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I danni dell’alta velocità in Italia

Postato il Gennaio 15, 2016 Giulio Chinappi 0

Per leggere questo articolo ti servono: 4 minuti

Come ben sa chi è abituato a leggere ciò che scrivo, raramente mi trovo a raccontare episodi che mi riguardano direttamente. Quest’articolo nasce però da quello che ho potuto – o meglio, ho dovuto – sperimentare negli ultimi giorni viaggiando sulla tratta ferroviaria Roma-Formia. In passato, da studente universitario, ero abituato a percorrerla due volte a settimana e – al netto dei soliti ritardi – avevo una certa facilità nel reperire treni che mi portassero dall’una all’altra stazione. Poiché Formia è servita sia dai treni regionali che dagli intercity, era disponibile pressapoco un treno ogni mezz’ora da Roma Termini, e, negli orari più trafficati, potevano essere anche di più.

La situazione è però lentamente cambiata da quando è andata sviluppandosi la rete dell’alta velocità. In questo caso parliamo della tratta Roma-Napoli, oggi servita sia dal servizio pubblico di Trenitalia, con Frecciarossa, che da quello privato, con Italo. Ed io, giunto alla stazione di Roma Termini attorno alle 12:40, ho dovuto aspettare quasi un’ora per il regionale delle 13:36, mentre partivano ben quattro treni ad alta velocità nella stessa direzione: due Frecciarossa per Napoli, un Frecciarossa per Salerno ed Italo ancora per Napoli.

Lungi da noi il voler condannare in toto la linea ad alta velocità, ma certamente non può passare inosservato l’indebolimento della rete di trasporti regionali a fronte di un netto incremento delle tratte dirette tra le città più importanti. Il tutto mettendo in difficoltà i tanti pendolari – studenti e lavoratori – che ogni giorno vanno verso Roma o verso Napoli dalle province di Latina e Caserta.

Il problema, del resto, non è certamente nuovo. Già nel 2008, quando il progetto dell’alta velocità in Italia era ancora agli albori, la Società Geografica Italiana avvertiva: “Nell’ambito ferroviario, il trasporto regionale sembra essere abbandonato a se stesso: se è vero che si progettano ed entrano in servizio treni superveloci, e sempre più confortevoli, non va dimenticato che il pendolarismo intraregionale soffre di disservizi che sembrano ormai cronici. Si rischia quell’effetto ‘direttrice’ che tende a concentrare attorno ai grandi assi di comunicazione e ai terminali ferroviari dell’alta velocità le opportunità di sviluppo territoriale”.

Non si tratta dunque solamente di un disagio per i pendolari, ma di una strategia di sviluppo economico che così facendo va ad avvantaggiare sempre più le grandi città a discapito dei centri medio-piccoli: “Accanto allo sviluppo di grandi assi, in sostanza, andrebbero a nostro avviso previsti anche interventi consistenti nella realizzazione delle maglie più fitte della rete dei trasporti, per permettere a territori sempre più ampi di beneficiare dell’impatto, laddove questo sia positivo, di un’infrastruttura”, scriveva ancora la SGI nel proprio Atlante dei Trasporti in Italia.

Coloro che sostengono a tutti i costi le linee ad alta velocità, rispondono che queste sono in realtà concepite come forma concorrenziale e meno inquinante nei confronti del traffico aereo nazionale, e che dunque non danneggiano il traffico regionale. Questo è in teoria vero, ma non lo è in pratica nel momento in cui c’è un coagulo di treni ad alta velocità nell’arco di pochi minuti verso la stessa direzione (treni, peraltro, quasi mai pieni), il tutto accentuato dalla presenza – per la prima volta nella storia del trasporto ferroviario italiano – di un treno appartenente ad una compagnia privata.

La conseguenza di tutto quanto appena descritto è l’isolamento progressivo di alcune aree del Paese dai grandi centri, con evidenti ripercussioni economiche negative su cittadine sempre più difficili da raggiungere: “Lo spazio delle relazioni economiche è percepito come quello raggiungibile in giornata, senza programmare un viaggio”, secondo la SGI. Gianfranco Lizza, ci ricorda invece che “un’efficiente rete dei trasporti è il principio cardine su cui poggia lo sviluppo del sistema Paese” e che i trasporti “rappresentano il motore del moderno sviluppo economico e sociale e, al tempo stesso, costituiscono l’elemento indispensabile per la coesione nazionale”. “Trasporti e comunicazioni“, aggiunge ancora Lizza, “devono essere considerati la rete attraverso la quale le diverse regioni e aree geografiche si ‘avvicinano‘“. Già nel 1954, peraltro, i britannici Harold Ullman ed Edward Mayer avevano considerato che i trasporti rappresentano “una misura delle relazioni fra aree“.

Basandoci su queste considerazioni, dunque, i “nodi” (secondo la definizione di Taaffe e Gauthier*) di Roma e Napoli sarebbero appartenenti ad uno stesso spazio economico grazie all’alta velocità, ma si rischia di escludere da questo spazio i tanti centri che si trovano nel mezzo della tratta ferroviaria: paradossalmente, dunque, Napoli è più vicina a Roma di quanto non lo siano Formia o Latina. E questo è altrettanto vero per le altre tratte servite dall’alta velocità: consideriamo, ad esempio, il tragitto Bologna-Milano, che passa per centri come Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza. Quest’area, ignorata dall’alta velocità, concentra da sola una cifra che oscilla tra il 10 ed il 15% del PIL nazionale. Fortunatamente per gli emiliani, il trasporto ferroviario nel settentrione del Paese è più efficiente e sviluppato rispetto a quello dell’area centro-meridionale, quindi forse non incorreranno negli stessi disagi dei viaggiatori della tratta Roma-Napoli.

Parlando di alta velocità, abbiamo volutamente tralasciato il noto e discusso caso della Val di Susa e della direttrice Torino-Lione, che rappresenta un caso assolutamente sui generis per le mobilitazioni e l’interesse mediatico che ne sono scaturiti. Anche in questo caso, ci limiteremo a citare la Società Geografica Italiana quando affermava che “si rischia che l’effettivo beneficio economico dell’opera (se esistente) non arrivi a giustificare la spesa necessaria“.

* “Le città che sono collegate da vie di comunicazione si comportano come nodi nell’assetto di trasporto […]. Un problema di fondamentale importanza riguarda l’accessibilità relativa di questi nodi“.

OPERE DI RIFERIMENTO

  • Società Geografica Italiana, Atlante dei Trasporti in Italia, 2008.
  • Gianfranco Lizza, Geopolitica, 2008 (Capitolo 8.4, Comunicazione e movimento).
  • Harold Ullman & Edward Mayer, Transportation Geography, 1954.
  • Harold Ullman, The Role of Transportation an the Bases of Interaction, 1956.
  • Edward James Taaffe & Howard Gauthier, Geography of Transportation, 1973.
#Alta Velocità#trasporti#Trasporti Pubblici#Treni#Trenitalia

Pubblicato da

Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato in "Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale" all'Università "La Sapienza" di Roma, e successivamente in "Scienze della Popolazione e dello Sviluppo" presso l'Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate online. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, "Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam", Paese nel quale risiede tuttora.


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