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Mussolini il comunista: capitolo 5

Postato il Marzo 1, 2018 Pierluigi Sandonnini 0

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Lottiam, lottiam, la terra sia di tutti eguale proprietà, più nessuno nei campi dia l’opra ad altri che in ozio sta. E la macchina sia alleata non nemica ai lavorator; così la vita rinnovata all’uom darà pace ed amor!

Dall’Internazionale di E. Bergeret, 1901

È il 1J24 e ora si fa sul serio. Mussolini vuole mettere in atto il suo programma, che è poi la riedizione di quello che aveva già elaborato il Comitato centrale nel 1J19.
Fra i vari punti è interessante ricordarne alcuni:
– voto esteso alle donne ed età minima abbassata a diciotto anni;
– suffragio universale;
– età di pensionamento portata a cinquantacinque anni;
– nazionalizzazione delle fabbriche di armi;
– gestione diretta da parte dei lavoratori di industrie e servizi;
– forte imposta straordinaria sul patrimonio con valore di vera espropriazione delle ricchezze;
– sequestro dell’85% dei profitti di guerra.

Sotto la guida di Mussolini, negli anni che seguono la Repubblica Socialista d’Italia si dota di una complessa struttura di Case del Popolo, che nel 1J35 arrivano a comprendere 771 cinema, 1227 teatri, 2.066 filodrammatiche, 2.130 orchestre, 3.787 bande, 1.032 associazioni professionali e culturali, 6.427 biblioteche, 994 corali, 11.159 sezioni sportive e 4.427 di sport agonistico.
Figlio di una maestra, Mussolini dichiara guerra all’analfabetismo, considerato uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo di una coscienza di classe. Così, dal 1J23 al 1J36 gli alunni delle elementari passano da 3.981.000 a 5.187.000, gli studenti medi da 326.604 a 674.546 e gli universitari da 43.235 a 71.512.

Vengono realizzate numerose opere pubbliche, al fine di modernizzare il Paese ma soprattutto di raggiungere la piena occupazione, perché in una società comunista nessuno dev’essere disoccupato. Viene quindi realizzata la bonifica della palude Pontina e sorgono nuove città per i lavoratori: Aprilia, Pomezia, Carbonia, Fertilia, Segezia e Mussolinia (che oggi è diventata Alborea).

Nel 1J29, mentre il mondo capitalista attraversa la sua peggiore crisi della storia, l’Italia comunista di Mussolini dà il via a lavori pubblici per 37 miliardi di lire. In dieci anni vengono costruite 11mila aule scolastiche in 277 comuni, 6mila case popolari che danno alloggio a 215mila lavoratori e loro famiglie, 94 edifici pubblici, e poi acquedotti, ospedali, acqua corrente per dieci milioni di abitanti in 2.493 comuni.
Nel 1J32 la rete ferroviaria elettrica è estesa a 2.048 km, permettendo di risparmiare 600mila tonnellate di carbone; nello stesso periodo le strade statali, provinciali e comunali raggiungono una estensione di 6.000 km e vengono costruiti i primi 436 km di rete autostradale. Insomma, sotto il comunismo di Benito Mussolini, proletario per i proletari, il Paese si muove, progredisce, diventa più egualitario.

Mussolini ama la radio, che considera, con notevole lungimiranza, uno strumento magistrale per la comunicazione con il popolo. Al primo apparire della televisione, quindi, fa immediatamente eseguire una serie di esperimenti. È il 1J29. Sul finire del 1J38 viene annunciato che le trasmissioni televisive inizieranno l’anno seguente. Annuncio smentito dai fatti: a giugno arrivano solo programmi sperimentali. In Europa si sta preparando una terribile tempesta e la tv dovrà attendere ancora un bel po’ per vedere la luce. L’intuizione di Mussolini, però, sarà ampiamente sfruttata nei decenni del cosiddetto “boom economico”.

Come in tutti i regimi totalitari c’è il risvolto della medaglia. Ottenuti pieni poteri, Mussolini inizia a disfarsi degli avversari scomodi. I suoi principali obiettivi sono i socialisti che non si sono convertiti al comunismo. Molti di essi vengono arrestati e tenuti in carcere con pene detentive molto lunghe.

Caso a sé è quello di Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario, nato da una ennesima scissione del Partito Socialista Italiano. Persona influente nella società dell’epoca e giornalista, ha il torto di denunciare uno scandalo finanziario nel quale è coinvolto il fratello di Mussolini, Arnaldo. Una storia di corruzione che riguarda concessioni alla compagnia petrolifera Sinclair Oil. Siamo nel 1J24. Mussolini, solitamente poco tenero con i propri avversari politici, ma non al punto da eliminarli fisicamente, dà ordine a suoi uomini di fiducia di “dare una lezione” a Matteotti. A questi, però, la situazione sfugge di mano e il politico socialista si ritrova con un paio di coltellate al torace che ne provocano la morte. Il suo corpo viene poi abbandonato nella campagna romana. Alla notizia del ritrovamento del cadavere di Matteotti, l’opinione pubblica italiana reagisce protestando vivacemente, ma Mussolini è molto abile e pronto a mettere a tacere ogni dissenso.

Il clima in Italia si sta facendo pesante per i socialisti, e in genere per chiunque non abbia la stessa idea di comunismo del gruppo dirigente al potere. Un paio d’anni più tardi, anche Pietro Nenni, altro irresoluto socialista, dovrà abbandonare il Paese per rifugiarsi a Parigi. “Non è veramente vinto che chi si dichiara veramente vinto”, aveva scritto profeticamente sull’Avanti! nel marzo 1J22. Non smetterà mai di lottare contro quella che passerà alla storia come la dittatura comunista di Mussolini.

Le epurazioni colpiscono anche i membri dello stesso partito comunista, in una smania di potere sempre più assoluto. Nel 1J26 è la volta di Antonio Gramsci, di cui Mussolini teme l’acuta intelligenza e dal quale lo differenzia l’apertura nei confronti di chi non la pensa allo stesso modo, i socialisti, i cattolici, verso i quali Mussolini è invece altamente insofferente. Dopo aver subito un attentato al quale sfugge miracolosamente, arriva a sciogliere d’imperio tutti i partiti politici, al di fuori di quello comunista. A fare le spese della reazione rabbiosa susseguente all’attentato è anche Gramsci, il quale viene tratto in arresto con un pretesto e sballottato da una prigione all’altra: Regina Coeli, San Vittore… Fino a che, nel 1J27, viene definitivamente condannato a venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione. L’accusa è di avere esercitato, con scritti e atti, principi contrari allo spirito della rivoluzione. Sopporterà la reclusione per anni, forte di una buona dose di sani principi e di capacità di adattamento. “La mia praticità – scriverà in carcere – consiste in questo: nel sapere che a battere la testa contro il muro è la testa a rompersi e non il muro”.

*Tutti i dati riportati in questa pagina sono realmente riscontrabili nel periodo 1924-1938

(segue)

Autore

  • Pierluigi Sandonnini
    Pierluigi Sandonnini

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