Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, capo di stato della Guinea Equatoriale dal 1979, e Robert Gabriel Mugabe, leader politico dello Zimbabwe dal 1980, sono due dei capi di stato più longevi mai visti in una Repubblica. Negli ultimi giorni, però, i loro destini si sono separati: il primo ha ottenuto l’ennesima vittoria elettorale, mentre il secondo si è dimesso dalle proprie funzioni.
GUINEA EQUATORIALE: L’INDISTURBATO POTERE DI NGUEMA
Domenica 12 dicembre, si sono tenute le elezioni legislative in Guinea Equatoriale, piccolo Paese dell’Africa Centrale che conta poco più di 1.2 milioni di abitanti su una superficie leggermente superiore a quella della Sicilia. Dopo la tornata elettorale del 2013, quella di quest’anno è stata la seconda a svolgersi con la nuova legge approvata con il referendum del 2011, che ha istituito il Senato come seconda camera del Parlamento della Repubblica.
La nuova legge elettorale, però, non ha portato alla modifica dei risultati, che hanno visto un nuovo trionfo assoluto del Partito Democratico della Guinea Equatoriale (PDGE – Partido Democrático de Guinea Ecuatorial), al potere dal 1987, quando fu fondato dal presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo. Il PDGE ha conquistato quasi tutti i seggi delle due camere Parlamentari (70 sono i seggi del Senato e 100 quelli della Camera dei Rappresentanti del Popolo), lasciando solamente un posto in Senato alla coalizione dell’opposizione Cittadini per l’Innovazione della Guinea Equatoriale (CI – Ciudadanos por la Innovación de Guinea Ecuatorial). Esce dal parlamento, invece, la Convergenza per la Democrazia Sociale (CPDS – Convergencia para la Democracia Social), che quattro anni fa aveva ottenuto un parlamentare per ciascuna camera.
I risultati elettorali, che lasciano naturalmente forti dubbi sulla democraticità delle votazioni, confermano quindi il potere assoluto del presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, oggi 75enne, capo di stato sin dal 1979, quando destituì suo zio Francisco Macías Nguema, che aveva messo in piedi un modello economico di ispirazione marxista nel Paese. I 34 anni di governo, fanno di lui il presidente africano più longevo tra quelli ancora in carica, dopo la caduta di Gheddafi, ed il primo al mondo tra i capi di stato dei Paesi non monarchici.
In questi anni, Nguema è stato additato come autore dei più efferati crimini, sebbene in molti casi sia difficile distinguere tra realtà e leggenda. Nonostante il suo Paese sia tuttora tra i più poveri del mondo, Nguema è uno dei capi di stato più ricchi del continenti, grazie ai proventi che guadagna con il petrolio della Guinea Equatoriale. Nell’aprile del 2013, Nguema fu accusato persiono di cannibalismo, più precisamente di consumare la carne dei propri nemici dopo averli fatti uccidere, al fine di ottenere più forza.
ZIMBABWE: LE DIMISSIONI DI MUGABE
Proprio nelle ultime ore, Robert Mugabe ha ufficializzato le proprie dimissioni, annunciate dal presidente del Parlamento, Jacob Mulenda, dopo l’avvio di una procedura di impeachment nei confronti del capo di Stato. Dopo trentasette anni di potere incontrastato nello Zimbabwe, prima come Primo Ministro e poi come Presidente, il novantatreenne verrà sostituito dall’ex vicepresidente Emmerson Mnangagwa, prossimo capo di stato ad interim.
“Io, Robert Gabriel Mugabe, sulla base dell’articolo 96 della costituzione dello Zimbabwe, presento formalmente le mie dimissioni. La mia decisione di dimettermi è volontaria e nasce dalla mia preoccupazione per il bene del popolo dello Zimbabwe, e il mio desiderio di assicurare una tranquilla, pacifica e non violenta transizione di potere a sostegno della sicurezza, pace e stabilità della nazione“, si legge nella lettera scritta dall’ormai ex capo di stato, che ha così ottenuto la sospensione della procedura d’impeachment.
Già Primo Ministro dal 1980 al 1987, Mugabe aveva assunto la massima carica il 31 dicembre 1987, per mantenerla senza soluzione di continuità fino ai giorni nostri. Nel frattempo, l’ormai 93enne Presidente, ha anche ricoperto ruoli importanti in ambito internazionale, come quando, tra il 1986 ed il 1989, ha assunto la segreteria generale del Movimento dei Non Allineati.
La popolarità di Mugabe negli anni ’80, che lo ha poi portato nelle alte sfere del potere, crebbe soprattutto grazie al suo ruolo all’interno della guerriglia che combatteva il regime di apartheid presente nell’allora Rhodesia, dove vigeva una segregazione razziale non dissimile da quella del Sudafrica. La sua vita politica era però già iniziata negli anni ’60, con la formazione della ZANU (Zimbabwe African National Union), il partito di cui è rimasto leader fino alla fine della sua presidenza (chiamato dal 1989 ZANU-PF).
A quei tempi, Mugabe si batteva contro il governo di Ian Smith. Arrestato, passò dieci anni in carcere, tra il 1964 ed il 1974. Dopo il rilascio, abbandonò il Paese, per poi tornarvi da leader della guerriglia. Proprio il suo ruolo nella lotta armata, lo fece divenire un eroe agli occhi dei suoi compatrioti e degli africani in generale. Alla fama, seguirono le vittorie elettorali, che lo portarono a ricoprire il ruolo di Primo Ministro e poi quello di Presidente.
Già negli anni ’80, però, iniziarono ad emergere gli elementi di violenza e brutalità che caratterizzeranno il regime di Mugabe per i successivi decenni. Il primo conflitto fu quello con l’opposizione comunista della ZAPU (Zimbabwe African People’s Union), il partito guidato da Joshua Nkomo. Migliaia di oppositori furono eliminati fisicamente, e i sopravvisutti della ZAPU furono costretti a fondersi con il partito di Mugabe, dando vita, nel 1987, alla tuttora esistente ZANU-PF (Zimbabwe African National Union – Patriotic Front).
Da allora, la politica interna di Mugabe fu sempre caratterizzata da violenza e repressione, il che contribuì a formare la fama negativa di cui gode il Presidente dello Zimbabwe nei Paesi occidentali. Solo negli ultimi anni, Mugabe ha operato una leggera apertura, attraverso riforme sulla via della democratizzazione e tentativi di migliorare la distribuzione delle ricchezze, dopo una vita passata ad accaparrarle. Un tentativo, forse tardivo, per preparare il Paese alla transizione del post-Mugabe.
AFFINITÀ-DIVERGENZE TRA NGUEMA E MUGABE
Quando in Africa avviene il rovesciamento di un capo di stato, la storia ci insegna che ciò non avviene quasi mai per ragioni di dinamiche interne al Paese in questione. Troppo, spesso, infatti, gli interessi delle potenze occidentali continuano a dettar legge nel continente più ricco di risorse naturali di ogni tipo.
Nguema e Mugabe, come detto, sono due dei capi di stato più longevi mai visti in Paesi non monarchici, eppure l’atteggiamento delle potenze occidentali è quasi sempre stato diverso nei confronti di questi due personaggi. Di Nguema e del suo Paese, in realtà, se ne parla ben poco, nonostante la sua presidenza record e le sue politiche repressive, mentre di Mugabe si fa a gara a chi ne parla peggio.
Per carità, non vogliamo certo ergerci a difensori dell’ormai ex presidente dello Zimbabwe, che certamente di crimini, così come di errori politici, ne ha commessi, ma allo stesso tempo la conoscenza delle dinamiche della politica africana ci spinge a chiederci il perché degli avvenimenti. La risposta, ancora una volta, si trova fuori dal continente africano, negli interessi delle multinazionali e della classe dominante internazionale con sede in Occidente.
Se Nguema, come fa da decenni, ha intenzione di continuare a svendere il petrolio del suo Paese alle grandi compagnie europee e statunitensi, mantenendo i proventi dell’oro nero per sé e per la sua cerchia, Mugabe nell’ultimo anno aveva manifestato l’intenzione di mettere in piedi un piano di nazionalizzazione delle miniere di diamanti, che invece costituiscono la principale risorsa dello Zimbabwe. “Non abbiamo ricavato molti soldi dall’industria di diamanti. Il nostro popolo non è stato in grado di vedere quello che stava accadendo, attraverso i furti e il contrabbando perpetrati dalle compagnie minerarie”, aveva dichiarato un anno fa alla televisione nazionale, annunciato l’intenzione di “monopolizzare questo settore e di assegnare solo allo Stato l’attività mineraria”. Ma non basta: puntando il dito accusatorio verso le compagnie occidentali, Mugabe aveva espressamente dichiarato: “Ci hanno derubato della nostra ricchezza”.
Ancora una volta, non possiamo negare che in passato lo stesso Mugabe è stato complice delle multinazionali straniere, dando in gestione le miniere di diamanti agli occidentali in cambio dell’arricchimento suo e della sua famiglia, proprio come ha fatto e continua a fare Nguema con il petrolio. Tuttavia, dopo i novant’anni la saggezza sembrava aver portato Mugabe ad un nuovo orientamento, che però è andato a colpire interessi troppo importanti. Tirando le somme: Nguema, alla presidenza dal 1979, resta in carica facendo affari con le compagnie petrolifere; Mugabe, dopo 37 anni di potere, viene spodestato appena inizia a parlare di nazionalizzazioni. Sarà solo un caso?
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