“Varoufakis? Ce lo siamo tolto…”: puntini di sospensione, che sottintendono perlomeno un di mezzo per essere generosi. “Corbyn? Il Labour gode nel perdere” . Forse voleva semplicemente – come si dice – parlare a nuora perché suocera intenda, Matteo Renzi, quando nel corso del suo intervento alla direzione nazionale del Pd ha deciso di regalare due decisi affondi all’ala più sinistra dei partiti di sinistra di Grecia e Gran Bretagna. Le parole del segretario del Partito democratico (quello che in Italia costituisce la ‘sinistra maggioritaria’, per dire) hanno varcato i confini nazionali alla velocità della luce, causando reazioni immediate tra Atene e Londra.
PAROLE AL VELENO
Pochi mesi fa, quando il leader di Syriza Alexis Tsipras aveva provato il muro contro muro nei confronti della cancelliera tedesca Angela Merkel nel corso delle trattative per la ristrutturazione del debito greco, Renzi aveva bacchettato il suo collega. “Va bene farsi rispettare, ma non pensi di essere il più furbo degli altri e non rispettare le regole“. All’indomani della nuova vittoria elettorale di Tsipras, tornato alle urne dopo la scissione dell’ala radicale di Syriza, Varoufakis in testa, che non gli aveva perdonato l’ok finale al piano della Ue, Renzi ha spostato il tiro:
“Non voglio entrare nel merito se in Grecia abbia vinto la sinistra moderata o radicale – ha detto in direzione – Mi limito a prendere atto che le scissioni funzionano molto a livello di minaccia, ma chi di scissione minaccia di scissione perisce”.
E poi la caduta finale: “Per usare una espressione colorita, direi che anche ‘sto Varoufakis ce lo siamo tolto…”. Ma è forse parlando della vittoria dell’outsider Jeremy Corbyn alle ‘primarie’ del Labour Party, in Gran Bretagna, che il premier italiano ha usato parole forti: “I laburisti inglesi sono rimasti gli unici a godere nel perdere, dopo il ritiro degli Washington Generals” ha detto con tono quasi irridente, citando la squadra di basket che per anni ha fatto da sparring partner agli Harlem Globetrotters negli Usa, vincendo una sola volta: “Non si tratta di essere blairiani e anti-blairiani, ma si tratta di capire se si vuole andare all’elezioni come alle Olimpiadi, per partecipare o per vincere”, tanto che per la vittoria di Corbyn “credo che il più contento di tutti sia Cameron”.
LE REAZIONI
Le reazioni? Eccole: l’ex ministro dell’Economia, personaggio diretto e fumantino, ha replicato direttamente a Renzi, con toni molto duri. “Signor primo ministro, lei non si è liberato di me, partecipando al vile golpe contro Alexis Tsipras e la democrazia greca lo scorso luglio, si è sbarazzato della sua integrità di democratico europeo, e forse della sua anima. Fortunatamente, non è una cosa irreversibile, ma deve fare seriamente ammenda. Non vedo l’ora che lei ritorni tra le fila dei democratici europei”.
Il nuovo leader Labour, più schivo e riservato, invece non ha commentato direttamente, ma a Londra le parole di Renzi non sono passate inosservate: il Financial Times ha osservato come si tratti di “commenti inusuali poiché i capi di governo sono di solito attenti ad attaccare leader di opposizione con i quali potrebbero in teoria dover trattare“. Tanto più che Pd e Labour dovrebbero essere due partiti ‘gemelli’ e che entrambi fanno parte del Pse in Europa. Eppure? Eppure, fa notare invece il Guardian, “la vittoria di Corbyn è arrivata in un momento importante per il premier italiano, che sta cercando di far passare alcune riforme costituzionali controverse a cui si oppone la componente sinistra del Pd”.
IL VERO DESTINATARIO
Eccolo, il punto: Renzi probabilmente parla a nuora perché suocera intenda. Prima attaccava Syriza perché la vecchia Syriza era ‘a sinistra del centrosinistra’, era il nuovo che cresceva dietro alle macerie del Pasok, era quello che in Italia sono le opposizioni di Sel e del Movimento 5 Stelle: ora che il Pasok di fatto non c’è più e che la sinistra di Syriza si è staccata, Tsipras è l’uomo con cui dialogare e Varoufakis l’eversore da combattere. In un sistema profondamente bipolarista come quello britannico invece il problema è interno al Labour, è Corbyn che rischia di portare i progressisti troppo a sinistra, per esempio come vorrebbero quelli della minoranza interna al Pd. E non è un caso che questi affondi non siano arrivati da un Renzi in veste di premier, ma in quella di segretario del Pd, nel corso di una riunione della direzione: il messaggio era rivolto alla sua minoranza, che tanto di traverso si sta mettendo sulle riforme costituzionali. E’ a Pierluigi Bersani, Roberto Speranza, Doris Lo Moro, Miguel Gotor, Corradino Mineo e compagni che parla quando dice che “chi minaccia scissioni poi perde”. E sempre a loro si rivolge quando parla di chi “gode nel perdere”.