CYBORG: uomo (Uomo Cyborg-transumanesimo, et cetera).
Veloci meditazioni di un confusionario sulle derivate della puntata ESSERE UMANI di Report che ha suscitato minacce al conduttore Sigfrido Ranucci a cui va tutta intera la mia solidarietà.
(scritto in parte anacoluto e ai limiti del poetico)
La scienza come vizio. Ovvero la scienza come una droga. Come libidine (sfrenata o meno). Lo stesso principio del piacere (controllato o meno) nel cibo e nel sesso. La ricerca contemporanea è ormai diventata una attività cieca negli scienziati. È lo stesso meccanismo che si ha davanti al cioccolato che il nostro cervello riconosce come elemento rarissimo, mentre il capitalismo ce lo mette ormai da decenni a disposizione deflattivamente a costi vicino allo zero: il risultato è che noi ci intossichiamo perché il principio del piacere si è costruito nella fase evolutiva quando tutto quello di cui avevamo bisogno era raro.

Escher – vincolo d’unione
La vita si è costituita sulla rarità, era tutto raro, estremamente raro, un po’ come la vita stessa nell’universo, fino alla esplosione della produzione industriale e del consumismo di massa. Tutto era estremamente raro in ogni campo. Per questo il nostro organismo la nostra vita psicofisica si è costituita sviluppando davanti all’accesso al raro un eccesso di appetito , una insaziabilità, che è tipica degli animali, tipica della vita biologica. Fateci caso, i vostri cani o gatti potrebbero morire di cibo.
Perché bisognava accumulare e capitalizzare fino quasi a morirne il nutriente raro che si incontrava. Questo trend è andato avanti per migliaia e migliaia di anni.
A parte delle importanti eccezioni di società organizzate di insetti (formiche, api) gli animali non sanno pianificare il risparmio del cibo, e noi uomini abbiamo dovuto aspettare il neolitico affinché il processo assumesse una importanza rilevante che diventa veramente strutturale sono in epoca del bronzo (il lineare A e B miceneo – cretese e i depositi di grano vanno di pari passo).
Per migliaia di anni l’animale davanti alla scoperta di un improvviso giacimento di zuccheri ad esempio, come poteva essere un favo colmo di miele ha reagito con un appetito sfrenato chiaramente indotto e gestito da un meccanismo di ricezione del piacere che attivato sblocca determinate inibizioni o stara il senso delle misure, da cui parte la fame feroce, l’appetito insaziabile che si ferma solo al limite del danneggiamento del fisico da parte della sostanza.
La vita animale preistorica degli uomini doveva essere breve ed intensa, la natura non è interessata alla durata degli individui ma alla potenza della specie, per cui corpi che morivano molto giovani potevano essere sottoposti a stress alimentari pilotati appunto dal principio del piacere, in cambio di un potenza eccezionale della specie, il che in fondo assomiglia molto come destino strutturale allo stesso prezzo biologico che pagano le cellule aerobiche all’ossigeno, cellule che costituiscono i mattoni della maggior parte delle forme di vita animale terrestre: quello di bruciare più intensamente delle cellule anaerobiche per produrre una grande energia, con la quale fare cose immense ma con gravi conseguenze collaterali di questa combustione ( la nostra temperatura ci dice appunto che noi in definitiva stiamo bruciando).
Questo meccanismo ancestrale del piacere che ci induce a una appetito sfrenato simile alla libidine sfrenata che come ben sappiamo sarebbe altamente distruttiva se incontrollata per la nostra struttura sociale, si riflette in tutti gli anditi del nostro comportamento, come farebbe una qualsiasi matrice, cosi su una macro scala la voracità della ricerca è un impulso incontrollato governato dal principio della soddisfazione che è appunto gemello del principio del piacere sessuale e alimentare esattamente come il divorare senza riuscire a controllarsi dei dolci, fino alla estrema conseguenza dalla intossicante indigestione. Questo principio di voracità connesso ad esempio ad una sostanza come l’alcool produce la nota autodistruzione per alcolismo.
Cosi questa sfrenata progressione nella superfetazione tecnologica è analoga a quello stato di trance che ci inebetisce nel divorare il dolce fino a che ci sentiamo male.
Di questo furono ad un certo momento consapevoli tutte le filosofie antiche per cui la temperanza, il dominio delle passioni, il selfcontrol, la giusta misura, metron, da cui discende l’armonia, da Socrate al suo coevo Confucio, divennero l’urgenza antropologica, culturale, ovvero la disciplina di disconnesione dell’umano dall’animale, tentativo di liberarlo appunto dalla servitù che si portava dentro biologicamente, con dei comportamenti, che si proiettavano sino agli estremi dell’ascetismo assoluto, ma che sono anche diventati le millenarie discipline indiane dello yoga, così scritto per semplificare.
La scienza progredendo a un ritmo decisamente dolce, Aristotele ritenendo addirittura che il livello tecnologico raggiunto al suo tempo fosse cosi soddisfacente che finalmente l’umanità (dei nati e rimasti liberi) si sarebbe potuta completamente dedicare alla filosofia, e quindi non pervadendo di derivati tecnici l’ambiente, aveva lasciato intonso il pianeta come paradiso per millenni, fino al punto cruciale, vero spartiacque entropico della storia umana, in cui al raro si è sostituito l’eccedente, che è il sintagma della produzione capitalista, il radicale libero dell’ossido di consumo, che, tanto per dire, ha intasato nel giro di un centinaio di anni le vastità oceaniche trasformandole in orride discariche sommerse o semi-galleggianti di sostanze indegradabili e compromesso in maniera irreversibile la natura, e che ha riflesso il suo carattere soffocante di infestante abbondanza negli arsenali atomici di 15.000 testate nucleari armate sulla terra, per cui siamo già condannati comunque a una delle varie brutte fini scritte sul menù dell’ultima cena terrestre che prima o poi sarete invitati a consumare in abito da gala.
tralascio di espandere troppo (ecco il frammento anacoluto di cui avevo correttamente avvertito) la riflessione al fatto che similmente la sovrapproduzione ha riguardato per esempio anche gli status sociali spettacolari, tanto per citare un campo per esempio quello di diva spettacolare, per cui l’eccesso si è ossidato in materia di consumo di un mercato diverso, per intenderci essere partite nel tentativo di mercificare la propria bellezza come bellezza da divismo nel circuito dello spettacolo ed essere finite nel mercato di smistamento della sovrapproduzione di quel desiderio come gadget sessuale per professionisti nella prostituzione di classe escort, ovvero quella qualità di prostituta la cui bellezza ha esatte caratteristiche della bellezza divistica di una soubrette televisiva, una bellezza di livello spettacolare a tutti gli effetti. Ma ecco, mi sono completamente dilungato e rientro.
Il genio stesso è passato da una fase di rarità a una fase di eccedenza. Sono geni eccedenti tutti questi ricercatori da laboratorio in livrea bianca, quasi da topo, che vediamo in queste interviste, che si rivelano tragicamente disabitati dal pensiero meditante, mentre trasudano eccesso di capacità di calcolo in cui è restata imbrigliata come in una ragnatela la farfalla della loro immaginazione, il cui pulsare si è trasformato così intrappolato e collegato da un differenziale a-meditativo alla loro attività divisa a motore infelice di un genio della abominevole scienza. Del resto su tutto ciò aveva apposto il suo algido imprimatur l’organizzazione della scienza germanica tra il 1933 e il 1945, poi trasferitasi nell’anno zero, armi e bagagli (paper clips) nel paese delle piantagioni di cotone e delle riserve indiane, vera genitrice della scienza contemporanea, scienza al servizio della supremazia, scienza ancella del sogno millenaristico…

Eracle libera Prometeo
Mi viene da pensare ad un genio rotto di cui essi appunto rappresentano i frammenti, frammenti su cui l’umano resta inevitabilmente ferito e spesso ucciso (basti pensare a quante delle loro libidini sono intensamente coinvolte nella creatività e nella genialità della produzione degli strumenti di distruzione, la maggior parte di essi, spesso i migliori come pure capacità scientifiche). Insomma Il genio a frammentazione per parafrasare un arma.
Questa puntata di Report ci mostra una umanità in cui la divisione del lavoro ampiamente responsabile del processo (un processo non può in verità assumersi responsabilità ma cosi diciamo in via poetica) di distruzione della capacità dell’uomo di creare un’opera integrale, capacità restata, sempre più raramente, solo nelle mani di pochi grandi artisti, e che si frammentò come competenza integrale, capace di opera, invece in lavoro specializzato e alienato nelle sue parti divise, fecondazione da cui nacquero come in un mito le stirpi di operai-titani specializzati, ha continuato il suo processo alienante, come da teoria dei frattali, ripetendosi all’infinito verso l’infinitesimale, nella materia anche psichica degli individui fino a diventarne frequenza del loro pensare, appunto di un pensare senza pensiero , di un pensare solo calcolante che si fa concentrazione libidica verso una creatività ad onde corte, come mi viene da definirla, che si trasforma in una specie di forza vapore mentale capace di scardinare aprire e assediare sotto la sua capacità di pressione, nelle sue camere baricentriche mentali il pensiero per ridurlo infine alla sua forma minerale di mero impulso e quindi di interconnettervi la protesi, o peggio.
Non volendo tediare oltre il già esausto lettore crepuscolare di questa epoca cosi promettente trattamenti da anagrafe veterinaria agli uomini prossimi venturi (i nostri fratelli disposti a vendersi l’anima sono sempre anche quelli tutt’altro che rari ben eccedenti il necessario invece) e non volendo rivelare in questa sede tutte le mie scienze inesatte , per necessita strategiche vado a concludere questa scrittura insignificante e soprattutto completamente inutile, il processo terminale dell’umano tale è, e che mi sarei forse anche dovuto risparmiare -ma anche i miei di tirannici vizi purtroppo si fanno sentire- meditando che ciò che i ricercatori che abbiamo visto in questa puntata stanno potenziando non è certamente l’uomo, proprio dalle loro attività disgregato e annichilito, sempre più lontano dal delfico gnothi seauton, ma l’animale senza parola, aneu logou (…)privo, naturalmente, non della facoltà di parlare, ma di un modo di vita nel quale solo il discorso aveva senso (…)
E che è ovvio che un pensiero aprioristicamente conoscibile non sarebbe più pensiero. (Poi capirete)
Mentre gli rendo pienamente atto che dal tentativo filosoficamente impossibile di creare una macchina intelligente come l’uomo, che non sarebbe più, perciò stesso, una macchina e che quindi nessuno potrebbe controllare, hanno invece scaturito il successo planetario, più facile e faustiana beffa, di rendere la gran parte degli uomini stupidi come le macchine e come esse feroci di una minerale ferocia.