l gioco d’azzardo è una vera e propria piaga, che ho conosciuto molto da vicino quando ho collaborato con Marco Baldini. Una piaga che, oltre ad avere un costo di decine di miliardi di euro l’anno per lo Stato (date le cure necessarie a chi si rende conto di soffrirne e vuole giustamente guarirne), distrugge intere famiglie, rovinando anche giovani e giovanissimi.
Ultimamente, per le vicende connesse a Matteo Saba, ho visto che anche un noto streamer su Twitch, “Il Gabbrone”, ha ammesso di essere dipendente dal gioco (e in effetti sono innumerevoli le live che lo vedono impegnato in ore e ore di gioco ai casinò online).
Ora, l’associazione “Acquirenti” (APS), con la quale Fufflix ha di recente avviato una collaborazione per sostenere ancor meglio la lotta a tutela dei consumatori, mi ha girato un articolo che mi ha lasciato sgomento.
In pratica, grazie a loro, ho scoperto che esistono addirittura dei giochi d’azzardo per bambini. Tranquillamente reperibili online e nei negozi (vedi foto). Sì, avete letto bene: giochi d’azzardo per minorenni, che possono iniziare fin da piccolissimi ad entrare in confidenza con il bianco o rosso, la roulette francese, i dadi, le slot machine e quindi esattamente quel tipo di gioco basato esclusivamente sulla fortuna.
Un “gioco”, con obbligo di virgolette, che attiva proprio quel tipo di stimoli chimici che possono portare al vero e proprio disturbo patologico; alla dipendenza.
Vi condivido, di seguito, alcune riflessioni dall’articolo a firma dell’avvocato Nicoletta Polmonari e dell’avvocato Elisa Piacentini, entrambe madri di minorenni.
Piacentini, in particolare, racconta di aver trovato il primo gioco, con indicazione d’utilizzo già dai 4 anni, sfogliando il catalogo di un noto negozio di giocattoli: “A un certo punto un gioco attrae tantissimo l’attenzione di mio figlio. L’età consigliata è indicata come 4+. Inizio a leggere con lui la descrizione e mi accorgo che il meccanismo è esattamente quello di una slot-machine: più giochi monetine al momento “giusto” più possibilità hai di realizzare il jackpot. Anche il nome non lascia adito a dubbi”.
Del resto, continua Piacentini con una riflessione che trovo condivisibile: “La capacità di critica e autocontrollo è molto soggettiva, non sappiamo se e quale effetto l’uso di certi meccanismi ricreativi potrà causare, ma di certo non possiamo ignorare i pericoli”.
ANCHE NEI VIDEOGAME
Polmonari, mamma di un bimbo di 9 anni, racconta invece la sua esperienza più vicina al mondo dei “videogiochi e giochi online, presenti sia sulle piattaforme di PS che sugli onnipresenti smartphone”.
Anche in quei casi, come noto, soprattutto per videogiochi rivolti anche a minorenni, che naturalmente di base non posso acquistare con denaro proprio, per raggiungere potenziamenti, superare livelli, ottenere personaggi migliori ecc, esistono meccanismi direttamente connessi a scommesse e ricompense.
Come racconta l’avvocato: “Mi sono seduta accanto a lui e ho iniziato ad osservare con quale meccanismo riusciva a “vincere” forza, vite in più, grandi campioni…e mi sono accorta che quasi sempre la meccanica alla base della ricompensa è una scommessa. Puntare tutto quello che si è guadagnato, nella speranza di essere fortunati. Eccola lì la “stanza segreta”, quel giro di roulette o quella leva sulla slot machine che lui fa partire sullo schermo con le sue dita veloci!”.
E la riflessione finale che ho letto, alla fine, da padre di tre bimbi ancora piccoli (3 anni e mezzo, due e mezzo e 4 mesi), che ci tengo a riportare integralmente per invitare ad una serie riflessione su questi temi, che non riguardano solo i genitori, ma chiunque abbia interesse nel tutelare le future generazioni dal rischio della ludopatia:“Lui è già abbastanza grande per distinguere un gioco dalla realtà, ma non può ancora capire che chi ha creato e ideato quel meccanismo (che si ritrova, ahimè, ormai ovunque nei videogiochi, vista la natura altamente remunerativa – e altamente assuefacente – delle microtransazioni) non l’ha fatto per farlo divertire, ma per creare dipendenza”.
Esatto: i sistemi di gamification, strutturati in un certo tipo, sono accuratamente studiati per creare una forma di “addiction” in chi gioca, spingendo poi magari a mettere mano al portafogli per velocizzare/semplificare i progressi.
Quando però ci rivolgiamo a bambini che hanno addirittura meno di 14 anni, spingerli a scommettere di continuo per ottenere vittorie basate appunto sulla fortuna, può essere un primo terreno di semina per future dipendenza dal gioco.
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