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Perché non esiste (più) alcuna crisi ma non conviene dirlo

Postato il Settembre 22, 2015 Germano Milite 0

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Resto sempre sgomento dinanzi all’ingenuità diffusa delle persone, convinte sul serio che la causa principale del poco lavoro e del lavoro da schiavi pagato sempre meno sia la fantomatica “crisi” e non un disegno politico chiaro e consapevolissimo che vuole aumentare la disuguaglianza economica in maniera “scientifica”. Questo disegno è perpetrato con violenza inusitata da gruppi di strapotenti malati di mente, alienati e privi di umanità, guidati solo dalla propria avidità delirante.

Noi siamo infatti governati da pazzi ed è questo ciò che causa crisi a livello socio-economico, non fantomatiche cause legate a fatti avvenuti oramai quasi 10 anni fa. Ma chi decide delle nostre vite, come detto, non è un pazzo creativo, come certi grandi artisti. Non è uno squilibrato romantico, guidato dalle proprie emozioni incontenibili e dal proprio estro. E’ un rozzo integralista del denaro, un consacrato del profitto ad ogni costo, un terrorista finanziario pronto a farsi esplodere piuttosto che a condividere l’immensa e sconfinata ricchezza accumulata. Questi personaggi sono il cancro prodotto da un capitalismo deviato e iper-pragmatico dove c’è spazio solo il guadagno e non si considera null’altro.

La “crisi” farlocca, signori, continuo a spiegarvela con un esempio molto semplice, quasi infantile.

Immaginate il grande magnate tizio che guadagna con la sua azienda 10 miliardi di euro netti l’anno. Ecco: dal 2008 tizio ha una scusa in più per sottopagare e sfruttare chi lavora con lui e guadagnare ancora di più. “C’è la crisi”, ripete a mo’ di mantra, lui che non sa neppure cosa significhi. Questo schema funziona a tutti i livelli, anche ad esempio nei call center ed ai vertici delle società che vendono contratti di luce e gas o per le aziende o addirittura nei ristoranti e nei bar che pagano a nero i camerieri e poi vi fanno pagare un piatto di pasta al sugo 12 euro: con l’alibi della “crisi”, oggi, invece di marginalizzare ad esempio 5 su ogni lavoratore, puoi marginalizzare 20 o anche 30. Tanto, oh:”c’è la crisi, ringrazia che hai un lavoro“. Basta piangere per finta per far piangere sul serio chi si spacca la schiena e si trova in basso nella piramide, convinto che non ci siano alternative e che debba anzi ringraziare di trovarsi ancora più giù.

BADANDO AI NUMERI, ANALIZZARE I CONTI DEI MILIARDARI

Del resto, fuor di propaganda, basta analizzare i bilanci ed i fatturati di tutti i mega-capitalisti italiani ed esteri e di tutte le mega-multinazionali. Nessun crollo, nessun freno e, anzi, nella stragrande maggioranza dei casi, impennate paurose e marginalità mai viste prima. Si guardi ad esempio il buon Sergio Marchionne: quanta fortuna ha fatto con l’alibi della crisi, quanti fondi pubblici e decontribuzioni ha ottenuto e quanto ha potuto “tirare” sulle condizioni di contratto dei suoi operai, soprattutto il località disastrate come Melfi dove lo Stato non esiste ed il lavoro dignitoso è un miraggio?

L’Ad Fiata, portandoci indietro di qualche secolo, durante la prima rivoluzione industriale, guadagna quanto migliaia dei suoi “sottoposti” ed è sempre più ricco, senza alcun limite di buon senso. La crisi? E’ roba per poveracci ed esiste solo in quanto alternativa di una vita migliore scippata giornalmente da chi ci racconta balle.

Se negli Usa, dove non a caso Marchionne è un idolo per i vari neoliberisti, il salario minimo garantito odierno è inferiore a quello registrato 50 anni fa, non è certo per colpa della “crisi”. Da beoti pensare ad una cosa del genere, nel 2015 e dopo tutto ciò cui abbiamo assistito. Se oggi i salari minimi sono sempre più minimi è per colpa di determinate politiche che, come sottolinea tra gli altri anche il premio Nobel Joseph Stiglitz, non sono immutabili né inevitabili. Tutt’altro: sono assolutamente modificabili e non hanno in sé alcun elemento fatalista.

La politica pensata per alimentare una finta crisi e generarne una vera è quella fin qui descritta ed è semplice quanto diabolica: sfrutto tutto lo sfruttabile, il più possibile, per accumulare più ricchezza individuale possibile. E’ banale, vero? E’ banale come molte delle cose più efficaci e difficili da credere ad una prima analisi superficiale.

UN ALIBI SENZA PRECEDENTI PER FAR STAGNARE IL PIL

La crisi è prima di tutto nella testa di chi crede alla crisi come scusa evergreen per pagare 3 euro lordi a contratto un operatore di call center. La consapevolezza che ci sono i soldi, tantissimi soldi, ma sono solo distribuiti non per merito bensì per maggiore avidità dimostrata è l’unica via d’uscita. Credere alla favola della crisi che causa il lavoro precario e sottopagato, nel 2015, è come continuare a credere a Babbo Natale superati i 15 anni.

Badate: non sto dicendo che molti imprenditori (soprattutto medio-piccoli) fingano e che non si trovino sul serio schiacciati da un crollo dei consumi devastante, da tasse insostenibili e da un mercato truccato in modo tale da far diventare i grandi sempre più grandi e favorire nuovi oligopoli e monopolo. Ma loro, come i lavoratori sottopagati ed in generale tutte le persone oneste e dotate di senso etico, sono vittime di un sistema molto più grande ed incredibilmente organizzato che, dal 2008, si auto-alimenta ingozzandosi di ciò che depreda a chi ha sempre meno. Non sto infatti neppute sostenendo che il PIL non sia effettivamente stagnante da anni, che le persone guadagnino effettivamente meno dovendo lavorare sempre di più. Sto solo puntualizzando una cosa che dovrebbe essere ovvia a chi governa come a chi vota(inutlimente): se tutto ciò si registra, non è per colpa di una fantomatica “crisi” ma a causa di una politica economica, di un vero e proprio approggio integralista consacrato al Dio “profitto crescente all’infinito”. Non c’è nulla di trascendente e lontano dal controllo umano nelle condizioni di lavoro sempre peggiori e nelle tutele che decrescono insieme ai compensi ma, ribadisco fino allo sfinimento, una precisa e strenua volontà di mantenere la disoccupazione e la disuguaglianza economica entro certi valori.

UN DISEGNO PRECISO QUANTO ORAMAI EVIDENTE

Del resto non occorre un genio del pensiero dietrologico per comprenderlo: mantenere la popolazione in condizioni di semi-povertà, costringendola a lavorare sempre più, significa anche distrarla, fiaccarla, renderla meno critica e pretenziosa; ergo più gestibile e mansueta. L’importante e non è oltrepassare mai un certo limite, tentare di lambire il confine del non ritorno senza mai oltrepassarlo.

Lo ripeto qualora non fosse ancora abbastanza chiaro: non è “la crisi” che erode i diritti e le tutele dei lavoratori, ammazza le PMI, non concede futuro ai giovani o lavoro dignitoso ai meno giovani. E’ un’ideologia, che segue un disegno politico-economico preciso con uno scopo preciso: tenerci sulla soglia di povertà per poterci controllare e manipolare meglio. Sono agli antipodi del “complottaro” e chi mi legge da un po’ ne è consapevole ma, proprio per questo, non posso ignorare ciò che è evidente. Non è possibile agire come ha agito chi ha governato le principali potenze globali senza avere piena consapevolezza di ciò che si vuole fare, ovvero creare un divario economico crescente tra le varie classi.

Se un multimilionario sottopaga migliaia di dipendenti con la scusa della “crisi”, provoca ovviamente danni collaterali generalizzati all’economia di quei poveracci che sfrutta. Ma lui no; lui è come un Dio mortale guidato da avidità folle. Non è interessato che al profitto ed alla marginalizzazione crescenti, illimitati. Si masturba guardando i fatturati e valutando quanto è riuscito a risparmiare su ogni singolo lavoratore.

Questa è, signori, la crisi raccontata in maniera onesta, di certo ancora non esauriente ma altrettanto certamente in maniera da essere meno distanti dalla realtà. Il resto è solo propaganda grossolana di chi vuole convincerci ad essere schiavi felici o, al massimo, utili idioti manipolati ed incazzati con chi sta peggio di noi. Ovvio che ci siano settori di mercato saturi, dove l’offerta supera di gran lunga la domanda, le competenze richieste non sono eccelse e di conseguenza si arriva ad un fisiologico abbassamento dei compensi, ma non mi si venga a dire che i 3 euro lordi garantiti per la chiusura di un contratto da 1000 euro l’anno siano il risultato della “crisi”, perché evidente che sono solo il risultato di un’odiosa speculazione, dove i salari restano così rasoterra solo perché chi si trova ai vertici vuole ingozzarsi e sfruttare la manodopera il più possibile. 

IL TIMORE E’ LA MANCANZA DI UN LIMITE ALL’AVIDITA’

Qualcuno potrebbe asserire che c’è un limite, che magari i mega-magnati che governano i governi si renderanno conto che distruggere la classe media nel lungo periodo sarà devastante. Io lo spero, sinceramente. Ma al contempo vi faccio una domanda: vi risulta che Napoleone si fermò giunto all’apice del suo impero? Oppure si imbarcò nella rovinosa campagna in Russia? E Hitler? E Alessandro Magno? Vi risulta che i megalomani al potere si siano mai saputi fermare? O piuttosto che abbiano preferito morire, autodistruggere se stessi ed i loro popoli pur di non accontentarsi del tanto (troppo) già conquistato?

Considerate poi che, questi magnati-magnaccia che decidono delle nostre vite, sono quasi tutti over 60, over 70 ed over 80 con altri pochi anni d’esistenza da godersi. Pensate se ne freghino di come sarà il mondo tra 20 o 30 anni? Di cosa stanno lasciando alle attuali e future generazioni?

Ne dubito fortemente. E allora? La prima soluzione concretamente rivoluzionaria sarebbe quella di esigere di più, tutti; di smetterla di sodomizzarsi a vicenda alla prima occasione utile. Di smettere di essere come “loro”, ma solo molto più poveri e sfigati. E di smettere di essere negri da cortile, fedeli ai propri padroni che elargiscono briciole rafferme.

Siate eticamente e moralmente limpidi e coerenti, siate coraggiosi, non piegatevi. Siamo stati noi i migliori alleati dei nostri becchini, fino ad oggi. Smettiamo di esserlo, che chi accetta lo status quo per paura di perdere il poco o nulla che ha, allora forse merita di perdere tutto.

Autore

  • Germano Milite
    Germano Milite

    Giornalista professionista. Partendo dalla televisione, ha poi lavorato come consulente in digital management per aziende italiane ed internazionali. E' il fondatore e direttore di YOUng. Ama l'innovazione, la psicologia e la geopolitica. Detesta i figli di papà che giocano a fare gli startupper e i confusi che dicono di occuparsi di "marketing".

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#crisi#economia#lavoro

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Germano Milite

Giornalista professionista. Partendo dalla televisione, ha poi lavorato come consulente in digital management per aziende italiane ed internazionali. E' il fondatore e direttore di YOUng. Ama l'innovazione, la psicologia e la geopolitica. Detesta i figli di papà che giocano a fare gli startupper e i confusi che dicono di occuparsi di "marketing".


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