[coupon id=”17552″]Mentre, soprattutto dopo i fatti di Macerata, il cosiddetto “problema immigrazione” è divenuto tema d’incessante dibattito politico, anche in vista dell’imminente sfida elettorale, e quindi con le (in)evitabili strumentalizzazioni del caso, è forse importante concentrarsi più che mai sugli esempi positivi, esistenti sul territorio, di soluzione, di fronte allo storicamente inevitabile arrivo, di rifugiati sia politici che economici, nel paese degli italiani “brava gente”. Un arrivo seppur ridotto – grazie alla “trovata” Minniti, che, nei fatti, condanna molte poveri disgraziati agli infami centri di detenzione libici.
Una di queste soluzioni consisterebbe appunto nella cosiddetta “accoglienza diffusa”, laddove più di 8000 comuni italici potrebbero tranquillamente prendersi carico dei migranti. Purtroppo ciò avviene solo in poco più di 2000 di essi
Uno degli esempi operativi, e finora perfettamente funzionali, di questo modello di accoglienza è Petruro Irpino, un piccolo paese in Campania, tra Benevento ed Avellino, oggetto di notevole interesse mediatico e recentemente portato alla ribalta da Zoro (Diego Bianchi) nell’istruttivo (e divertente) programma Propaganda Live su La7.
Zoro ha voluto contrastare Petruro con il comune di Laurenzana, provincia di Potenza, laddove il sindaco – tra l’altro del PD – ha addirittura osato indire un referendum per chiedere ai cittadini se erano favorevoli o contrari all’accoglienza di migranti.
Discutiamo del “modello Petruro” con Marco Milano, incaricato di gestire, attraverso una cooperativa, l’accoglienza dei migranti per conto della Caritas, in armonica collaborazione con il comune stesso, che, fortunatamente, ha un’attitudine molto positiva verso di essa, ma al tempo stesso è comprensibilmente interessato alla rinascita demografica ed economico-sociale del paese.
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L’INTERVISTA:
Come funziona il vostro progetto sotto l’ombrello Caritas?
Bisogna parlare prima del progetto SPRAR, emanato dal Ministero degli Interni e poi collegato con l’ANCI (ndr Associazione Nazionale Comuni Italiani), che sta per Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati: si tratta di un progetto di accoglienza pubblica, il che significa che è l’ente locale a titolare il progetto, e poi ne affida la gestione ad una cooperativa.
Quindi voi siete in appalto.
Sì, e la nostra cooperativa, che si chiama “Il Melograno” siamo, in pratica, il braccio esecutivo della Caritas di Benevento. Noi non ci occupiamo solo di Petruro, ma di altri 13 piccoli comuni della zona in una rete che si chiama “Welcome” e che parte da un vero e proprio manifesto politico della Caritas di Benevento. La provincia di Benevento è stata, nel 2017, la prima in Italia per numero di progetti SPRAR approvati, con una ricaduta sul territorio di 8 milioni di euro.
E il coinvolgimento dei vari comuni?
Esiste ed è importante, perché, oltre all’accoglienza dei rifugiati, include un programma di welfare per la popolazione locale. La cosa bella a Petruro Irpino è che all’entrata del paese si trova ora un cartello con su scritto “Comune del Welcome”. Questo segnale di accoglienza è molto importante in questo particolare momento storico.
Il problema rimane con la maggioranza dei comuni italiani che non hanno aderito al progetto SPRAR.
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Sì, purtroppo e se vogliamo aggiungere delle cifre, tra il 2016 e il 2017, su 180.000 persone accolte in varie strutture di accoglienza, solo poco più di 31.000 sono state incluse in questo progetto, che coinvolge direttamente i comuni, i quali, come enti pubblici, s’incaricano anche di un’attenta rendicontazione delle spese affrontate dalle specifiche cooperative chiamate a gestire il progetto SPRAR. Quindi è veramente una cosa pubblica.
La Caritas, come emanazione della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) sembra esprimere una forma di cattolicesimo di sinistra.
Al di là delle etichette, possiamo dire che tendenzialmente si preoccupa soprattutto dei deboli, di welfare sociale.
Oltre all’accoglienza dei migranti, di quali altri progetti di welfare si occupa la rete Welcome.
Di problematiche nel campo della psichiatria (con i PTRI, Progetti Terapeutici Riabilitativi Individuali) e dei percorsi alternativi al carcere, ma anche della rinascita economico-sociale dei paesi in questione, con azione di sostegno per le famiglie, italianissime, in difficoltà. La rete Welcome è coinvolta anche in azioni di contrasto al gioco d’azzardo, attraverso appositi regolamenti comunali.
Come mai tanta attenzione dei media nei confronti di Petruro?
Oltre alla particolarità del progetto Welcome, qui si respira un’aria particolare, e quindi il paese si presta molto ad essere raccontato. Basti pensare che nel 1970 Petruro contava 1200 abitanti, mentre ora ne conta solo 200. E poi c’è un sindaco che si apre in modo incredibile all’accoglienza.
In che senso?
Dice, semplicemente: chi nasce a Petruro è di Petruro, e ho bisogno di nuovi cittadini.
Questo è positivo, ma, in generale, aderire al progetto SPRAR rimane comunque un optional, con i risultati che possiamo vedere in termini di adesioni da parte dei comuni in tutta la penisola.
Dico solo questo: come cittadino io vorrei che il sindaco, il mio sindaco, prendesse in mano la situazione. Tutti parlano di “emergenza emigrazione”, espressione che, a dirti la verità, io trovo un po’ abusata, ma poi bisogna agire, ed il progetto SPRAR è un’ottima soluzione operativa.
Stai dicendo che è una scelta politica.
Certo: un sindaco deve prendersi le sue responsabilità. Se io come cittadino ti ho votato, l’ho fatto perché tu sindaco vada ad amministrare, e quindi, se esiste una rete pubblica di accoglienza, perché non te la gestisci tu, sul tuo territorio?
Rimane però il fatto che spesso i sindaci sono votati da un elettorato razzista e xenofobo.
Sì, ma a parte la scelta di aderire o no allo SPRAR, quello che non capisco, come operatore sul territorio, è come mai la “questione immigrazione” si sia mangiata buona parte del dibattito politico
Sembrerebbe un’arma di distrazione di massa, che fa leva sulla parte peggiore, chiusa ed egotistica, di un elettorato giustamente inquieto di fronte alle tante problematiche economico-sociali del paese.
Bisogna tenere conto che il progetto SPRAR di accoglienza in tanti piccoli comuni è molto meglio che ammassare migranti nelle periferie delle grandi città, dove poi diventano una “bomba sociale”, e proprio dove, guarda caso, la destra continua a fare proseliti.
E bisogna anche tenere conto delle origini predominantemente rurali dei migranti.
Esatto, e poi è meglio essere accolti e coccolati in un piccolo comune, che vivere nella periferia di Roma o Milano, dove si annida tutto questo malcontento sociale. Ecco perché credo che la Caritas abbia avuto un’ottima idea, con il suo manifesto politico, di mettere assieme questi 14 comuni, che non solo si aprono all’accoglienza diffusa, ma dove esiste una forma d’integrazione, e dove si creano anche posti di lavoro per la gente del posto. L’Italia, dove l’età media è ormai di 45 anni, rischia di morire. Con queste nuove forze giovani, che accogliamo, la aiutiamo a non morire.
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Quanti migranti ci sono a Petruro?
Il progetto prevede accoglienza per 20 persone, con sei posti riservati a nuclei famigliari, come può essere una madre o un padre con figlio, mentre gli altri 14 vanno a famiglie complete di padre, madre e figli. In questo momento, però, abbiamo solo 10 beneficiari.
Ossia?
Abbiamo una famiglia afgana di tre persone (padre, madre e figlio), una donna nigeriana col suo bambino, un’altra donna nigeriana con un neonato, ed una coppia di nigeriani senza figli. Però abbiamo un posto riservato per il padre del bambino nigeriano, secondo un modello di ricongiungimento famigliare, Poi entro fine febbraio stiamo aspettando una famiglia di siriani – padre, madre e cinque figli maschi – accompagnata dai nonni paterni. Si tratta di persone che hanno quasi tutte ottenuto dalle apposite commissioni il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Come sono sistemate logisticamente queste persone?
In due case dell’amministrazione comunale e in altre tre case che sono state prese in affitto, che viene pagato dal progetto. Stiamo parlando di case praticamente abbandonate da gente del posto che si era trasferita altrove.
Poi, per queste 20 persone lavorano degli operatori.
Sì, ce ne sono nove. Tutti hanno seguito un corso di formazione ad hoc attraverso la Caritas.
E questi migranti lavorano?
La nostra grande scommessa è stata la creazione, tramite la Caritas, di una cooperativa agricola che impiega sia ragazzi del posto che due dei migranti. Con questa cooperativa siamo poi entrati in un consorzio chiamato “Sale della Terra”. In pratica vogliamo sviluppare attività non solo in campo agricolo, ma pure artigianale. Bisogna aggiungere che questa cooperativa, come altre di questo tipo sul territorio, tende ad accogliere “fragilità” diverse, e non solo i migranti: persone in PTRI, persone in misure alternative e detenuti in Articolo 21.
Quindi tutto questo è un modo per dare lavoro ai giovani del paese, ma anche per rivitalizzare l’economia locale.
Sì, ci sono molte terre incolte. Noi in particolare vogliamo dedicarci alla produzione del Greco di Tufo, che è un vino bianco locale, e quindi lavoreremo sui vigneti.
Esistono elementi razzisti o xenofobi nel paese?
Beh, non abbiamo il “pensiero unico”: è normale che, su 200 persone, non tutti vedano le cose nella stessa maniera, ma il fatto stesso che l’accoglienza venga gestita direttamente dal comune, evitando quindi speculazioni stile Mafia Capitale, ma non solo, spinge le persone, nel loro complesso, ad avere un’attitudine più positiva verso i nostri ospiti. Lasciare l’accoglienza in mano agli speculatori non fa altro che alimentare la rabbia sociale.
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E poi la gente vede il paese rinascere…
Senz’altro questo è un altro fattore che aiuta a vedere il fenomeno migratorio in modo diverso, più ottimista: i giovani trovano lavoro come operatori, le case abbandonate si riempiono e vengono anche riattivati i servizi di trasporto pubblico locale.
E in generale, almeno in questo caso, ciò fa capire ai cittadini che “lo stato c’è” …
Assolutamente, e, come dicevo, riduce il senso di abbandono e di disagio sociale.
Cosa ne pensi del caso Traini a Macerata?
Sono rimasto veramente scosso e per me rimane un atto di terrorismo. Quello che mi ha colpito molto è che non c’è stata nessun rappresentante della politica maggioritaria che è andato ad esprimere solidarietà alle vittime di questo atto. Posso anche capire che non si voglia pubblicizzare molto la cosa, anche di fronte al rischio emulazione, ma dobbiamo stare molto attenti a questi fenomeni di natura neo-fascista. Mi trovavo a Roma e ho visto con i miei occhi i ragazzi che hanno srotolato lo striscione con su scritto “Onore a Luca Traini” sul Ponte Milvio. Confesso di aver avuto paura. Il fascismo in Italia l’abbiamo già avuto: ora dobbiamo stare attenti.
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