La scommessa del premier giapponese Shinzo Abe di dissolvere la Camera bassa e d’indire nuove elezioni un mese fa sembra aver dato i suoi frutti. Il partito conservatore Liberal Democratico, insieme all’alleato Komeito, partito di centro-destra d’ispirazione buddista si è aggiudicato, con 316 seggi (su un totale di 465) la maggioranza di due terzi dei deputati e quindi Abe si avvia a divenire il Primo Ministro più longevo nella storia politica del paese del Sol Levante.
Un vero flop è stato l’esordio elettorale del Partito della Speranza, recentemente creato dall’agguerrita governatrice di Tokio Yuriko Koike, che tuttavia aveva rinunciato alla sua candidatura come premier. Al di là delle sue tendenze populiste, la posizione della Koike non sono facilmente distinguibili da quelle di Abe, ad eccezione della questione nucleare, sulla quale aveva più volte espresso posizioni più ecologiste, indicando nel 2030 l’anno di uscita definitiva dalla produzione di energia nucleare.
Al tempo stesso avanza l’opposizione più liberale di Yukio Edano e dell’ex premier Naoto Kan, rieletto a sorpresa nel suo collegio di Tokyo, fondatori del nuovo Partito Costituzionale Democratico che promette battaglia ad Abe e ai suoi programmi, tra cui la riattivazione delle centrali nucleari, le nuove, controverse leggi sulla sicurezza nazionale e l’aumento dell’Iva.
Ma la grossa novità a livello politico sia interno che internazionale, è la determinazione di Abe nel cambiare la costituzione giapponese del 1947, fisicamente redatta e imposta dalle forze di occupazione USA, ma che i cittadini giapponesi hanno imparato ad amare soprattutto per il suo solenne impegno a non ricorrere mai più alla guerra. Abe intende invece cambiare, oltre ad altre sezioni, proprio l’articolo 9, quello che prevede non solo la rinuncia alla guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, ma inibisce al Paese il possesso di vere e proprie forze armate e non gli riconosce, addirittura, il cosiddetto diritto di belligeranza. Se la riforma dovesse passare, il Giappone potrebbe non solo, come già avviene, difendersi da eventuali attacchi, ma tornare ad essere un “paese normale”, e cioè partecipare ad operazioni di difesa e attacco collettivi ma anche dichiarare guerra unilateralmente. Secondo l’attuale Costituzione, il Giappone, anche se di fatto lo sta facendo da molti anni, non potrebbe intervenire sui campi di battaglia internazionali anche in conflitti a cui partecipano paesi alleati.
Questa mossa, di chiara impronta nazionalista, va letta nel contesto sia della crisi non ancora assopita con la Corea del Nord – che con i suoi missili ha di recente e ripetutamente sorvolato l’isola di Hikkaido – sia delle dispute diplomatiche e territoriali con il gigante cinese. Tutto questo mentre si attende nelle prossime settimane la visita di Donald Trump nel suo tour in Estremo Oriente che avrà come prima tappa proprio Tokyo.
Discute dei risultati elettorali Pio d’Emilia, giornalista esperto di Estremo Oriente e corrispondente per l’Asia Orientale di SkyTg24.
L’INTERVISTA:
Si dice che la vittoria di Abe non rifletta tanto la sua forza, bensì le divisioni all’interno dell’opposizione.
Diciamo che in realtà non è successo nulla di nuovo: ho definito il partito Liberal Democratico di Abe la “balena gialla” perché ricorda molto la nostra vecchia DC. E tale è restata.
In che senso?
E’ un partito department store, un partito supermercato, dove trovano posto, e si organizzano tra loro di volta in volta, varie correnti e fazioni. Questo gli ha consentito di restare sempre al potere, da solo o in coalizione, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, tranne delle brevi interruzioni, una di 11 mesi negli anni ’90 e l’altra di poco più di 2 anni, dal 2009 alla fine del 2011.
Ora infatti è alleato con il Komeito, un partito laico buddista: che dire di questa formazione?
Il Komeito è un partito pieno di contraddizioni: da un lato è da sempre il braccio politico della Soka Gakkai, che predica il pacifismo e l’eliminazione delle armi nucleari, ma al tempo stesso è al governo con i liberal democratici che non sono sulla stessa lunghezza d’onda su questo tema. E infatti il Giappone, assieme agli Stati Uniti, non ha firmato il Trattato per l’Abolizione di tutte le armi nucleari proposto dall’ICAN, (International Convention Against Nuclear Weapons) vincitore quest’anno del Premio Nobel per la Pace, e di cui, paradossalmente, la Soka Gakkai è uno dei fondatori e dei più attivi promotori.
Cos’ha voluto fare Abe chiamando i giapponesi a nuove elezioni?
Ufficialmente, ha voluto semplicemente confermare la maggioranza di due terzi in parlamento necessaria per cambiare la costituzione. In realtà ha cercato, riuscendoci, di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media su alcuni scandali che lo riguardano direttamente e che avrebbero rischiato di travolgerlo.
Ha fatto questo approfittando della crisi/dissoluzione del Partito Democratico?
Questa è un po’ come la questione dell’uovo e della gallina: in realtà Seiji Maehara, leader del Partito Democratico, ha annunciato lo scioglimento del suo partito il giorno dopo la decisione di Abe d’indire elezioni anticipate. Dubito che la mossa non sia stata concordata tra i due. Del resto Abe e Maehara sono noti per avere a lungo accarezzato una sorta di “inciucio” tra LDP e DPJ, i loro rispettivi partiti.
Che fine ha fatto Maehara?
Si è candidato con il Partito della Speranza della Yuriko Koike: cosa anomala. Sarebbe come se Renzi annunciasse di volersi unire al movimento di Beppe Grillo, invitando i suoi deputati a seguirlo. Nemmeno in Italia siamo ancora arrivati a tanto. Ma chissà.
L’operazione ha funzionato?
Fino a un certo punto: Koike, a causa della mancanza di fondi, ha chiesto ai deputati democratici che volevano seguire Maehara nelle file del suo partito non solo di aderire alla sua piattaforma elettorale – e questo molti erano disposti a farlo – ma anche dei soldi…per pagare la loro campagna elettorale.
La Koike ha ottenuto questi soldi?
No, perché erano fondi del partito democratico che ovviamente si è rifiutato di darli ai “traditori”. Così, alla fine, molti degli entusiasti transfughi della prima ora hanno seguito Yukio Edano e Naoto Kan nel nuovo Partito Costituzionale Democratico. Ma molti sono rimasti con il cerino in mano, cioè senza seggio. Ci sono anche nomi illustri, almeno una decina di ex ministri.
Sta di fatto che il nuovo partito ha ottenuto un discreto successo.
Infatti, se vogliamo oltre ad Abe, il cui successo peraltro era scontato, è il vero vincitore in questa tornata elettorale e si pone, nel futuro, come l’unica valida opposizione a lui.
Ma perchè la Koike ha deciso di non candidarsi alla premiership?
In realtà inizialmente ha voluto far credere, da brava mediatica (è un ex brillante e popolare conduttrice televisiva) che si sarebbe candidata, ma poi ha fatto un paio di conti e ha intuito che non ce l’avrebbe mai fatta a vincere queste elezioni. Anche perché se le avesse vinte sarebbe diventata automaticamente la prima donna in Giappone a divenire Primo Ministro, cosa piuttosto improbabile, almeno per il momento. Così ha preferito rimanere a fare la governatrice di Tokio, anche in vista delle prossime Olimpiadi. Molto astuta, devo dire: ha lanciato il sasso, ha fatto fare una figuraccia ai suoi sostenitori, ma ha mantenuto intatto il suo prestigio. Magari ci riproverà la prossima volta, sull’ondata del successo delle Olimpiadi.
E che mi dici del crollo del Partito Comunista?
Dopo una crescita costante negli ultimi anni, con milioni di follower, questa volta ha subito una débacle totale perdendo metà dei consensi.
Come mai?
Ha pagato il prezzo per aver voluto tentare un fronte unito insieme ai democratici contro Abe – una specie di Ulivo – ma la cosa non ha funzionato nei singoli collegi. La “desistenza” ha funzionato a senso unico: i suoi elettori hanno votato compatti per il candidato democratico, ma non viceversa. Chissà, ora forse si riaprirà il dibattito interno sull’opportunità di cambiare il nome…
Che tipo di partito comunista è?
E’ stato sempre un partito di duri e puri, autonomi sia dalla ex-Unione Sovietica che dalla Cina e che, oltre ad avere rapporti organici coi sindacati, ha sempre governato bene e senza alcuno scandalo nelle città e paesi dov’è stato eletto.
Comunque, come in ormai tante democrazie occidentali, il vero vincitore rimane il partito degli astensionisti.
Senza dubbio, anche se nonostante tutti i timori – si prospettava una partecipazione al di sotto del 50% – l’affluenza ha raggiunto il 53,4%, siamo a livelli inaccettabili per una democrazia. E come pessime prospettive, se pensiamo che tra i giovani – quest’anno votavano per la prima volta i diciottenni – l’astensione ha riguardato due elettori su tre. Questo ci fa capire che Abe, pur vincendo, rappresenta una parte relativamente piccola della popolazione nel suo complesso.
Ciò conferma un trend di relativa disaffezione verso la politica in Giappone.
Sì, e infatti c’era stato un sondaggio sull’astensionismo prima delle elezioni e l’86% degli interpellati aveva confessato di nn sentirsi rappresentato dai partiti in lizza. In Giappone ormai si è arrivati a una forma di monopartitismo con cespugli che crescono qui e là, ma che poi si seccano nel giro di una stagione. Questo ci porta a paragonare il Giappone alla Cina.
In che senso?
Beh, in entrambi i paesi si ha da 70 anni lo stesso partito che governa attraverso le sue correnti……non vedo una grande differenza…
Ora il contenzioso principale rimane quello sul cambiamento della costituzione in senso più “militaresco”.
Sì, ma attenzione perché potrebbero esserci interessanti e inaspettati sviluppi Abe, subito dopo la vittoria, ha dichiarato che non c’è bisogno di accelerare la riforma costituzionale, spiegando che ci sono altre priorità, tipo l’aumento dell’IVA.
E perché si è dato una calmata?
Perché dei sondaggi pre-elezioni hanno rivelato che alla grande maggioranza dei giapponesi l’attuale costituzione piace. Qualora ci fosse un referendum su questa riforma – necessario comunque dopo un’eventuale approvazione in parlamento – Abe molto probabilmente perderebbe. Anche perchè l’affluenza al voto sarebbe molto maggiore.
Perché?
Perché rimane una forma di garanzia contro la possibilità che il Giappone torni in qualche modo a fare la guerra. Di questi tempi, non è poco…
Da dove nasce questa “fissazione” di Abe?
Mah, alcuni la definiscono una forma di psicopatia genetica: è come se volesse riuscire a fare ciò che suo nonno Nobusuke (ex criminale di guerra che fu prima arrestato, poi graziato dagli americani e infine divenuto addirittura primo ministro negli anni ’60) non riuscì a portare a termine: il sogno della sfera di grande prosperità, con l’armata imperiale che occupava Cina e Corea. Ironia vuole che fu proprio Kim Il Sung, nonno dell’attuale leader nord-coreano Kim Jong Un, ad aver liberato la penisola coreana dai giapponesi: sembra quasi che i due nipotini, ora cresciuti, vogliano tornare a fare la guerra.
E gli americani cosa ne pensano di quest’iniziativa di Abe?
Offrono resistenza: gli va bene che il Giappone possa difendersi e partecipare ad operazioni di pace collettive. Ma senza poter attaccare. Il ricordo di Pearl Harbour e delle perdite inflitte durante la seconda guerra mondiale è ancroa molto forte.
Un’altra grossa questione in ballo è quella dell’energia nucleare.
Sì, e in questo Abe continua ad essere piuttosto aggressivo, anche se sinora non ha avuto molto successo. Doveva riaprire tutte le centrali, in realtà è riuscito a riaprirne solo tre. Ma tutti sanno che questo programma non potrà esser portato avanti.
Perché?
Ormai si è capito che in Giappone, come altrove nel mondo, l’energia nucleare non è più economicamente conveniente, in particolare se si mettono in preventivo i costi per il mantenimento delle scorie, tutt’ora incalcolabili e i costi di eventuali incidenti, come il noto disastro di Fukushima. L’energia nucleare sarà anche “pulita”, rispetto a molte altre, ma non è più conveniente dal punto di vista economico. Anche il Giappone si sta muovendo per uscire dal nucleare e puntare sulle energie rinnovabili.
Su questo tema Abe e la Koike, tendenzialmente ecologista, sono in contrasto.
Apparentemente: la Koike dice che vorrebbe smantellare l’energia nucleare tra 30 anni, diversamente dai democratici che vorrebbero farlo da subito Quindi, in pratica, la sua posizione non si distingue troppo da quella di Abe, il che, come dicevo, spiega il suo flop elettorale.
C’è poi la questione dell’aumento dell’IVA.
Sì, è sempre stato un argomento delicato, perché i giapponesi, come altri popoli, non amano pagare le tasse. E l’IVA è una tassa che non si può evadere. Abe giustifica questa mossa dicendo che l’eventuale introito dell’IVA servirebbe a pagare un programma di welfare
Ma non esiste l’alternativa di una tassazione progressiva?
Esiste già una simile tassazione, ma a pagarla sono soprattutto gli impiegati pubblici e privati, costretti a farlo, visto che, in generale, c’è una pesante evasione fiscale. Non dimentichiamo che il Giappone è il paese nel mondo con il più alto debito pubblico.
A quanto ammonta?
Al 230% del PIL.
La politica economica di Abe – nota come abeconomics – è tendenzialmente neo-liberale?
Fondamentalmente sì: lui la definisce neo-keynesiana, ma gli è stato fatto notare che non contempla la cosiddetta “quarta stampella”, ossia l’aumento dei salari.
Per giunta in Giappone c’è un tasso di natalità tra i più bassi nel mondo.
Sì, e ciò porta a un invecchiamento della società e al bisogno di maggiore welfare per gli anziani. Tra l’altro, le donne giapponesi si “vendicano” sposandosi sempre di meno, divorziando sempre di più. E non facendo figli. Questo non fa che peggiorare il trend.
Il Giappone non è più quella potenza economica di un tempo.
Assolutamente no, e questo ci deve far riflettere: quando le cose non vanno troppo bene la classe dirigente tende a distogliere l’opinione pubblica dai veri problemi, distraendola appunto con proposte nazionaliste e militaresche, ed è proprio quanto Abe & Co. stanno facendo. Dalla fine della guerra, il Giappone è riuscito a galleggiare e a sopravvivere di fronte alla totale incapacità della sua classe dirigente soprattutto grazie allo sviluppo economico. Dopo 20 anni di recessione, ora si parla di una crescita dello zero e qualcosa per cento.
Esempi d’incapacità?
L’esempio più eclatante è l’incapacità da parte del Giappone di risolvere le sue dispute territoriali con ben quattro paesi: Cina, Russia, Corea del Nord e Corea del Sud. Ed è proprio qui che l’atteggiamento aggressivo di Abe sulla questione militare può far paura: visto che continuano a fallire le soluzioni diplomatiche si potrebbe passare a quelle militari.
E che dire di Akihito, l’attuale imperatore?
Una questione molto delicata. A differenza di suo padre, Hirohito che ha avuto enormi responsabilità per la guerra, responsabilità che nessuno gli ha fatto pagare, Akihito è stato un ottimo capo di stato. Rispettoso del nuovo ruolo impostogli dalla Costituzione che lo definisce un puro simbolo del popolo, ma sempre vigile e pronto a denunciare le derive nazionaliste dei governi, in particolare quelle del governo Abe. E’ noto che i suoi rapporti personali con il premier sono molto freddi e proprio per questo l’anno scorso, in un commovente discorso televisivo, aveva chiesto umilmente il permesso, al suo popolo, di ritirarsi a vita privata. In pratica, ad abdicare. Il governo ci ha messo oltre un anno ad approvare una necessaria legge, ma nei giorni scorsi l’Agenzia Imperiale ha annunciato che l’abdicazione avverrà solo nel marzo 2019. Molti interpretano questa decisione, che la Casa Imperiale deve concordare con il governo, sia l’ennesimo “dispetto” di Abe. Il problema è che l’imperatore e la sua famiglia da quando sono stati “umanizzati”, non hanno privilegi, ma neanche diritti. E parlo di quelli fondamentali.
Per esempio?
Beh, intanto la famiglia imperiale non ha un cognome. Dal punto di vista strettamente giuridico, non esiste. Non solo non possono votare: non hanno passaporto, patente, tessera sanitaria. E non sono liberi di condurre una vita “normale”. Sono prigionieri delle istituzioni, che decidono ogni cosa per loro. Impossibile, per il principe ereditario ad esempio, uscire la sera per andarsi a divertire, o farsi un viaggio privato, con la sua famiglia. A volte mi chiedo se sia il caso di denunciare questa cosa e creare un movimento per i diritti umani della famiglia imperiale.
La posizione di Akihito sulla riforma della costituzione?
E’ un pacifista, non c’è alcun dubbio, sono sicuro che se potessero votare ad un eventuale referendum, lui e la sua famiglia sarebbero decisamente contrari.