Laura Canali , artista Geo-poeta
[citazione cit=”Poni scritto il nome di Dio in un loco, e ponvi la sua figura a riscontro: vedrai quale fia più riverita” fonte=”Leonardo Da Vinci – Trattato della Pittura”]
Prefazione
Artista molto particolare nel panorama dell’arte italiano, Laura Canali, sbarcherà l’11 dicembre nel cuore della Città di Tokyio per l’esposizione all’Auditorium Umberto Agnelli dell’Istituto Italiano di Cultura, di “Due facce della Terra“, ovvero una mostra delle sue carte geopolitiche che da anni realizza per -e con- il think tank geopolitico della rivista Limes, fondata da Lucio Caracciolo.
Tra Lucio Caracciolo e Laura Canali che sono marito e moglie corre dunque una intensa relazione non solo sentimentale ma anche intellettuale, come quella che ha unito altre coppie che oltre alla vita hanno coltivato una comune dimensione culturale in maniera forte, possiamo pensare ai Curie nella scienza, ma anche a Moravia-Morante nella letteratura, o ai Moser, ai Cori , ai Myrdal e insomma c’è una lunga e nobile genealogia di coppie nella vita e anche nella scienza o nell’arte. In questo caso, con l’arte e la scienza, intorno al cardine della geopolitica.
Le bellissime Lectio magistralis o le conferenze di apertura o chiusura, ad esempio dei festival di Limes, che da alcuni anni ormai si tengono nel Palazzo Ducale di Genova, tenute da Lucio Caracciolo sullo stato del mondo, ma soprattutto i testi della storica rivista italiana di Geopolitica, sono sempre un fitto dialogo tra la parola, di Lucio Caracciolo, o degli altri autori e le bellissime mappe di Laura Canali, stampate o proiettate, che illustrano le complessità teoriche e fattuali traducendole in una opera di segni sui tópoi geografici: parola e imago costituiscono in questo caso i fuochi prospettici dal cui incrocio si tridimensionalizza via via il senso .
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Da questa attività di cartografa geopolitica Laura Canali ha fondato una sua ricerca artistica che, libera dalla istanza della riflessione scientifica, si trasforma nella geopoetica, come da lei stessa definita. E dunque a fianco di questa attività di Cartografa, ma anche insieme a questa attività, Laura Canali ha aperto una dimensione espressiva completamente autonoma, liberata da scopi concettuali geopolitici per riemergere in una sfera della espressione, che però non si lascia dietro tutto ciò che ha conosciuto come esploratrice di mondi e come mediatrice e traduttrice tra lo sguardo pubblico e il pensiero degli analisti politici, trasformando questi contenuti in “historie” – parola che per inciso deriva dalla radice del greco Orao (ὁράω) , vedere, che nel futuro anteriore e in altri tempi significa anche sapere– come creatrice pura.
Laura Canali, con cui ci siamo conosciuti proprio alcuni anni or sono esponendo insieme in una mostra collettiva a via Giulia a Roma, che aveva come tema l’Europa, è dunque una artista sempre più conosciuta e che si va sempre di più costruendo un suo posto molto originale nel panorama artistico, e che con con le sue mostre ha intessuto importanti dialoghi con il pubblico, con giovani curatori, critici e cultura d’arte molto significativi, di cui leggeremo ora alcuni interventi a seguire, i testi, a parte il mio intervento, provengono per gentile concessione dell’artista dai cataloghi di due grandi esposizioni delle sue opere. Una, “TRASPARE-iN-TE“, tenuta alla Fondazione Ducci, presieduta da Paolo Ducci Ferraro di Castiglione, è stata presentata da Claudio Strinati, l’altra, “Scusate L’amore“, organizzata alle Case Romane del Celio, dal giovane quanto geniale curator e critico d’arte, Nicolas Ballario, il quale in catalogo tiene molto a ringraziare particolarmente Marisa di Bartolomei, così che vogliamo che questo ringraziamento non vada perduto sulle nostre colonne.
Mi è sembrata ottima cosa per la Cultura di YOUng riunire in uno speciale tutto questo materiale che cosi resta, immediatamente, tanto fruibile allo storico dell’arte, come allo studente, quanto al lettore semplicemente appassionato d’arte.
David Colantoni
CLAUDIO STRINATI
Un modello di vita e di comportamento riflesso dentro una serie di progetti artistici unificati da un’esigenza primaria e ineludibile: la poesia. Laura Canali nasce come cartografa e nella cartografia rintraccia da subito quell’ afflato poetico che sovente è veicolato a noi dalla Scienza, senza che ce ne rendiamo ben conto. La cartografia è descrizione grafica e descrizione di realtà ben concrete perché disegna il mondo in cui viviamo.
Ma, come tale, è totalmente astratta. La realtà naturale viene fissata in un sistema di segni e di colori che ci appaiono assolutamente attendibili ripeto a ciò che vogliono e debbono rappresentare ma sono soltanto l’immagine di un’ ipotesi di verosimile non del vero. Corrispondono cioè, a un’idea precostituita di realtà ma hanno un rapporto del tutto mediato e intellettuale con la realtà stessa. Ben lo sapevano gli antichi che nelle loro carte geografiche e nei loro mappamondi inserivano immagini reali di paesaggio: alberi, laghi, fiumi, ma non trascritti in segni convenzionali secondo un metodo scientifico ma naturalisticamente rappresentati come nella Galleria delle Carte Geografiche in Vaticano, ordinata da Gregorio XIII nella seconda metà del Cinquecento.
Laura Canali ha calato nella sua attività creativa questo paradosso magistrale estraendone appunto quella quintessenza poetica che ha avvertito e avverte nei versi di un Andrea Zanzotto o piuttosto di Walt Whitman, dipanando di opera in opera un suo racconto visivo che fa letteralmente esplodere l’idea tecnica della carta geografica per metterne in evidenza la sua peculiarità latente di rappresentazione appunto astratta, ma di fatto concretissima, dei moti dell’animo e delle più segrete aspirazioni dell’ essere umano. Incontri e scontri, sovrapposizioni, transizioni dal solido al liquido e viceversa. Sono soltanto alcuni dei temi cruciali che l’artista rintraccia e insegue nel suo lavoro. Ed è l’idea por-tante della mostra che ruota intorno alla concezione e rappresentazione dell’acqua. La roccia e il mare sono contigui nella visione della Canali e lo sono nella realtà fisica e in quella morale interiore.
Le immagini formulate dalla Canali sono cellule, filamenti, connessioni, residui di una sorta di ideale scompaginamento, razionale e emotivo insieme, della mappa cartografia. Nella scienza cartografica, infatti, c’è un limite, intrinseco alla disciplina, insuperabile: il limi-te stesso. Cioè il confine, e tutto il lavoro artistico della Canali consiste nell’affrontare questo problema. Come si fa a rappresentare il limite e, nel contempo, l’uscita dal limite stesso?
É il problema, a ben vedere, di tutta la nostra vita e tutti ce lo poniamo. La Canali se lo pone in un modo suggestivo, personalissimo e in qualche modo paradossale ma di quel paradosso che è sovente la quintessenza dell’arte in sé .
Se lo pone, insomma, facendo decantare la sua competenza scientifica in poesia e il risultato è di notevole suggestione e di ammirevole qualità forma-le e sostanziale.
I suoi quadri emanano una luce poetica e una eleganza subliminale degne delle grandi avventure figure É psicanalisi della forma pittorica e tessuto connettivo dei nostri pensieri.
Acqua e fuoco si contrastano e sono compresenti nelle immagini, e la mostra attuale è una specie di fonte meravigliosa, come dice l’artista stessa, che incanta e diletta mentre sottopone alla attenzione generale problemi di gigantesco impatto sulla nostra stessa esistenza. Certo.
È una cartografia dell’immaginario, una sorta di metafora di quella idea “liquida” del mondo che tanto ha condizionato la riflessione e persino l’ideologia degli ultimi tempi, determinando un concetto, quello del “postmoderno” che è servito come chiave interpretativa di una infinità di fenomeni, in campo scientifico come in campo artistico.
L’ argomento principe dell’opera della Canali è quello dei cambiamenti interiori che si vedono rappresentati su una mappa che è ovviamente mappa dell’ anima ma ben leggibile nella varietà della Natura.
Esplosione e implosione. Sconnessioni e connessioni. Allontanamenti e avvicinamenti.
É la realtà elementare del quotidiano e insieme la più remota e eletta aspirazione dell’essere vivente.
Il lavoro artistico della Canali rifulge in questa singolare dimensione che in definitiva è quella dell’ esserci e del non esserci, argomento eterno che già preoccupava il principe Amleto.
Claudio Strinati Nato a Roma nel 1948, si è laureato nel 1970 in Lettere moderne, con specializzazione in Storia dell’arte, all’Università di Roma. Dopo aver insegnato in alcuni licei e al Conservatorio di Musica di Frosinone, dal 1974 Claudio Strinati ha lavorato nel Ministero per i beni culturali e ambientali, prima presso la Soprintendenza della Liguria e successivamente in quella di Roma. Dal 1991 al 2009 è stato soprintendente per il Polo museale romano e in tale veste si è impegnato nella riorganizzazione di alcuni musei della Capitale.
Strinati ha ideato e organizzato importanti mostre d’arte, in Italia e all’estero, dedicate, tra gli altri, a Sebastiano del Piombo, Caravaggio e i caravaggeschi, Raffaello, Tiziano, Tiepolo. Come divulgatore di storia dell’arte ha condotto alcune trasmissioni televive, come Divini Devoti trasmessa da Rai5 in dieci puntate nel 2014, e collaborato con quotidiani e riviste.
Esperto di pittura e scultura del Rinascimento e del Seicento, Strinati è competente anche nel campo musicale[4] e ha collaborato con il Dizionario Biografico degli Italiani edito dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana
DAVID COLANTONI
Penelope
Disegno e tessuto. Trama e Ordito. Spola e Nave. Scia della rotta e colore sulla mappa. Tessere come infiniti approdi e fughe. Ascissa e ordinata del telaio e latitudine e longitudine terrestri.
Il tappeto è la metafora empirica perfetta dell’esistente geografico, e spiccarlo infine dal telaio, è decretare in ogni adesso il conosciuto, l’episteme. Mettermi mentalmente di fronte al lavoro e all’opera di Laura mi trasferisce immediatamente nel mondo Omerico, e sono nell’Odissea, che insieme alle sacre scritture, è una della grande eliche del DNA da cui si alza e cammina attraverso i secoli la nostra grandiosa cultura.
L’Odissea è opera geografico-geopolitica per eccellenza e insieme poesia suprema. Disajecta membra, queste, che ritroviamo tutte coinvolte nella materia che passa nelle mani e per lo spirito di Laura per essere tessute nelle sue opere.
Il lavoro di Cartografa di Laura, e acutamente Strinati apre proprio su questa dimensione in catalogo il suo pezzo, è consustanziale alla sua opera di Artista, ricongiungendo in ciò le due categorie di Lavoro e Opera che Arendt giustamente rimproverava Marx di non aver distinte, e rimanda alla immagine o alla essenza Mitopoietica di Penelope, la tessitrice.
La cui incessante attività di tessere e disfare è opera-azione pantografica e quindi mimetica ma anche segreta sorgente, non fosse altro per il suo generare la volontà del ritorno, del nostos, dei viaggi e degli approdi mediterranei e geopolitici di Ulisse, le due azioni, dell’uno e dell’altra, si svolgono connesse da un nesso intimo che per noi è immediatamente rappresentato dal campo di forza dell’amore che unisce attraverso il mare e le terre, e che le fa misteriosamente essere pulsione l’una dell’altra, e non certo a caso la mente e le visioni della sapienza poietica arcaica hanno connesso nell’Odissea, in uno stesso destino familiare e mito universale, spola e nave , cosa che tangenzialmente percepiamo gravida di ulteriori e profondissime significanze che dovevano parlare ben altrimenti alle qualità intellettuali di quella antichissima e splendida umanità .
[sostieni]
Cosi il ricominciamento aurorale di ogni notturno disfacimento del tappeto della omerica Penelope che tesseva proiettando sullo schermo del telaio con la propria immaginazione le probabili rotte solcate da Ulisse è anche esso metafora, metafora della nascita di una, due, tre, infinite opere che si ricominciano le une nelle altre per ingannare il tempo e costringerlo a un inseguimento, attraverso le ere che si concludono in ogni conclusione di opera, proprio come scrive in catalogo Lucio Caracciolo nel “Tempo di Laura”.
Le opere di Laura in questo contesto diventano tutti i tappeti tessuti e disfatti da Penelope nel divenire geopolitico del suo tempo e che finalmente ci sono presentati in una ipotesi attuale quanto ancestrale stampata sulla serie dell’ alluminio graffiato che sembra la superficie di un mare vista dallo sguardo onirico di un sogno su di esso lievitante.
Laura Canali lavora alla cartografia geopolitica tessendo linee e colori continuamente connessa perciò al significato dei suoi segni, che per inciso sono i tremendi segni di tutti i nostri destini umani, che, come diceva Hannah Arendt, non hanno altro luogo nell’universo che la terra per essere, destini delle nostre fortune, delle nostre disgrazie o miracoli, che sono come fili che scorrono tesi dai fusi piantati in quelli che un tempo erano stati regni, regge micenee o imperi sumeri o babilonesi o egizi, e che oggi sono Stati o aeree geografiche, ma anche luoghi di nascita di divinità o creature che hanno finito per trasformarsi nelle articolazioni della cultura stessa, come suggerirono in “dialettica dell’illuminismo” Horkeimer e Adorno.
E sono ancora incontri che la sua penna o pennello hanno con guerre, conflitti, esili, naufragi, attese di ritorni, speranze di approdi, o miracolosi paradisi di cui non comprendiamo abbastanza l’inestimabile valore finché non sono in pericolo, che dopo 2000 anni intrecciano il suo colore e il suo segno, nell’evocare rappresentando, attraverso il mare , l’intero terrestre nell’ordito del suo racconto.
Il suo inconscio deve dunque necessariamente essersi inoltrato in milioni e milioni di avventure tracciate pantograficamente nell’atto magico e primitivo del disegno dalla sua mano, di cui la sua coscienza ne è solo superficialmente consapevole, ma che in arcana maniera devono invece avere reso alla sua anima anche il terribile download di dolore e strazio umani ma uniti in maniera paradossale alla bellezza mozzafiato della geografia terrestre che è il teatro delle loro rappresentazioni. Penso alla bellezza dei paesaggi e alle città uniche al mondo yemenite, che vedo ancora attraverso l’intenso sguardo poetico e cinematografico pasoliniano, e che una guerra ora sta devastando e profanando, dunque della conoscenza del male che gli uomini infine non hanno mai imparato a non farsi vicendevolmente, e questo pensiero, questa immaginazione mi evoca l’emozione intensa del pianto straziante di Leeloo nel Quinto Elemento di Luc Besson, quando apprende la tragica storia dell’umanità,.
In tutto questo rapporto con la violenza umana che comporta disegnare una mappa geopolitica, che poi sublima in una opera liberata, colore e segno diventano la cauterizzazione della ferita morale-mortale dell’umano, la redenzione del male. Un ritessere con amore di Penelope ogni notte il tessuto dell’amore sfilato dalla violenza per condurci fuori dal labirinto.
NICOLAS BALLARIO
Il fiume carsico
Chi Legge Limes, come il sottoscritto, non è un lettore appassionato, ma qualcuno che ha una forma di dipendenza. Come lo Xanax, Limes dà assuefazione ed è una tossico dipendenza ( come ognuna) prima di tutto estetica.
Laura Canali è la prima pusher che si incontra, perché è lei che veste la rivista di bellezza iconica. Le mappe di Laura Canali sono studiate nelle università di mezzo mondo e il valore lessicale dei suoi tracciati oggi lascia la residenza fissa del magazine per trasformarsi in opera d’arte. Non starò a riassumere il percorso della mappa geografica nella storia dell’arte, antica o recente che sia, ma lasciatemi almeno dire che da sempre contiene in se una componente geografica. Lo storico Ernest Gombrich diceva che l’arte ha due strategie per essere posta in essere. C’è quella che semplicemente rispecchia la realtà, e quindi è perfettamente speculare al mondo e si esaurisce con la funzione della cronaca. Poi c’è quella più profonda, la più comune nella grande arte classica, che noi tutti conosciamo su tela, su superficie piatta.
Gombrich intendeva che l’artista non è nient’altro che un cartografo, un geografo che prende spunti nel mondo e li mette insieme unendoli appunto su una superficie e creando una carta geografica delle emozioni. Infatti nel passato la cartografia non era nelle mani di tecnici ma di artisti, unici ritenuti in grado di rappresentare le caratteristiche del mondo.
Quando ho conosciuto Laura Canali, non mi sono stupito nel conoscere il lato più intimo della sua arte, le tele che lei spesso ha paura di far vedere persino agli amici. E allora eccoci qui alle case romane del Celio, dopo aver forzato la mano e averla costretta a metterli in mostra.
Una esposizione che abbiamo voluto sviluppare come un fiume carsico, capace di penetrare la superficie, scomparire e riapparire in un percorso tracciato che lascia necessariamente spazio agli aspetti più conosciuti e diffusi del lavoro dell’artista. Filo conduttore, inevitabilmente l’amore “scusate l’amore. Si, scusatelo perché entra nelle vostre vite all’improvviso e scombina tutto quello che abbiamo faticosamente ordinato” scrive Laura. È l’architettura dell’essere umano a trovare un sunto in queste opere, una costruzione che si muove tra segni, figure, allusioni, ombre, piroette cromatiche. È Geopoetica allo stato puro, di una vera autrice che racchiude in sé il talento dell’artista e la manualità dell’artigiano. Potrete vedere in queste stanze dunque l’amore, il tempo, la separazione, l’utopia come isole di questo fiume, che oltre a parlarci di tante cose ci mostra la dualità dell’essere umano che ne sanciscono la ricchezza. Caracciolo, Galimberti, Toscani e Elif Şafak sono i curatori di eccellenza e ci raccontano cosa hanno visto in questi lavori. Da parte mia posso dire che rimango come ipnotizzato davanti a queste tele, forse per il valore espressivo intrinseco legato al colore, che consegna al concetto di armonia una efficacia che va ben al di là della “coerenza tonale”.
Laura Canali sa costringere i suoi confini in una posizione subordinata ad altri quando serve, creando simmetrie ed equilibri, dosando pesantezze, dinamicità e sentimento. Spero vi lascerete incantare anche voi.
Nicolas Ballario, classe 1984, ha studiato fotografia alla John Kaverdash School di Milano e all’Accademia Altieri di Roma. Vede i suoi natali professionali a 20 anni nella Factory di Oliviero Toscani, della quale diventa poi Responsabile Culturale. Curatore e giornalista, ha collaborato con Il Giornale dell’Arte, SkyArteHD, l’Espresso e con molte istituzioni artistiche (la Biennale di Venezia, Arte Fiera a Bologna, il festival di Spoleto per citarne alcune). Attualmente è autore e conduttore dei programmi di arte contemporanea di Radio Uno Rai, curatore del settore arte di Rolling Stone Magazine e responsabile del settore arte contemporanea di Arthemisia, la più importante società in Italia per la produzione di mostre. Realizza ogni settimana la trasmissione sull’architettura “Fatto in Italia” su Radio Radicale (per la quale ha vinto nel 2016 il premio Bassani, il più importante riconoscimento a livello nazionale per giornalisti che si sono distinti nel campo della tutela culturale e ambientale) e scrive su Living del Corriere della Sera. È stato curatore di numerosi cataloghi d’arte, ma anche di volumi aziendali molto importanti: a 23 anni è stato il capo della redazione creativa dell’almanacco ufficiale dei 100 anni dell’Inter, esperienza che lo ha poi portato (10 anni dopo) alla curatela e direzione artistica di quello dei 110 anni. Attualmente sta curando il grande volume celebrativo per i 200 anni del Sigaro Toscano.
UMBERTO GALIMBERTI
Le ali della farfalla
Laura Canali disegna per Limes le mappe delle terre contese, dai confini mobili, di continuo spostati e messi in questione dall’odio degli uomini che hanno delimitato non solo le terre ma anche le acque dei mari, divenute “territoriali”, e perciò anch’esse segni di divisione, dove è possibile leggere l’odio cieco dei loro cuori esangui, e per questo cattivi.
A contrastare la violenza dei cuori, invincibili negli odi, per Laura Canali c’è solo l’amore, che ha come suo primo tratto quello di essere il simbolo del senza-confine, e perciò in grado di dischiudere spazi e tempi che conoscono solo la luce del giorno che cancella le ombre e il buio della notte che alimenta passioni che non sono cieche, ma visionarie.
Senza più confini e senza più divisioni, chi accede alla forza dell’amore, che Laura Canali chiama “la Spinta primordiale della terra” , prende a conoscere come il piacere si intreccia al dolore, la maledizione con la benedizione, la luce del giorno con il buio della notte, e come tutte le cose sono intrecciate, incatenate, innamorate senza una visibile distinzione, perché l’amore, che tutte le cose sottende, vuole che cosi si ami il mondo.
Stendendo due ali sulle mappe insanguinate del mondo, due ali fragili come possono essere le ali di una farfalla, che nei suoi colori, i più diversi e persino inaccostabili, riproduce le differenze che tra gli uomini appaiono incomponibili, queste ali prendono a danzare nell’aria, cancellando i confini difesi col sangue dagli uomini del territorio, dai signori della terra che non sanno vedere il volteggiare di quella farfalla nel cielo. La sua danza, infatti, è troppo pura per i loro occhi, e loro troppo sgraziati e avidi di territorio per capire che quella farfalla è il simbolo dell’amore, che si può fare solo in due, come due sono le ali della farfalla, e due i popoli e i rispettivi eserciti che si fronteggiano spargendo sangue, perché non hanno capito che amore è “la spinta primordiale della terra” da cui solamente è possibile attingere vita e futuro
Galimberti Umberto Filosofo, psicoanalista e docente universitario italiano. Compiuti gli studi di filosofia e psicologia, è attualmente professore ordinario di filosofia della storia presso l’Università di Venezia.Professore associato fino al 1999, precedentemente (dal 1976 al 1983) è stato professore incaricato di antropologia culturale. Dal 1985 è membro ordinario dell’International Association of Analytical Psychology.
Allievo di Karl Jaspers durante alcuni soggiorni in Germania, ne ha tradotto in italiano le opere. Ha dedicato anche alcuni studi a Edmund Husserl e a Martin Heidegger. Dal 1995 collabora con il quotidiano «la Repubblica».
Tra le sue opere si ricordano: Heidegger, Jaspers e il tramonto dell’Occidente (1975), Psichiatria e fenomenologia (1977), Il corpo(1983), Dizionario di psicologia (1992), Psiche e tecne. L’uomo nell’età della tecnica (1998), Gli equivoci dell’anima (1999), Orme del sacro (2000), L’ospite inquietante (2007), Il segreto della domanda. Intorno alle cose umane e divine (2008), La morte dell’agire e il primato del fare nell’età della tecnica (2009), I miti del nostro tempo (2009), Cristianesimo (2012), La disposizione dell’amicizia e la possessione dell’amore (2016), La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo (2018).
OLIVIERO TOSCANI
Nuove Geografie Umane.
È molto difficile al giorno d’oggi, affidarsi a una agenzia interinale, a un ufficio di collocamento, a un istituto o scuola o università o cacciatori di teste, per selezionare talenti su cui investire nel mondo di qualsiasi lavoro. Anche queste scuole, agenzie, organizzazioni sono state sedotte e reclutate dalle logiche del marketing , di cui non sono solo prigioniere per le campagne di iscrizione e selezione, per quel che c’è da insegnare. Ci sono ormai solamente: scuole azienda.
Forse, l’unico vero bacino che garantisce una selezione di gente in gamba è quello del mediterraneo. Provateci voi ad attraversare il mare. A lasciare. A lasciare tutto ciò che avete. A trattare con gente senza scrupoli. A navigare ammassati ad altri compagni di sventura che saranno in condizioni psicofisiche più disastrose delle vostre, a beccheggiare senza terra sotto i piedi, senz’acqua nella gola, senza la sicurezza di un futuro negli occhi.
Chi ricomincia, dopo che ha fatto tutto questo, ha imparato a fare meglio di chiunque altro. Non importa come parti ma come arrivi. Questo è un viaggio che fa diventare tutti grandi. Sono costretti ad aggregarsi alla folla di migranti sicuramente anche gli stupidi, gli egoisti e i razzisti. Però la stragrande maggioranza è composta da tanti elementi ricchi di nuova forza vitale, intelligenza, determinazione, ottimismo, coraggio.
Mi viene in mente questo, vedendo le opere di Laura Canali, che crea le Carte e spariglia le carte. Una testimone del suo tempo, che vede nel movimento una chiave di lettura fondamentale.
Altro che frontiere e controlli: la libertà di circolazione è oggi la vera conquista culturale per la nostra obsoleta e decadente Europa, la vera molla economica da cui ripartire. È il nostro futuro, pieno di nuova energia, nuovo sangue, nuovi credo, nuove idee. Nuove geografie umane.
L’uomo si è eretto per conoscersi, per frequentarsi, per scambiare conoscenze e imbastardire culture. Diceva qualcuno: tu hai una mela, io ho una mela. Se ce le scambiamo io avrò una mela e tu avrai una mela. Ma se tu hai una idea e io ho una idea, se ce le scambiamo, avremo ognuno due idee. E cosi via.
Oliviero Toscani è un noto fotografo pubblicitario di famosi giornali e marchi del mondo, creatore di immagini corporate e campagne pubblicitarie per Esprit, Chanel, Fiorucci, Prénatal. Come fotografo di moda ha collaborato per i giornali Elle, Vogue, GQ, Harper’s Bazaar, Esquire, Stern.
LUCIO CARACCIOLO
Il filo del tempo
Il tempo di Laura ha molti tempi. Tempi diversi che s’incrociano e si intrecciano con i tempi altrui. Ma alla fine restano il tempo di Laura.
La sua arte nasce per riprendersi il tempo disperso in troppi tempi, li recupera, li riannoda, li appende e li esibisce, colorato sul filo della vita.
I suoi tempi non finiscono mai, perché all’interno di ciascuno ne eruttano altri, compressi dalla vita o archiviati dalla paura, sempre mossi dall’amore. Qualche volta ritornano, i tempi. Freschi di deposito come figli di oggi, non di quello ieri antico che sperava di averne disperso la memoria. Qualche volta Laura si illude di comandarli. Ma i tempi sono impertinenti, simpatici burloni, chissà quante volte già vissuti. Altrove. Vengono a farci visita, e allora non li dimentichiamo più.
I tempi di Laura sono tempi di donna attiva. Combattiva. Tempi curvi, filanti. Tempi d’acrobata, in equilibrio tra io, noi, loro. Tempi del corpo armonioso che è madre e custode. Il tempo di Laura rende liberi.
Lucio Caracciolo – Giornalista e docente italiano, è fondatore e direttore della rivista di geopolitica Limes per la Repubblica è stato a capo della sezione politica sino al 1983, quando ha lasciato il quotidiano. Dal 1986 al 1995 ha diretto MicroMega. è editorialista de la Repubblica e l’Espresso e insegna Studi strategici all’Università LUISS Guido Carli (Roma). È uno dei maggiori esperti italiani di geopolitica e guarda alla storia contemporanea da un punto di vista geografico politico, sociologico, giuridico, economico e diplomatico.
Tra le sue numerose pubblicazioni Terra incognita. Le radici geopolitiche della crisi italiana (2001), Il resto è politologia. Dialogo con Lucio Caracciolo (con M. Alloni, 2009), L’Europa è finita? (con E. Letta 2010), America vs America. Perché gli Stati Uniti sono in guerra contro se stessi (2011), Senza la guerra (con M. Cacciari, E. Galli della Loggia, E. Rasy, 2016).
Notizie sulla tavola rotonda di Tokyo
A Tokyo si terrà la tavola rotonda “Italia e Giappone. Nuove sfide per la geopolitica” organizzata dall’Istituto stesso insieme all’Ambasciata d’Italia in Giappone e con il contributo della rivista italiana di geopolitica Limes.
L’incontro mira a mettere a confronto i due Paesi esaminando alcuni aspetti dell’attuale situazione geopolitica e le loro possibili sinergie nel rispondere alle sfide del contesto attuale.
Esperti italiani e giapponesi, tenteranno dunque di confrontarsi in un dibattito che si articolerà su alcune delle principali tematiche che sono tradizionalmente al centro degli interessi diplomatici di Tokyo e Roma, sviluppando un confronto sullo sfondo della riconfigurazione della geografia economica globale indotta dai recenti accordi di libero scambio.
L’agile formato della tavola rotonda permetterà, anche ad un pubblico non specialista, di approfondire aspetti importanti dell’attuale situazione internazionale entro la quale Giappone e Italia giocano ruoli di primaria importanza. In italiano e giapponese con traduzione simultanea.
Ad aprire i lavori sarà il saluto dell’ambasciatore d’Italia in Giappone, Giorgio Starace, cui seguirà l’intervento di Lucio Caracciolo, fondatore e direttore responsabile di Limes, su “La geopolitica mondiale vista dalla prospettiva italiana”.
Interverranno poi come relatori: Dario Fabbri, consigliere scientifico e coordinatore America di Limes, su “Il Giappone ritorna nella Storia”, Haruo Tohmatsu, professore di Storia della diplomazia e della guerra presso l’Accademia nazionale di Difesa di Yokosuka, su “Il Giappone e la geopolitica: una panoramica storica”, Kazunari Sakai, professore di Relazioni internazionali alla Graduate School of Intercultural Studies della Kobe University, su “La cultura della sicurezza e la questione della migrazione: Giappone e Italia nella loro dimensione regionale”, Noemi Lanna, professore associato di Storia Internazionale dell’Asia Orientale all’Università “L’Orientale” di Napoli, su “Il nesso regionale: Italia e Giappone a confronto con Europa e Asia orientale”.
La moderazione dell’incontro sarà affidata al “padrone di casa”, il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, Paolo Calvetti.
Farà da cornice alla tavola rotonda la mostra di carte geopolitiche “Due facce della Terra“, che presenterà le carte realizzate da Laura Canali per il mensile Limes. La mostra sarà visitabile nella Sala Esposizioni dell’Istituto sino a sabato 15 dicembre, dalle ore 11.00 alle 18.00. (aise)
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