Platone, nella lettera VII scriveva che mentre stava andando in Sicilia per la prima volta pensava che il mal governo era un male comune in tutte le città in quanto le leggi vigenti non erano emendabili se non con una preparazione straordinaria unita a buona fortuna: solo la retta filosofia, diceva Platone, permette di distinguere sia ciò che è giusto nella vita privata che in quella pubblica. In questo modo Platone riuscì a comprendere che le generazioni umane non si sarebbero mai liberate dai mali se prima non fossero giunti al potere politico i filosofi veri, oppure, se i governanti non fossero diventati dei veri filosofi.
Questo è uno dei vari passi (altri ve ne sono nel Politico e ne La Repubblica) in cui Platone esprime l’idea del Filosofo-Re che, nel corso dei secoli, è stata declinata in modi diversi: il bernalismo (da John Desmond Bernal, scienziato, storico e sociologo della scienza, e sostenitore del partito comunista inglese) ha rimpiazzato il filosofo con lo scienziato, e infine, in tempi recenti, Anthony Giddens (supportato da Tony Blair) ha innalzato la figura del tecnocrate (ingegnere, economista, giurista o psicologo) che in virtù della propria competenza tecnica è capace di amministrare uno Stato.
Tutte queste figure aspiranti a essere una sorta di prototipo del Re Saggio, hanno via via fallito alla propria funzione, intossicate probabilmente dalla malìa del potere (e del denaro) e sono state rimpiazzate da varie figure che tentano di rispecchiare il pensiero, gli umori, i comportamenti dell’uomo della strada.
Non tanto sorprendentemente Platone, nelle stesse pagine della Lettera VII, asserisce che: “una volta che fui giunto [in Sicilia] non mi pacque affatto quel modo di vivere che là chiamano felice, quei frequenti banchetti italioti e siracusani, quel riempirsi di cibo due volte al giorno e non dormire mai soli la notte, e insomma tutte le abitudini connesse a questo tipo di vita”. Appare quindi che il comportamento dell’italiano medio non sia cambiato molto in circa duemila anni!
Cicli e ricicli storici appaiono sovente sotto il caldo sole mediterraneo. Il Ministro dell’Interno, quindi, non passerebbe il test platonico di leadership, quando, in vacanza presso una famosa spiaggia della riviera romagnola, il Papeete, sembra voler scimmiottare chi, nel passato, passava fasci di fieno a torso nudo da mano in mano, credendo, così, di rieccheggiare, se volete, il carisma o, quantomeno, il fascino che esercitava presso il popolo italiano. In vacanza?! Certo: non dice infatti Platone che è costume delle genti italiche di “sperperare il loro denaro (Platone non dice se pubblico o privato) in spese folli e passare tutto il loro tempo a mangiare (sic!), bere e dedicarsi all’amore”?
Venti anni di regime Berlusconiano e in particolare il cavallo di troia della TV commerciale, hanno esaltato le “grandi doti” dell’italiano medio (dimenticando le lezioni “oblique” della commedia all’italiana dei vari Comencini o, meglio ancora, Scola e Monicelli che denunciavano le sue vere caratteristiche – come nei film Brutti, Sporchi e Cattivi o Un Borghese piccolo piccolo) elevando – per meri motivi commerciali – la casalinga di Voghera a prototipo ed ideale della rispettabilità pratica della fascia sociale più ampia in Italia.
D’altronde, non ammonisce Platone che, città che accettano supinamente questo tipo di cultura, “finiranno col passare da un regime all’altro – tirannide, oligarchia, democrazia – e coloro che in esse governano non vorranno sentir parlare di una costituzione uguale per tutti”? I diritti di tutti per essere mantenuti, devono essere accoppiati ad un continuo monitoraggio dei nostri comportamenti e dalla scelta adeguata di chi vogliamo ci rappresenti pubblicamente. Ma questo non può essere fatto senza che vi sia quella consapevolezza che solo una istruzione universale adeguata e non percepita come vessatoria può fornirci.
di Antonio Marturano