Non sono ancora stati pubblicati tutti i risultati completi del mid-term election day, tenutosi martedì 6 novembre in tutti gli Stati Uniti. In palio c’era l’elezione della House of Representatives, la camera bassa composta da 435 seggi, ed il rinnovamento di 33 dei 100 seggi che compongono il Senato. In contemporanea si sono tenute anche le elezioni per l’elezione di trentanove governatori dei singoli stati federati, di cui parleremo in un prossimo articolo.
Come da tradizione, le mid-term elections non hanno sorriso al presidente in carica: in tempi recenti, Barack Obama, in occasione del suo primo mandato, aveva subito una sonora sconfitta, che comunque non gli aveva poi impedito di essere confermato alla presidenza per un secondo quadriennio. I sondaggi, del resto, davano per certa la sconfitta dei Repubblicani di Donald Trump alla House of Representatives, dove la rielezione di tutti i seggi non lasciava scampo all’inquilino della Casa Bianca.
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Al termine delle prime operazioni di spoglio, il New York Times ha immediatamente pubblicato la notizia della vittoria dei Democratici alla Camera, visto che il partito di opposizione aveva bisogno di guadagnare almeno venticinque seggi per ottenere la maggioranza rispetto alla precedente legislatura. Lo stesso quotidiano ha parlato di “blue wave“, ovvero “ondata blu” (il colore che rappresenta i Dems, in contrapposizione al rosso dei Repubblicani), rendendo nota la vittoria di almeno 222 seggi per il Democratic Party, contro i 218 necessari per ottenere la maggioranza. Il Republican Party, dal canto suo, si è assicurato 196 deputati, mentre diciassette seggi ancora non sono stati ufficializzati.
Soprattutto, ancora il NYT ha sottolineato come il vero termometro di questa sconfitta di Donald Trump – il quale aveva puntato fortemente su queste mid-term elections, trasformandole in un referendum sulla propria persona – sia rappresentato dal fatto che in ben 317 collegi elettorali i Democratici abbiano ottenuto più voti rispetto alle elezioni di due anni fa, anche se solamente trenta di questi hanno effettivamente cambiato colore. Considerando la media nazionale, poi, i Dems hanno guadagnato dieci punti percentuali, tutti dati che evidenziano un chiaro trend in favore del partito di opposizione alla presidenza.
Allo stesso tempo, però, Trump ha i suoi motivi per mantenere l’ottimismo. I Democratici, infatti, realizzarono un “flip” (“ribaltone”) molto più netto nel 2006, durante il secondo mandato presidenziale di George W. Bush, e gli stessi Repubblicani ottennero un incremento di diciannove punti percentuali nel 2010, durante il già ricordato primo mandato di Obama. Considerando che le mid-term elections, in genere, dicono male al presidente in carica, la sconfitta di Trump non sembra poi così tragica, tanto che “Orange Man” ha addirittura potuto parlare di “vittoria” davanti ai media.
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All’accettabile sconfitta repubblicana nella camera bassa, si aggiunge poi il mantenimento della maggioranza al Senato, che detiene un potere certamente maggiore rispetto alla House of Representatives. Anche in questo caso, i risultati pubblicati fino ad ora hanno confermato le previsioni dei sondaggi, anche perché i Repubblicani dovevano difendere solamente nove seggi, contro i ventiquattro dei Dems, di cui dieci in Stati dove Trump aveva vinto alle presidenziali di due anni fa, mentre i Repubblicani doveveano difendere un solo seggio in uno Stato che aveva preferito Hillary Clinto. Secondo gli analisti politici statunitensi, del resto, nessun partito ha mai affrontato un0’elezione partendo da una situazione così sfavorevole. Con le vittorie in Indiana, Missouri e North Dakota, il partito del presidente si è garantito di fatto il mantenimento della maggioranza.
Con questo risultato, dunque, Donald Trump dovrà preoccuparsi di contrattare con la maggioranza democratica alla House of Representatives, ma avrà ancora dalla sua il Senato: una situazione nettamente migliore rispetto a quella affrontata quattro anni fa da Obama, che alle mid-term elections perse il controllo della camera alta, evento che rappresentò quasi una fine mandato anticipata per il primo presidente afro-americano. Resteranno delusi gli anti-trumpisti che già avevano invocato la procedura di impeachment per il presidente.