Ciao raga! Scrivo questo editoriale e lo rivolgo direttamente ai gggiovani. Lo scrivo perché sono un attimino preoccupato. Mi ha molto colpito un inquietante servizio de Il Fatto Quotidiano uscito il 25 aprile nel quale vengono intervistati in tre città italiane (Milano, Roma e Palermo) una serie di studenti delle scuole superiori.
L’inchiesta rivela che, tranne per certi rari casi illuminati, una buona parte degli interpellati non sembra sapere o capire il significato della festa nazionale dedicata al giorno della Liberazione dal nazi-fascismo. Per non pochi questo è semplicemente un altro giorno di festa, lontano dai banchi di scuola. Il pezzo aggiunge la citazione di una lettera scritta ai propri genitori da un partigiano, poco più che 18enne, prima di essere fucilato ”Abbiamo subito tutto questo perché la vostra generazione odiava la politica”.
Andiamo al dunque. Indipendentemente dalla propria posizione sul nazi-fascismo, è importante sapere in primo luogo che è esistito e sapere che cosa ha significato non solo per il nostro piccolo Bel Paese, ma per l’intera Europa e il mondo.
Non voglio star qui a fare la lezioncina di retorica anti-fascista e bla, bla bla. Se volete saperne di più c’è sempre lo Zio G (Google). E nessuno vi chiede di andare in montagna con un fucile sotto braccio o di partecipare a manetta a cortei e manifestazioni, o di frequentare i centri sociali invece di bar e discoteche. Tranquilli, ma almeno consapevoli, tanto per cominciare. E poi, magari coinvolti.
Per citare il noto giurista Piero Calamandrei: l’antifascismo è un’esperienza autonoma e diretta, di sentirsi tutti – “attraverso scelte che nascono dalle piccole scelte quotidiane” – protagonisti della costruzione di un nuovo stato. La passività individualista e, nel peggiore dei casi ignorante – è tutt’altra cosa.
Ok, insisteranno certi: ma cosa ce ne fotte, in realtà, di avvenimenti storici che hanno avuto luogo più di settant’anni fa! Errore: la storia, al di là del becero nozionismo, delle date, ecc. ecc. può essere uno strumento assai utile per capire e relazionarci al presente quotidiano, e se vogliamo, anche al nostro futuro. Soprattutto quando il mondo nato dal sacrificio dei nostri padri e nonni – mio nonno fu mandato al confino a Ventotene e mio padre venne detenuto e pestato a Regina Coeli per la loro opposizione al regime del Duce – è minacciato da tentazioni autoritarie di varia matrice.
Ovviamente bisogna rendere la Storia (e la storia) interessante. E questa è anche la responsabilità di chi la insegna. Sono dalla parte degli studenti: se sono apatici verso una materia può essere anche dovuto all’incapacità dei docenti di renderla vitale e utile alla nostra vita quotidiana. Bisogna saper connettere il passato al presente, a cominciare dall’Età della Pietra. E questo vale non solo per la Storia, ma può anche tranquillamente applicarsi alla biologia o alla lingua inglese. Faccio un esempio: conosco studenti di una scuola privata che prendono ottimi voti in inglese, ma poi, quando vanno in gita a Vienna non sanno nemmeno ordinarti un thè. No comment.
Ho avuto l’onore di intervistare e ascoltare Yanis Varoufakis, il brillante e anti-conformista ex-ministro delle Finanze greco, quando a Berlino, all’inizio di febbraio, ha lanciato il suo DiEM25 (Democracy in Europe Movement). In quell’occasione, e ripetutamente in diversi interventi successivi, ha fatto un paragone tra il nostro periodo storico e gli anni ’30: in entrambi i casi abbiamo un mondo reduce da una grave crisi finanziaria mondiale (1929 e 2008) alla quale le classi dirigenti hanno saputo dare risposte vecchie e inefficaci. E abbiamo visto quel che è successo poi (nazismo e Seconda Guerra Mondiale) e quel che sta succedendo ora, sotto i nostri occhi. Non venite poi a dire che non siete stati avvertiti.
L’ondata di razzismo, di xenofobia e addirittura, per Varoufakis, di misantropia non solo in Europa, ma anche oltre oceano (vedi Trump), è semplice sintomo di una ben più profonda malattia causata e mal curata dall’establishment liberista.
Il risultato delle recentissime elezioni presidenziali in Austria ne è la riprova. I vecchi partiti sono alla deriva, ma, dato interessante, secondo i sondaggi, la parte più istruita della popolazione ha dato la sua preferenza all’anziano e iconoclastico rappresentante dei verdi, preferendolo al candidato dell’estrema destra xenofoba, inneggiato dai vari LePen e Salvini. E possiamo aggiungere il successo della nuova destra (ADF, Alternativa per la Germania) nelle elezioni regionali in Germania, per non parlare dei rigurgiti di Pegida. E poi abbiamo un Orban in Ungheria e un nuovo regime autoritario in Polonia. Gli esempi si sprecano.
Varoufakis parla apertamente di “deficit di democrazia”: il Sistema reagisce al malcontento con un crescente autoritarismo e, indirettamente, fa leva sulla paura, sugli istinti più bassi, di pancia insiti nelle masse, già semi-lobotomizzate dal consumismo e da un’informazione controllata dai poteri forti. Da qui il successo dei vari populismi. La gente poi magari si ribella comunque, in maniera in-formata e intelligente, ma questo richiama nuovo autoritarismo. S’innesca così un circolo per niente virtuoso che sta chiaramente degenerando e che si traduce in una Fortezza Europa, frammentata ed egotica. Il recente patto stipulato dalla UE con il neo-sultano Erdogan ne sono una prova. E intanto il “socialista” Hollande va tranquillamente a far business in Egitto, ignorando, tra le altre, l’atroce morte di un cittadino europeo: Giulio Regeni.
Certi giovani continueranno a dire: ma che ce ne frega a noi? Beh, voglio vederli quando cercano lavoro o quando scoprono che (forse) avranno una pensione a 70 anni. Magari questi giovani – e soprattutto quelli del Sud d’Italia, palesemente ignorato dal trionfalismo renziano – potrebbero chiedersi come si è giunti a tale disastro economico e sociale che spinge molti di loro a fuggire all’estero o arrendersi e farsi mantenere da genitori e nonni. Il dramma individuale non può essere separato da quello generalizzato.
E qui arriva il punto chiave. Molti membri delle nuove generazioni hanno trovato rifugio, di fronte ai tanti fallimenti della classe dirigente, nell’anti-politica, o, mossa più sottile, nel rifiuto di credere che non esista una differenza tra destra e sinistra. Beh, per ri-citare Umberto Eco, essere di sinistra significa in primo luogo sapere. A ciò si aggiunge una visione solidale e non meramente individualista del mondo e del vivere comune.
Spesso mi trovo poi, tra la gente (di tutte le età, a dire il vero), a ricordare l’etimologia della parola “politica”: viene da ‘polis’ raga, cioè da città in greco. Mentre economia, sempre dal greco, vuol dire “gestione della casa”. Molti di voi, ne son certo, lo sanno, ma è un sempre utile reminder.
Ora, chiaramente, ognuno è libero di trovare riparo dall’attuale situazione di guano coltivando il proprio giardino, tanto per citare il buon vecchio Candide di Voltaire (la finale scelta di fuga di un giovane da un mondo non esattamente tutto rose e fiori nella seconda metà del ‘700) e quindi di allontanarsi dalla polis. Esiste anche la scelta di andarsene in cima a una montagna e fare meditazione. Punto e basta. Oppure si può rimanere nella polis (più o meno degradata), e pensare solo a divertirsi (con quali soldi e di chi? viene istintiva la domanda).
Okay, anche a me piace divertirmi, godermi le lune e i tramonti e tante altre belle cose che mi offre la vita, ma non riesco a isolarmi dal tutto inteso, in questo caso, come la collettività in cui esisto e opero.
Il disgusto per la politica è più che comprensibile. Non parliamo poi per la partitica, ma è, credo, un fatale errore confondere le due: la politica in senso lato non è solo la gestione individuale del potere ed è (o dovrebbe essere) cosa ben diversa dalle beghe e dalla diffusa auto-refenzialità tipica di certi partiti e dei loro tristi rappresentanti. Ma detto questo: sono l’ignoranza e/o l’indifferenza la risposta giusta?
La risposta è ovviamente no. Perché, anche lasciando da parte idealismi e ideologie forse per certi vetusti, fuori moda, ignoranza e indifferenza rimangono ottime armi nel ricco (non solo in senso metaforico) arsenale del cosiddetto Sistema, così libero di perseguire i propri interessi economici e di potere. Volete dirmi, cari giovani, che disoccupazione, precarietà, ecc. ecc. sono fenomeni naturali come terremoti e tsunami? Cominciate quindi a chiedervi come nascono certi fenomeni e perché e a chi fanno comodo. Farsi le domande giuste è già un buon inizio.
Ascoltate, magari, come fanno molti giovani americani, le parole di un ebreo americano di umili origini e di 74 anni, sì, proprio lui, Bernie Sanders, che sta trovando l’appoggio di tantissime persone della vostra età nel suo eroico e genuino tentativo di rivoluzionare il cuore dell’Impero che tuttora ci domina e che con la sua politica estera continua a mettere a repentaglio le nostre vite.
Ma noi non abbiamo Sanders, diranno certi. Ahimè no. Ma qualcosina ce l’abbiamo, oltre a Varoufakis, in Europa. Esiste uno Tsipras che, pur prigioniero nella gabbia imposta dalla Troika, continua a cercare di far prevalere i suoi ideali di liberazione e ssolidarietà, esiste un Podemos in Spagna che qualche carta in mano ce l’ha, una coalizione anti-liberista in Portogallo, un Tony Corbyn nel Regno Unito.
In Italia esiste una sinistra (ovviamente non mi riferisco al PD Renzi style) che cerca di riorganizzarsi e forse uscire dalla sindrome della frammentazione, e un M5S, che pur con le sue contraddizioni e ambiguità, si batte contro l’establishment e chiede, tra le altre, e insieme alla sinistra, cose un reddito di cittadinanza che potrebbe permettervi di scegliere in maggiore libertà il vostro futuro lavorativo. Non sono noccioline.
Ma lasciamo per un attimo le scelte elettorali meramente partitiche e le etichette annesse e connesse. Se vi siete persi il recente referendum anti-trivelle perché siete andati al mare, o semplicemente perché non sapevate cosa stava succedendo, avrete tutto il tempo – dopo essere tornati al mare quest’estate – di prendere una decisione in-formata sul referendum costituzionale in autunno. Occhio: è in gioco il futuro della democrazia nel nostro paese, che, en passant, si trova al 77mo posto nel mondo per la libertà di stampa.
Non preoccupatevi, dopo che vi siete in-formati e che capite qual è la causa dei vostri (nostri) problemi, vi rimarrà tutto il tempo per ballare, per ascoltare musica, per seguire il calcio e per godere dell’amore.
P.S. Ah, dimenticavo un po’ di regalini: due video su Bernie Sanders e uno, muy inspirational, con Varoufakis. Enjoy!
Intervista con Mark Ruffalo
Rally a Los Angeles con un bel po’ di gggiovani
Varoufakis in 90’