalità di azione di Sanders è rivelatrice: continua a girare molto per il paese dove fa grandi discorsi quasi come fosse un candidato per le presidenziali, ed i suoi consiglieri si stanno già preparando per la sua corsa. Quindi, salvo trovare un suo “doppio” magari più giovane, non è affatto da escludere che presto Bernie decida ufficialmente che sarebbe la migliore scelta per evitare un secondo mandato trumpiano.
La domanda successiva sarà naturalmente: chi e come potrà fermarlo?