CHI CONTROLLA IL PASSATO CONTROLLA IL FUTURO, CHI CONTROLLA IL PRESENTE CONTROLLA IL PASSATO – G.Orwell
Omicidio Psichico –una variazione di quello concreto, uccide l’io– Omicidio sociale – una variazione di quello psichico, uccide il ruolo– , Omicidio Culturale –una variazione di quello sociale, uccide il pensiero-, segregazione, ostracismo mediatico, imperialismo culturale: controllo del presente che modifica il passato. Isolando artisti, intellettuali e pensiero non omologati al movimento dell’Industria Culturale, al partito della merce. Il brevissimo filmato “isolare gli artisti” tratto da “Le vite degli altri” –scritto e diretto da Florian Henckel von Donnersmarck– è incipit di questa lettura, visionarlo prima di procedere è momento necessario della comprensione.
Saviano il 3 aprile ha pubblicato uno dei suoi storici interventi da due pagine sulla Domenica della Repubblica: I pusher dell’is. Un intervento sul terrorismo cosiddetto islamista. E afferma che ciò ha scritto, ciò che avrebbe enucleato, ovvero che i terroristi sono dei comuni criminali e non dei fanatici religiosi, non è incredibilmente presente nel dibattito pubblico. Afferma anche, scagliando una terribile fatwa contro tutte le persone di credo musulmano d’Europa, tra cui centinaia di migliaia di bambini, che in questi giorni terribili della nostra storia stanno vivendo sulla propria pelle il terrore dell’islamofobia incendiata dalla follia criminale di poche decine di individui manipolati da non sappiamo veramente chi, che i quartieri islamici sono schierati con i terroristi, pur non condividendone tattica e strategia – il che non esclude invece, si evince, che ne condividano il fine– con empatia. Paragona poi il terrorismo islamico e i suoi fenomeni corollari al terrorismo dell’eversione di sinistra stranamente dimenticandosi però, come se non fossero mai accadute, le stragi di destra, e impastando in questo fazioso parallelismo tra eversione di sinistra e terrorismo jiahdista di questi amari giorni anche i governi del passato europeo socialisti e socialdemocratici -tra i cui dirigenti si annoverano persone dello spessore di Sandro Pertini- e attaccando quindi l’alveo tradizionale e storico degli Humans Rights, e altro ancora di cui tratterò in questa mia risposta al suo tentativo di controllo del presente e anche del passato. Partiamo dalla prima delle manipolazioni della realtà, e cioè che la provenienza dal mondo della criminalità comune dei terroristi islamisti non diventa tema di dibattito pubblico.
Saviano mente, e con lui tutto l’establishment che lo sostiene e di cui esso è membro, come si è membri di un partito totalitario, poiché questa menzogna che è un controllo del presente storico, è lanciata dalle colonne del giornale più letto d’Italia. E’ dunque una menzogna perpetrata da un intero sistema complesso esteso e potente. La loro menzogna è una forma di tentato omicidio sociale –omicidio che uccide il ruolo sociale– e non sappiamo quante vittime contare nella totalità del nostro tempo tra i culturalmente indipendenti. Omicidio culturale e psichico anche, con il mezzo dell’ isolamento culturale, con la pratica della segregazione e dell’ostracismo dalla sfera pubblica. Sfera pubblica di cui essi, grazie alla potenza industriale dei gruppi da cui sono prodotti e di cui l’editoria non ne è che una divisione, si spartiscono, insieme ad altre poche potenze, il monopolio. Una vera e propria oligarchia che pratica la pulizia culturale con lo stessa determinazione con cui altrove si pratica la pulizia etnica: diciamo questa cosa a precisazione, che sono i gradi dell’intensità delle cose che accadono a variare, le cose invece, certe cose, sono sempre presenti, come veleni nell’acqua potabile , sempre, in forma di minima traccia che solo fino ad un certo punto non diventa letale, ma che bisogna sempre costantemente monitorare.
E nel mentire plagia, non solo, non tanto le idee, ma la storia stessa poiché insieme a questa antropofaga uccisione dell’altro si attribuisce le cose che dall’altro sono già state notate pensate scritte e persino pubblicate, e questo lo fa mistificando la narrazione del vero presente culturale, da cui l’altro è stato eliminato proprio dalla sua scrittura, di cui la forza industriale di un quotidiano da tre milioni di copie a cui si uniscono i canali delle televisioni nazionali, e quant’altro, ne fa voce certificata del sistema, dalle cui labbra, ad alta definizione, pendono i milioni di ascoltatori, -gli aneu logou-, i senza parola delle masse, per sapere cosa possono riconoscere come vero e cosa devono identificare come falso.
Questo cinico disprezzo verso la proprietà intellettuale, questa negazione del riconoscimento dell’altro come autore innanzi tutto e poi come autore di un certo pensiero, di una idea, di un testo, di un articolo o di un semplice cominciamento di dibattito, quando questo altro non sia difeso dalla potenza del capitale già semplicemente con l’essere membro di comprovata fedeltà dell’industria culturale, è perfettamente compatibile con altre forme di barbare predazioni ed eliminazioni a cui assistiamo nel lento ma inesorabile declino degli Umans Rigths, dei diritti umani. Infatti depredare un autore, farlo scomparire nei garage olimpo della menzogna senza vergogna con cui si mutila il presente della loro esistenza –penso a -L’epoca e i lupi- di Nadezda Mandel’mstam-, ben si addice alle contemporanee trasformazioni antropologiche politiche e sociali che vedono il ritorno trionfante della forza e della violenza come unico reale principio politico da seguire.
Saviano dunque, e di nuovo, mente, e nel fare ciò agisce come fosse un distopico sicario inviato dall’ anonima confraternita dell’industria culturale a fare pulizia etnica nella sfera pubblica che deve essere disinfestata dalle autonomie culturali e dalle visioni del presente non vidimate e omologate. Ordini del Comando superiore : Eliminare e depredare. Vaporizzare e riscrivere versioni confacenti al torpore delle masse, anzi al torbido delle masse. Perchè mi ricorda qualcosa?
Il pezzo di Saviano che sostituisce –in quelli che potremmo letterariamente chiamare i Registri Ufficiali Presente Storico certificati a norma I.C., ovvero a norma Industria Culturale- il mio articolo, che è certamente l’articolo che ha posto in Italia prima del suo le tematiche del dibattito di cui egli lamenta l’incredibile assenza nella sfera pubblica, sulla questione della natura in realtà micro criminale e criminale dei cosiddetti terroristi islamici, con il suo pezzo postumo alla mia pubblicazione, lo sostituisce non solo avendo eliminato dal registro del presente il suo autore, cosa questa, in definitiva, che colpisce solo me, come non fosse mai esistito, ma anche eliminando dalla questione tutte quelle inquietanti domande, in esso presenti, su questi tragici fenomeni che ci dovrebbero far dibattere non solo sulla natura criminale ma anche mentalmente alterata degli esecutori delle stragi, ultime ruote del carro, ma soprattutto sul chi potrebbe avere interesse, capacità e possibilità a manipolarli; tutte questioni queste che a un membro di alto rango dell’Industria Culturale non sono concesse, cose che anzi deve distopicamente revisionare, come suo compito, compito che deve addirittura diventare una sua natura, quello di revisionare il presente secondo l’edizione aggiornata del dizionario della neolingua, affinché siano cancellate per sempre le questioni che ci porterebbero a guardare anche a chi, soprattutto dovrei dire, da dentro i paesi democratici potrebbe essere scoperto da queste riflessioni inquirenti in gravissime attività eversive nell’utilizzare queste follie criminali come un atto di alto tradimento delle proprie stesse patrie e Stati nel perseguimento degli scopi di potere personale o di gruppo. Elemento, questo si, cruciale e determinante che è assolutamente assente dalle riflessioni certificate Industria Culturale, e cosa questa che non colpisce più soltanto la mia persona, ma bensì l’intera collettività
Il 26 marzo del 2016 ho infatti pubblicato un lungo articolo, terrorismo islamico ovvero la politicizzazione della follia criminale vertente proprio su questi temi, in cui tutti questi altri problemi , finora mai letti altrove, sono posti al quale il suo articolo, posteriore al mio di ben 9 giorni, fa in tutto e per tutto il verso, tranne che per le vere questioni che urgerebbe affrontare. Questa mia pubblicazione, questo fatto inconfutabile, che purtroppo per lui e per l’azienda per cui lavora e che è egli stesso (la Saviano Online), non si può del tutto elidere dal corpo della realtà, nonostante la loro potenza, grazie a un minimo ma importantissimo margine di esistenza che ancora per adesso il web garantisce alle indipendenze, è la dimostrazione che non è assolutamente vero che non via stato un tentativo di dibattito su questo tema, mancanza per cui Saviano si strappa i capelli pubblicamente e per cui il suo gruppo editoriale lo celebra, autocelebrandosi, come l’unico ad essersi accorto di questo importantissimo particolare in cui è annidato il dio dell’assurdo; dimostra invece, e altrettanto inconfutabilmente, che il dibattito è platealmente ostracizzato dai comportamenti dell’establishment culturale nazionale verso autori che non appartengono al Movimento dell’ Industria Culturale.
Addirittura ancora prima di questo, il 16 novembre avevo pubblicato un altro lungo intervento Strage di parigi: la notte dei lunghi kalasnhikov, 7300 letture e quasi 400 condivisioni su vari social, dove collegavo il crimine comune al terrorismo e guardavo alla mafia per quanto concerneva l’approviggionamento delle armi di cui si servono i terroristi, e altre importanti riflessioni, tra cui quella sullo scandalo della società italiana elicotteri coinvolta in un traffico di armi anche verso il terrorismo internazionale: ecco questi articoli sono due momenti di una stessa ampia riflessione. Articoli che io stesso ho diffuso alle redazioni centrali di tutti i grandi giornali, di tutti i direttori, di una gran quantità di giornalisti noti e notissimi tra cui anche Saviano stesso, nonché, cosa forse ancora più importante, a una moltitudine di politici di tutto l’arco parlamentare. Tutti indirizzi, questi, a cui le miei riflessioni, pubblicate su Young, sono state inviate, che, si direbbe, finiscano nello stesso limbo irreale simile al nulla urlante ma muto di un incubo.
Dunque questa affermazione “eppure questo non diventa tema di dibattito” è una menzogna grondante quel disprezzo espresso dalla menzogna descritta negli aforismi di Minima Moralia di Adorno, perché essendo smentibile anche da un bambino con una semplice ricerca on line, serve solo a dimostrare che si ha abbastanza potere sociale da calpestare la verità senza credere di doverne rispondere a nessuno. Questa spregiudicatezza nell’eliminare il vero per affermare il falso, me lo fa per un attimo immaginare, il nostro revisore del presente storico, simile ad una specie di colonnello kurtz circondato dalla quella che, in un video sul suo profilo fb, ha recentemente chiamato la “nostra comunità di oltre due milioni di followers” , sprofondato nella loro intossicante adorazione, solvente il loro senso di colpa di non impegnati nella vita civile e quindi immedesimati in un supereroe, –suggerisco un giro antropologico nei commenti che lasciano– nel folto della giungla immateriale della rete mentre leggerà questo e altri scritti di protesta, con cinico disprezzo, dalla prigionia claustrofobica del delirio di potenza imperlante di eroiche gocce di sudore il suo Marlonbrandesco capo reclinato sull’iperuranio incomprensibile genio del suo intelletto (lasciatemi scherzare un attimo su chi mi ha eliminato dal presente della nazione ). Ovviamente egli non è cosciente di questa perversione, e questo perché, a mio avviso, lo smisurato successo che non si incastra geometricamente con la forma del valore reale della sua opera, ne ha cristallizzato per sempre la sua forma mentis impedendogli di evolversi. Il suo è piuttosto un semplice conformismo recidivo, di tanto in tanto, alla cinica delinquenzialità annidata nel logos, che domina ormai il mondo e che rappresenta in fondo anche la dimensione del suo accesso al guadagno, alla riproduzione della sua vita e ormai della sua ricchezza, la delinquenza, come tema permanente, come soggetto ipostatizzato -e quindi ideologico- della sua attività letteraria, tale a volte da fargli dire delle cose quasi quasi nei panni di gran consigliere politico dei grandi criminali del narcotraffico, come ad esempio le sue esternate valutazioni sugli errori di comunicazione del feroce El Chapo.
Questo cinismo pasolinianamente criminaloide, che permea anche il logos di Saviano stesso talvolta, probabilmente a sua insaputa, lo si può palpare vivido proprio andando ad ascoltare il video dell’intervista che egli rilascia a Repubblica TV incastonata nella versione web del suo stesso articolo, come endorsment pubblicitario all’articolo stesso e al suo autore, dove egli con grande voluttà definisce la morte dei terroristi, che prima riclassifica come semplicemente ragazzi, con il verbo crepare, dicendo più e più volte che “loro se la giocano la vita preferendo crepare” o “che non gli resta che questo: crepare“; questo slittamento linguistico dal verbo severo morire al verbo gergale crepare illumina nell’assetto intellettuale dell’autore in questione, in questo frangente, i suoi angoli conformi alla ottusità e alla volgarità mercantile della pseudocultura, e la sua sempre aperta disponibilità, come un antico retaggio di appartenenza territoriale, che rende più saporito il suo essere a quelle appartenenze perciò anfibiologicamente legato, a contaminare con i liquami dei linguaggi gergali criminali una riflessione che dovrebbe essere sempre rigorosamente alta e severa, non verso il proprio oggetto speculativo ma verso il proprio atteggiamento nei confronti dell’oggetto su queste cruciali ferite sociali e storiche che noi tutti stiamo patendo, ivi compresi i milioni e milioni di pacifici cittadini del mondo, di credo musulmano, che sarebbero in prima fila nel salvare una vita all’occorrenza senza chiedergli a quale Dio creda. Anche perché nel definire crepare il morire suicida dei terroristi, poiché nella lingua tutt’al più crepano gli animali e anche in questo caso solo nei logos degradati e volgari, e possono forse, se non si ha una sensibilità particolarmente olistica verso il creato o natura che dir si voglia, farsi crepare gli insetti terrorizzanti; ma non gli esseri umani, che invece sempre e solamente, in una lingua umana, muoiono, le peculiarità dispregiative del verbo crepare si estendono a tutti i soggetti morenti nel raggio dell’esplosione, ovvero anche alle loro vittime che essendo uccise dal crepare dei terroristi, crepano anche loro nella lingua oscena e triviale , talvolta, di questa intervista.
E’ comprensibile del resto questa autocorrezione che si attua, nelle introiezioni dei suoi principi regolatori, nei comportamenti addirittura automatici dei suoi attori principali, di quel che diventa giorno dopo giorno, con un progresso esponenziale, un sistema integrale dove non devono sussistere incoerenze tra i settori. Questo certo lo comprendiamo, sollevando in parte questi personaggi, nel loro commettere questi omicidi culturali e sociali (cioè che uccidono il pensiero e il ruolo degli individui) , dall’essere realmente portatori di qualsiasi odio personale, che però almeno li renderebbe umani e comprensibili, in quanto tali, in questi gesti di eliminazione dal presente degli altri. Sono invece, parrebbe, solo preda di quel totale terrore anomico di perdere i loro privilegi, enormi o piccoli che siano o se non addirittura semplici vantaggi, e di quella totale assenza di pensiero, anche se paradossalmente fanno attività culturali, dacché le due cose non sono affatto antitetiche né legate da una conseguenza di logica pura, che possedette i membri superiori responsabili della organizzazione degli stermini del 900 i quali, ridotti poi in catene davanti ai tribunali dei vincitori, tornarono immediatamente a essere le lamentevoli creature piccolo borghesi dalle quali, prima di averle viste agire, mai ci si sarebbe aspettato che fossero cosi intimamente legate da strette parentele di sangue ai demoni degli inferni più indicibili.
La sostituzione -a livello nazionale, direbbe a questo punto l’antico amico e maestro J. Brodskij– del mio testo con quello di Saviano, come testo rappresentativo sulla questione della criminalità dei terroristi ha di fatto prodotto a livello nazionale –sempre Brodskij– uno slittamento della riflessione sul problema, da questione sociologica e politica severa a questione di costume e soprattutto a gravi falsificazioni ideologiche di cui farò poi un qualche esempio, già a partire dai titoli stessi:
Quando il 26 marzo del 2016 ho pubblicato il mio articolo, terrorismo islamico ovvero la politicizzazione della follia criminale –sostituito oggi, nella storia sul dibattito nazionale sul terrorismo, grazie al controllo di una sezione enorme del presente da parte dell’Industria Culturale per mezzo dell’operatore revisionista Roberto Saviano, da “I pusher dell’Is” del medesimo operatore Roberto Saviano, per i tipi della De Benedetti & Saviano OnLine associated press- mi trovai infatti a prendere una decisione. Se sacrificare o meno una intenzione di dibattito, di riflessione ambente a qualcosa di profondo per un titolo invece sensazionalistico da clickbite: argomento e situazione fortemente prestandosi a questo tipo di operazione. Infatti fulcro ontico intorno a cui gira la riflessione del mio testo è la presenza di una banda di pusher arabi molto aggressiva nel quartiere romano di San Lorenzo, quartiere dove risiedo,- e il mio articolo perciò è anche stato linkato al Viminale- in tutto e per tutto sociologicamente uguali ai terroristi degli attacchi in Francia e in Belgio. La tentazione di lanciare un Titolo sensazionalistico era ovviamente alta, altissima, quasi irresistibile.
Si devono sempre mettere in conto le tentazioni. Per un attimo avevo voluto titolare “i probabili terroristi di San Lorenzo” che avrebbe certamente avuto una grossa eco in quel momento, a pochi giorni dai tragici misfatti di Bruxelles, ma la cosa sarebbe stata decisamente immorale. Poi avevo pensato a “il prossimo Bataclan sarà a San Lorenzo?” ma, facente ancora leva sulle paure, non mi convinceva, perché avrebbe appiattito terribilmente la riflessione condizionandola a quella prospettiva. Avevo cosi alla fine si tenuto questo titolo, perché realmente penso che purtroppo sia una cosa altamente possibile e dunque ragionevolmente probabile, però come un titolo di paragrafo interno; non volevo assolutamente che ci si addentrasse nella riflessione generale sotto l’attrazione morbosa che suscita la paura o la curiosità per il crimine. Un simile titolo programmatico, visto che il titolo è segnaletica del percorso semantico che si troverà, avrebbe ferito, come una luce puntata contro gli occhi, la sensibilità della vista psichica ad un ambiente fatto decisamente più di ombre che di luci e quindi necessitante della massima dilatazione possibile della pupilla intellettuale.
Così alla fine, ben consapevole che il titolo definitivo avrebbe parlato solo a persone predisposte a ragionare sulle cose invece che alle maree sociali consumatrici di cronaca nera, avevo preso la decisione del rigoroso titolo “terrorismo islamico ovvero la politicizzazione della follia criminale” che mi è sembrato focalizzare la cosa più urgente da comprendere , ovvero la politicizzazione che qualcuno è riuscito a mettere in essere, infine, della follia criminale di una percentuale infima di individui, uno zero zero zero virgola per cento tra i milioni di sospettabili semplicemente per credo religioso o per origine geopolitica, che vivono in europa, ma sufficiente a destabilizzare interi continenti, stravolgendo centinaia e centinai di milioni di vite umane; cercando anche, nella mia riflessione, desaparecida dal pubblico dibattito italiano grazie all’autorevolezza di Saviano e de La Repubblica, di capire in che modo la stampa irresponsabilmente si prestasse a queste manipolazioni offrendo proprio quella “fama” mondiale “per cui si muore” come ha semplificato anche Saviano scrivendolo nel suo pezzo senza però osare svilupparne la riflessione indicando le responsabilità di chi ne gestisce i mezzi di quella fama, ovvero la stampa stessa, specialmente quella, ahinoi, dalle cui colonne egli attuava la mia eliminazione dal presente culturale della nazione, e facendosi distributrice in ultima istanza degli slogan e degli ordini di compiere quei delitti; e che mi sembrava anche, questo titolo, rappresentare il necessario rigore innanzi tutto intellettuale e poi morale che si deve avere oggi se al proprio privilegio di intervento nella sfera pubblica, per quanto limitato, ma pur tuttavia sempre tale, e di cui ringrazio i giovanissimi editori di Young, si vuole dare la profondità della responsabilità. Sapevo che ciò avrebbe selezionato i lettori falcidiandone spietatamente le schiere. Sono certo che coloro che leggeranno “i pusher dell’Is” lo faranno con aspettative molto diverse da coloro che avranno la volontà ma soprattutto la forza intellettuale di capire cosa si vuol dire con “Terrorismo islamico ovvero la politicizzazione della follia criminale” ed è certamente da queste questo tipo di menti disposte alla fatica intellettuale che si avranno forse delle soluzioni politiche ai problemi che non siano le soluzioni finali che certi regimi convincono ad intraprendere soprattutto ai consumatori avidi di cronaca nera, una estesa maggioranza purtroppo.
Per questo motivo sono strategiche alla comprensione della gravità delle delitto di queste eliminazioni dal presente, nella versione Industria Culturale Centrale, le direzioni opposte e contrarie in cui le nostre riflessioni si separano diverse volte nei rispettivi articoli: lui non può dire quello che la libertà da indipendente permette di dire nel mio articolo, ovvero che, per esempio” Lo Stato integra una comunità straniera innanzitutto difendendola dalla criminalità interna ad essa, perché una comunità straniera non ha uno Stato proprio a cui ricorrere per questo” e che “Essere abbandonati in questo senso dallo Stato ospite significa una integrazione di fatto negata dal cui seno poi ci si deve aspettare appunto odio sociale“ e ancora che “Non avere una priorità del genere in agenda politica da parte del governo -anche del governo Europeo, anzi, forse soprattutto di questo- significa gettare le fondamenta di comunità straniere residenti nel paese barbarizzate dall’assenza della legge, ovvero comunità ghetto in cui si istituirà una supplenza dello Stato di matrice criminale, sul modello delle favelas brasiliane, e che è la realtà appunto delle periferie francesi e belghe che poi hanno generato quello che stiamo vedendo.” Saviano non può dire certe cose nei panni della sua figura non perché non sarebbe capace di pensarle, non è questione di intelletto qui, ma di libertà, perché deve rinunciare costitutivamente a farlo dal momento che ciò costituirebbe gravissima una severa condizione di effrazione al suo contratto sociale di membro d’élite dell’Industria Culturale; Industria Culturale che è sempre perbenista, cosa che non contraddice la sua volgarità ma anzi la conferma, come ben esprime questo aforisma tratto proprio da Apocalypse Now: “Noi addestriamo dei giovani a scaricare Napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere “cazzo” sui loro aerei perché è… osceno”, tanto per tornare un attimo al Kurtz di Apocalipse now. Se osasse mettere cosi platealmente una ipoteca sull’operato della governance delle egemonie sociali politiche economiche e culturali di cui è espressione culturale, e sulle responsabilità gravissime delle istituzioni ormai svuotate quasi completamente dei principi per cui furono istituite, dopo la guerra vinta con immenso dolore contro i fascismi, con l’affermazione della democrazia sull’asse cartesiano della Giustizia e della libertà, svuotamento di cui l’Industria Culturale ne è stato uno dei grandi strumenti erosivi, verrebbe a trovarsi in un attrito impensabile inconcepibile e insostenibile con il sistema. Il sistema industriale culturale per essere tale ha bisogno della fluidità dell’ideologia, questo chiede ai suoi adepti, ai suoi membri, ai suoi araldi; di produrla in tutti i gradi di viscosità necessaria alla lubrificazione delle contraddizioni, alla dissipazione dei surriscaldamenti che conseguirebbero dall’attrito del pensiero nella conoscenza delle cose se fosse lasciato essere verità, in quel famoso estenuante processo platonico di conoscenza. Ecco dunque, in questo passaggio della sua riflessione, il viraggio alla falsità ideologica che gli fa sommariamente sparare nel mucchio in questo articolo, autocelebrato da repubblica TV come una rivoluzionaria comprensione dei fatti, affermando che i quartieri islamici stanno con i terroristi, come possiamo leggere nella foto qui in alto.
Non può certo postulare e scrivere, nemmeno come semplice ipotesi, che la rabbia di questi quartieri, dove si riuniscono le minoranze, sia invece la rabbia delle migliaia di vite che gli Stati ospiti hanno lasciato in balia del crimine interno per decenni, come una reggenza vicaria, come l’imperialismo e il colonialismo hanno fatto, sviluppando questa prassi proprio come tecniche di dominio, nei paesi conquistati dominati e sfruttati, da cui provengono le immigrazioni di origine straniera nei nostri paesi, lasciandoli esattamente allo stesso modo li come qui governare da gruppi criminali, un crimine, tornando ora nei quartieri, che essi avrebbero potuto combattere solo accettando di cadere in balia della violenza che non possono esercitare senza cadere in ancora più tragiche conseguenze, e che quindi , ormai consumata la tragedia che getta tutti i musulmani nella tempesta islamofobica, questo intervento dello stato in Belgio, tardo e inutile, dal punto di vista della preservazione dagli odi sociali delle minoranze, abbia suscitato gesti di esasperato sdegno, i pomodori lanciati di cui parla Saviano, per la farsa finale, una incredulità assoluta, quella che Saviano o per sue opportunità strategiche o in una delle sue frequenti eclissi intellettuali scambia per partigianeria. Non può psichicamente permettere a se stesso di lasciarsi andare alla ricerca della verità. Ha degli interessi sociologici e culturali in conflitto e lo comprendiamo, ma l’adesione all’omicidio culturale e sociale dell’altro, che invece queste cose grazie a una maggior libertà, o diciamo semplicemente a mancanza di conflitti di interesse, le aveva identificate dette e scritte , diventa uno zelo raccapricciante ai principi regolatori del Sistema Industriale Culturale.
Cosi come falso ideologico è il racconto nel suo articolo dei quartieri che avrebbero cacciato negli anni settanta i politici , in questo caso le BR soprattutto, perché avrebbero attratto le attenzioni della polizia sulle attività invece dei criminali: è esattamente il contrario, erano i brigadisti e altre sigle a sentire la necessità di stare in quartieri borghesi, ma non perché scacciati da quelli popolari , ma proprio perché i quartieri popolari erano invece soggetti a troppo imprevedibili operazioni di polizia a causa della elevata microcriminalità che vi era residente, e con i cui arresti si poteva mostrare alla pubblica opinione una qualche operatività nei frangenti della drammatica empasse dello Stato negli anni di piombo, mentre i quartieri borghesi, nell’ingenuità sociologica della polizia di allora, non ancora svezzata da anni di lotta all’eversione e dalla postmodernità, erano considerati dalle forze proletarie della polizia, che da quei borghesi erano comandate, santuari e in cui proprio per questo le formazioni eversive si sentivano sufficientemente al sicuro da sorprese – credo che “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri possa completare l’idea. Tanto è vero che la sede storica dell’Autonomia Operaia a Roma è sempre stata nel quartiere popolare e operaio di San Lorenzo e da esso mai scacciata fino alla sua naturale estinzione .
Con una attonita perplessità, per le implicazioni anche contraddittorie in cui è gettato il quotidiano che ha ospitato queste convinzioni –ma questo tanto per dire che non esistono contraddizione reali nell’Industria Culturale ma sempre solo apparenti– Constatiamo poi come Saviano, reiterando in poche righe il parallelismo tra errori della sinistra, tra movimenti eversivi di sinistra, tra compagni che hanno sbagliato e terroristi islamici e aeree semplicemente di persone di credo musulmano, senza mai invece evocare le stragi fasciste, sembra che volontaristicamente stia forzando questo accoppiamento semantico atto a l’emersione di una piena e compiuta compatibilità genetica, e, poi per contaminazione, semantica addirittura, con i governi semplicemente socialisti o socialdemocratici che Saviano fonde insieme al terrorismo islamico e all’eversione di matrice marxista-leninista nel crogiolo del suo pressapochismo che si fa cosi decisamente malevolo. Invece proprio grazie al suggerimento che produce la sua mistificazione della storia, restando sulla falsa riga dei parallelismi di Saviano con l’eversione degli anni 70, ci rendiamo conto di una cosa che effettivamente era sfuggita al pensiero, un dettaglio importantissimo e inquietante ora che lo si riesce a vedere nitidamente stagliato: e cioè che le stragi dell’isis in Europa sono stragi che hanno una totale compatibilità genetica con le stragi di matrice fascista. Con quella pratica. Assomigliano infinitamente di più a queste stragi: Bombe del 25 aprile 1969, Attentati ai treni dell’estate 1969, Strage di Piazza Fontana, Strage di Gioia Tauro, Strage di Peteano, Strage di Piazza della Loggia, Strage dell’Italicus, Strage alla stazione di Bologna, Strage del Rapido 904, che alle esecuzioni di persone da parte dell’eversione di sinistra sempre attuate su individui sempre identificati , nel delirio macabro e criminale di questi gruppi eversivi ovviamente, come colpevoli personalmente di qualcosa contro il proletariato, ma assolutamente mai facendo vittime casuali, sconosciute, mai innestando ordigni che non si sapeva quali vite avrebbero ucciso solo in virtù del caso : vittime casuali invece che erano le vittime preferite dalla metodologia delle stragi di destra, mera produzione di carne umana macellata da mettere sul piatto della bilancia del ricatto politico alla nazione. Premesso il fatto che ci troviamo di fronte a crimini orribili e disgustosi in entrambi i casi, le stragi di persone completamente sconosciute agli assassini caro Saviano sono un cifra esatta del terrorismo fascista. Sono i fascisti che hanno ammazzato facendo esplodere bombe nel mucchio indistinto della società civile donne bambini ragazzi ragazze esattamente come gli attuali terroristi jihadisti, e se dobbiamo fare paralleli facciamoli: è questo il parallelo pertinente, ti è sfuggito.
Questa tua involontaria scoperta, o meglio l’avermela permessa sulle basi del tuo atto di controllo, e di riscrittura, in questo caso, del passato è una scoperta politica fondamentale, importantissima: perché ci rende possibile postulare che le entità che hanno manipolato le follie criminali fasciste andate a mettere bombe sotto le gambe dei bambini nei treni dell’Italia innocente degli anni 70 e 80, –interessati, come moneta politica, alla carne macellata degli innocenti e non ai processi grotteschi e omicidi dei tribunali sedicenti proletario-rivoluzionari, come nel caso della follia criminale del terrorismo rosso atta giustiziare sommariamente coloro che prima di uccidere avevano innanzi tutto condannato per mezzo di un processo, e questo passaggio attraverso il giudizio di un tribunale, ovviamente del tutto fazioso, nella sua criminale mostruosità kafikiana, è la cifra esatta che caratterizza il terrorismo di matrice marxista-leninista, mentre uccidere a caso persone sconosciute tra cui anche eventuali bambini presenti nel gruppo, è proprio la caratterizzazione, la cifra del terrorismo fascista– entità patrocinanti il terrorismo fascista delle stragi scatenante a caso sugli innocenti, sono proprio le entità a cui si dovrebbe indirizzare d’ufficio almeno un filone inquirente sia giudiziario che storico e intellettuale, per vedere se questa corrispondenza di matrice abbia implicazioni concrete nell’attualità di queste prassi terroriste jiadhiste, per comprendere se negli gli arcana imperi del terrorismo fondamentalista attuale vi siano queste implicazioni, indagini da aprire proprio verso quelle entità che la storia ha già accertato, ovvero quelle deviazioni eversive delle istituzioni che manipolarono allora proprio il terrorismo macellaio di destra assolutamente uguale al terrorismo macellaio praticato dalle follie criminali di matrice jiahdista. Terrorismo fascista –necessario ripetere vista la gravita di questa falsificazione della storia -di cui ti sei completamente dimenticato nell’avere evocato i tragici anni di piombo, italianissimi per quanto riguarda le vittime, ma assolutamente internazionali per quanto riguarda i vari burattinai che allestirono i teatri della morte.
Saviano poi non osa, ovviamente non può nella sua posizione, nemmeno sottovoce e in punta di piedi porsi e porre semplicemente la questione in quanto designazione di uno dei tanti necessari campi di indagine, se il Il laissez–faire la criminalità, che ha caratterizzato le politiche di non integrazione entro queste realtà possa rispondere, tante le volte, a una precisa manipolazione su basi razionali da parte di sezioni eversive, cellule tumorali silenti e dormienti nel midollo delle democrazie, magari in seno a servizi, polizie e minoranze eversive minime ma letali negli eserciti, tutte cose, questo tipo di cose, già accadute nella storia recente delle democrazie. Cose che se sono escluse d’ufficio dai dibatti su quello che sta accadendo in europa –basti pensare alle inspiegabili falle nei servizi di sicurezza, non solo belgi ma occidentali – visto che a Bruxelles c’è il comando NATO- , che hanno lasciato compiere gli attentati di Bruxelles- fanno dei dibatti che egli anela ad avere delle retoriche misere ma anche colpevoli omissioni. Non chiedersi, non accertarsi senza ombra di dubbio che non si tratti di questo, anche solo teoricamente, se invece che surreali falle e sbadataggine, l’averli lasciati passare, i terroristi, in quell’aeroporto e in quella metro due giorni dopo la cattura di uno dei terroristi di Parigi, possa indicare anche una atto di volontà eversiva annidata da qualche parte, in sezioni deviate degli Stati, sarebbe semplicemente grottesco e spaventoso. Saviano si limita a chiamare questa mano libera lasciata al crimine endogeno delle minoranze di credo musulmano nei quartieri belgi e francesi, semplice ingenuità da parte delle polizie, specie belga e francese che disegna come polizie quasi naif, per poi intonare, specialmente nell’intervista su repubblica TV, il peana della polizia italiana, sulla sua lunga esperienza nella lotta al terrorismo degli anni di piombo e della mafia in Italia, ma facciamo mente locale un attimo: parliamo di un paese dove, senza che in ciò si possa rintracciare una logica spiegazione, è stata completamente eradicata la lotta armata ma dove ci sono invece 4 regni mafiosi molto vivi più che vegeti, con tanto di corrispettivi eserciti e milizie a tutt’oggi non meno armate che i signori della guerra e della droga somali o afgani, signori quelli somali e afgani per i quali il mondo occidentale si è sentito in dovere di fare delle guerre nelle loro lontanissime nazioni, che qui invece, i nostri signori di guerra e droga, indisturbati gestiscono una ampia fetta di PIL nazionale e sono infiltrati a tutti i livelli dello Stato; per non parlare del fatto, a fronte dei caduti nella lotta alla mafia, che non sappiamo ancora nulla sulle vicende della trattativa Stato/mafia, e per non parlare dell’osceno spettacolo mondiale di un paese in cui un mafioso da 41bis va nel più importante talk show della televisione di stato, detto la terza camera, a esternarsi per ore, come è appena accaduto. E si, ha proprio ragione Saviano , abbiamo proprio di che insegnare al mondo per portare un contributo determinante nella sconfitta del terrorismo, basta che non sia alleato con le mafie però, perchè quelle non siamo riusciti a batterle e vanno ospiti alle tv. Inoltre come riportavo nel mio articolo a proposito del centralissimo quartiere di San Lorenzo a Roma in cui una vasta gang di spacciatori arabi pratica il controllo criminale del territorio tranquillamente, la situazione in Italia non sembra molto diversa dai quartieri francesi e belgi. Invece dimentica nel suo articolo nazionale di ricordare al dibattito assente che Belgio e Francia hanno una secolare tradizione di imperialismo e colonialismo nei paesi africani equatoriali e nord africani, costellata di una infinita serie di barbarie e crimini contro l’umanità come il genocidio da parte dei belgi di 10 milioni -10.000.000-, ripeto d-i-e-c-i -m-i-l-i-o-n-i, di Congolesi, su una popolazione di 25 milioni, massacrati dopo essere stati ridotti in schiavitù in meno di 23 anni, e quindi eserciti, polizie e foreigners affairs office che hanno un know-how enorme in questioni che riguardano l’immigrazione. Basti pensare che la francia ha una Legion Entrangere insomma. Rimando sulla questione alla mia distinzione sulle differenziazioni dell’esercizio del potere tra Creonte ed Edipo, nel primo dei miei articoli assenti dal dibattito nazionale sul terrorismo, pubblicato il 16 novembre 2016..
Sulle comparazioni divergenti, uccise dalla eliminazione del mio pensiero dal presente nazionale della culturale dalla loro potenza nella sfera pubblica, sta bene cosi; saranno i lettori disposti a ulteriore fatica intellettuale perché di questo si tratta di faticare, semmai a mapparle per se stessi.
Per tornare alla questione della eliminazione di autori “non allineati” dal presente storico attuata dall’Industria Culturale aggiungo che era già accaduta una notevole assomiglianza tra un mio articolo e un suo articolo, sempre conseguente al mio, e sempre un pezzo per la Domenica di Repubblica. Scoprendo poi grazie a questa situazione delle voci di plagio letterario che rincorrono Saviano fin sulle sponde dell’atlantico, avevo scritto su questo episodio di assomiglianza ai miei occhi ovviamente fin troppo sospetta, un primo articolo a cui erano seguiti un secondo e un terzo in cui avevo tentato, finendo miseramente appeso ai fili spinati dell’ostracismo culturale, di stabilire un contatto nella sfera pubblica con la sfera pubblica e con Saviano stesso, insomma aspettando una qualche risposta da qualcuno.
Legato alla lezione Foucaultiana sull’illuminismo e su Kant, illuminismo che si era esplicato e sviluppato proprio nel “das publikum” nel dialogo intellettuale allora avvenuto tra le riviste, mi ero illuso, e ancora voglio illudermi, che possa esistere una possibilità che anche da una piccola rivista si possa pretendere di ambire e realmente dialogare nel nostro tempo con altre riviste e altri autori a partire dai contenuti intellettuali delle cose che si scrivono, dalla importanza dei punti che si possono arrivare a toccare e a porre come questioni alla riflessione pubblica e non dalla importanza sociale, dal potere sociale ed economico, dalla potenza industriale-culturale della piattaforma su cui si scrive o dalla firma che si appone a ciò che si è scritto.
Sarebbe veramente una società che nella “minorità” da cui l’illuminismo delle riviste di epoca Kantiana auspicava l’uscita , ci sarebbe rientrata con tutte le scarpe, con l’aggravante che hanno tutte le regressioni, quella in cui un simile atteggiamento di snobismo culturale dovesse essere la regola che governasse le sfere alte e prestigiose della cultura. Il prestigio e l’altezza culturale sarebbero in questo modo tragi-comicamente confusi con una forma paranoide di classismo, razzismo e segregazione culturale consistente nel praticare l’eliminazione degli altri dal presente con la potenza dei mezzi della produzione culturale ostilmente usati come armi verso la volta stellata delle idee e orientata a una pedissequa adorazione invece dei salotti-bene culturali, invece che essere il prestigio espressione di vera aretèia intellettuale la quale si sviluppa ed è espressa nei contenuti delle idee e non nella potenza dei gruppi editoriali o sui numeri delle copie vendute o nella intimità con i salotti televisivi di maggior successo . Purtroppo cosi parrebbe essere.
Lo scambio febbrile ed isonomico tra le idee accadeva con costanza e regolarità paradossalmente proprio all’epoca di Kant quando non esisteva l’immediatezza di una rete di comunicazione come internet, facendoci comprendere ciò quanto la comunicazione dipenda ben più dal desiderio di essa che dai mezzi che dispone:
Persino al tempo di Dante il dibattito tra intellettuali europei e tra europei e arabi non conosceva ostacoli ed era intensissimo. Lo aveva sognato poi come ampliamento democratico della cultura nei suoi scritti sull’arte B.Brecht, inconsapevolmente profetizzando proprio internet, immaginando che un giorno la radio, inventata davanti ai suoi occhi, e che era stata uno strumento decisivo per i fascismi, permettendo un primo contatto sincronico e simultaneo tra duci e ogni singolo membro delle masse, il microfono come prometeico scettro del potere, potesse trasformarsi non solo in un apparecchio ricettivo di una unica fonte ma anche trasmittente da ogni casa e da ogni dove, capace quindi di accendere un dibattito mondiale; Non dovrebbe quanto più accadere oggi che disponiamo di mezzi formidabili? Di fatto non è cosi. O meglio accade ma accade in una direzione a senso unico. Ovvero sono gli autori, magari importanti, delle piccole e piccolissime riviste a tentare di dialogare inutilmente con le proprie argomentazioni con le argomentazioni degli autori, a volte inconsistenti, delle riviste maggiori o delle grandi testate giornalistiche. Ma la potenza di queste ultime si limita invece al saccheggio metodico delle idee delle dimensioni non dotate che di poveri mezzi, cosa che ovviamente non possiamo provare per ma i cui indizi sono ridondantemente sparsi ovunque, e all’uso della propria potenza industriale culturale per stravolgerle deformale corromperle, facendone ciò che meglio credono.
Direi che ci troviamo di fronte a un vero e proprio Imperialismo Culturale, in cui si è lanciata l’Industria Culturale di vecchio stampo, negli spazi di predazioni improvvisamente aperti dallo sviluppo della rete, in cui chi, come all’epoca dell’imperialismo storico, dispone di grandi mezzi , che allora erano i mezzi del monopolio della violenza degli stati uniti alla feroce ricerca di fortuna dei declassati sociali, saccheggia le risorse di chi non ha mezzi per produrre le proprie idee, dopo averli eliminati dal presente. E’ la solita vecchia storia, è sempre violenza, è la violenza espressa in forma di potenza dei mezzi di produzione. Ovviamente una società culturale che avesse mutuato i metodi predatori della società mercantile ultra liberista non avrebbe che baratri davanti al proprio cammino, sarebbe l’anti cultura per eccellenza. Le idee altrui non possono essere macellate e appese come trofei di caccia ai muri del circolo aristocratico dei canottieri di sua maestà il Capitale e di sua maestà la regina l’industria Culturale.
Una menzogna vile e assoluta dunque quella che ha affermato che in questo presente nessuno abbia tentato di dibattere il paradosso della base criminale di terroristi islamisti. Una falsità ideologica che colpisce nei panni dell’autorevolezza di un quotidiano come La Repubblica l’intera vita intellettuale pubblica. A fronte delle poche migliaia di lettori da cui posso ambire di essere letto, Saviano, riprodotto in serie dalla potenza industriale, raggiunge con questa mistificazione ideologica che mi elimina dal presente milioni di persone. Ora se è cosi cruciale, dal momento che lo ha affermato la voce dell’industria culturale, ciò che io ho avevo individuato per primo almeno in Italia allora il loro omicidio sociale è tanto più efferato.
Risposte nel senso di riflessioni su questa mia riflessione dal mondo culturale nazionale? Zero. Risposte di Saviano? Zero. Ecco l’atteggiamento imperialistico culturale. Saviano che è una potenza ormai mediatica, che è esso stesso ormai una Testata giornalistica, la Saviano online, lamenta essere questo aspetto assente nel dibattito pubblico: domanda: è assente nell’essere posto o assente nel non ricevere risposte a questo problema ? risposta assente lo è solo e unicamente a a causa dell’apartheid culturale che, pur lamentando di questa assenza del tema , non ritiene di dovervi rispondere se non lo trova posto unicamente da membri del circolo del canotto delle loro altezze il capitale e l’industria culturale, infatti Saviano citerà poi sul tema, alcuni membri del movimento internazionale dell’Industria Culturale, celebrità come lui giornalistiche e letterarie, ma io e la mia riflessione, in quanto riflessione legata al proprio autore, invece restammo invisibili al suo rango di membro del circolo di canottaggio, e pur avendolo egli ricevuto a domicilio attraverso tutti i tipi di social, il mio articolo resta quello di un untermennen, di un subscrittore, un subpensatore: ma soprattutto di un libero, oscenamente libero, quasi una libertà adamitica, uno per cui nessuno rischierebbe un grammo della propria reputazione di lealtà al movimento della merce osando intesserci un dialogo : homo sacer si però , ovvero solo e semplice giacimento di idee ed espressioni da liberamente saccheggiare facendo fuori il loro selvaggio titolare umano con un bel proiettile silenziato all’indifferenza pesante e senza doverne rispondere a nessuno. Fa forse una qualche differenza che io possa denunciare questa cosa? Non direi.
Quello che conta è se stai o meno su una portaerei culturale, su una corazzata mediatica. Le idee non si sa nemmeno cosa siano se non sono rese moneta legale dalla vidimazione del potere della industria culturale. Parliamoci chiaro. Poi c’è la massa, che consuma idee in quanto idee solo se il capitale si perora di segnalargliele come tali, solo dietro ricetta medica. Cosi devo sopportare il falso ideologico che mi elimina dal presente come dovettero sopportarne infiniti gli intellettuali e gli artisti dissidenti da parte delle arroganze vili degli iscritti nei sindacati degli scrittori fascisti o stalinisti, e sorbire, come un olio di ricino propinatomi mani legate dietro la schiena con l’imbuto catodico, che Saviano venga propinato da una televendita all’interno dello stesso articolo nella sua versione web, come colui che finalmente ha posto alla attenzione della pubblica opinione mondiale l’aspetto criminale del terrorismo islamico. Assistendo al fenomeno di marketing che solo dal momento che Saviano ha scritto questa cosa questa cosa è diventa improvvisamente di rilevanza assoluta mondiale. Ora se era cosi importante perché La Repubblica ha praticato la segregazione culturale e la mia eliminazione dal presente verso i miei articoli che ho regolarmente spedito alla sua redazione direttore e vari giornalisti?
La sensazione di essere saccheggiato, la sensazione di un saccheggio in senso assoluto della dignità sociale psichica e culturale, in poche parole della mia identità, è derivante proprio dalla ferocia di questa segregazione culturale per cui pur anticipando puntualmente le tematiche sono eliminato con un omicidio culturale come i regimi eliminano sempre i non membri del partito dal dibattito pubblico per poi affermare, vedete ? non c’è nessun dibattito! ora apriamo un dibattito ! Se non ci fossero queste eliminazioni, queste vaporizzazioni della mia presenza intellettuale dalla sfera pubblica, questa eliminazione dal presente, penserei semplicemente alla vertenza simultanea su cose che in definitiva sono li in attesa solo di essere comprese da più intelletti. Ma questa selezione in cui mi vedo sempre eliminato, reso irreale, fatto sparire dalla versione nazionale della storia come un desaparecido buttato dagli aerei nell’oceano è la disgustosa prova di una loro coscienza semplicemente lurida.
Alle segregazioni, alle eliminazioni dal presente storico culturale della nazione, agli omicidi sociali culturali e psichici degli artisti e degli intellettuali, seguono poi le usurpazioni instaurate nel vuoto lasciato da queste eliminazioni dalla sfera sociale culturale e politica, dell’insediamento nella sfera pubblica dei personaggi mafiosi, nuovi signori del paese, nuovi casati delle aristocrazie del sangue versato e parassitato, quali il figlio di Toto Riina, nuovo dominus non solo delle potenze mafiose ma anche del regno spettacolare per gli anni a venire, accolto con onori repubblicani di una intervista nazionale il 6 aprile 2016, –ricordatevi questa storica data, questo ulteriore cedimento del livello della soglia della pubblica oscenità superabile soglie il cui superamento e quasi sempre irreversibile- vera e propria investitura ufficiale al mandamento Italia dell’erede della stirpe sanguinaria che ha ucciso Borsellino e Falcone, sul primo canale di stato, giustificata con il diritto di conoscenza e chiamando ora si in causa, come ha fatto Aiello sul Messaggero di oggi 7 aprile, l’illuminismo, di cui ho parlato a ben altro titolo pochi paragrafi sopra.
Siete veramente esecrabili, indegni, vili, osceni, immondi, signori giornalisti, direttori, autori dei maggiori quotidiani e riviste della nazione e scrittori, redattori e capiredattori, voi che praticate queste segregazioni , questi omicidi culturali, sociali e psichici dei migliori di questo paese per sostituirli poi con la feccia mafiosa a cui concedete il dominio del presente che ci avete usurpato, questo controllo che esercitate del presente con una potenza non vostra ma da cui siete completamente dominati e che con la vostra servitù rendete sempre più potente invece di controllarla, vostro antico mandato tradito, spendendo la vostra libertà e il vostro coraggio. Se potessimo vedere le fosse comuni scavate nella immateriale terra della sfera pubblica che dominate solo per la potenza del denaro chissà quanti cadaveri conteremmo di gente a cui la vostra pratica di isolamento assoluto, da carcere totalitario anche se immateriale, ed è proprio questo l’aspetto principalmente criminale del vostro agire, crimine politico contro la libertà della nazione stessa, ha spento loro alla radice il desiderio stesso di partecipare alla vita collettiva e quello di creare. Ecco il senso per cui , in principio di questo scritto, proprio per voi, uccisori psichici e sociali di artisti e intellettuali, che avete culturalmente desertificato questo paese, ho messo quel momento importante del film “Le vite degli altri”; quel momento in cui il tenente colonnello della Stasi Anton Grubitz presentando il nuovo manuale di interrogazione della stasi al capitano Gerd Wiesler -capitano che infine si libererà e redimerà grazie a una poesia di B. Brecth-, gli dice che non ci sarà più bisogno di torcere nemmeno un capello agli artisti come quello che il capitano teneva sotto osservazione, che si è infine capito che basterà semplicemente isolarlo per alcuni mesi, e che questo isolamento nel 90 per cento dei casi è talmente devastante che una volta liberati quelli a cui è stato inflitto generalmente non provano proprio più il desiderio di scrivere, di creare.
Cari signori dell’industria culturale, quello del tenente colonnello della Stasi Anton Grubitz è il volto che da oggi, dal momento della pubblicazione di questo scritto sarà idealmente appeso sui vostri letti, nelle vostre belle camere piccolo borghesi meschine e feroci. E’ il vostro volto, quello con cui da ora in poi dovrete specchiarvi al mattino , quello con cui vi sdraierete ogni notte per il resto delle vostre tristissime vite: il tenente colonnello della Stasi Anton Grubitz siete voi manipolo prezzolato di eliminatori e predoni culturali che praticate il controllo del presente ostracizzando l’altro da voi dalla sfera pubblica che dominate con la potenza del denaro invece che con le idee: sei tu direttore, sei tu caporedattore, sei tu giornalista culturale, sei tu pseudo intellettuale scrivano da allevamento editoriale da quattro o quattromila o quattromilioni di soldi.
Solo i pessimisti che non credono più nella vita umana e nella dimensione storica di essa si danno a comportamenti immorali e osceni come i vostri, perché già morti e senza nessuna capacità di abitare moralmente, nel presente, il futuro degli esseri umani come il luogo in cui si verrà giudicati, amati o disprezzati per tutto il tempo dell’umanità nel mondo. Forse è vero che abbiamo davanti alcuni nuovi secoli bui preda della violenza che servite, ma risorgeremo ancora in altri rinascimenti e in nuovi evi che verranno a cercarci o che semplicemente incapperanno nelle tracce delle nostre vite, giudicando le azioni con cui abbiamo illuminato i tempi bui o le meschinità con cui li abbiamo resi ancora più lugubri. I giusti, quelli che hanno avuto coraggio, risorgeranno nella memoria. Gli indegni saranno disprezzati e in questo disprezzo finalmente per sempre sepolti; molti, moltissimi di Voi.
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In memoria di Aldo Rosselli, Giovani Falcone e Paolo Borsellino.
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