Esperienza è una parola che viene dal Greco peirao, letteralmente essere pratici. L’esperienza è, quindi, qualcosa che ricaviamo dal passato, da ciò che è avvenuto, che abbiamo vissuto. Azzarderei a dire che l’esperienza è la storia, la storia (dal Greco hystorein, letteralmente ciò che resta) della nostra vita, ciò che ha forgiato il nostro carattere e ci ha fatti quello che siamo, nel bene e nel male, nel passare del tempo.
In tutte le relazioni, l’esperienza, il passato è spesso un mostro, qualcosa da cui sfuggire. O, meglio, qualcosa di cui essere rimborsati, ripagati. Nell’avvio di una nuova relazione, il passato ha sempre un peso tanto determinante quanto problematico. Ovviamente, ciò accade se c’è una nuova relazione, che arriva, sicuramente, dopo una passata… o non staremmo parlando di avvio di relazioni.
Se parliamo di passato, allora troppo spesso parliamo di dolore. Perché una relazione passata, se è finita, non è affatto finita senza uno strascico che dura nel tempo. C’è chi ironizza che siano le donne a tenere, in segreto, le tracce di ogni cosa le abbia fatte tali – amori e dolori – del proprio passato. Ma vale per tutti e, ve lo assicuro in prima persona, non si è mai infinitamente lontani da una storia del passato. Tornerà sempre, nel cuore, per quello che ci ha insegnato, che ci ha fatto capire, molto spesso dopo essere stata diluita nel tempo del dolore. È questo il bello dell’amore, nessuno insegna e tutti imparano.
Quando si soffre, si tende a concentrare la percezione del mondo esterno molto più esclusivamente intorno a sé stessi. Anzi, si tende a proiettare il proprio dolore sull’intorno talmente tanto da farlo diventare l’unico stile di lettura esclusiva della realtà. Il punto di vista è talmente predominante che tutto sembra leggibile solo dalla nostra posizione. È qualcosa che avviene, solitamente, solo in cosmologia; si chiama asterismo, ovvero quando oggetti posti a differenti distanze dal punto di vista non vengono più intesi per la propria profondità spaziale, ma proiettati su un unico piano (sferico). È ciò che accade quando si guarda dalla Terra la volta stellata: tutto appare sullo stesso piano, ma non lo è.
In base a questo principio, ognuno porta in premessa ad una nuova relazione tutto ciò che continua a vivere, personalmente, come dolore dal passato. Un passato mai passato. E quando il tempo non diventa esperienza, allora scatta la rivincita, il desiderio di riequilibrare il dolore avvenuto nel passato con la possibilità di rivincita che può avvenire nel futuro. Capita, allora, di trovarsi di fronte a pretese sulle relazioni a venire costruite a tavolino. Parlo da uomo, da chi si sente dire «ho vissuto una storia terribile, lui era un bambino, ora voglio un uomo» oppure, «ho vissuto un amore nato troppo razionalmente, ora se non scatta subito la scintilla non se ne fa nulla».
Ci hanno insegnato in statistica che, a lungo andare, le condizioni di probabilità per cui le cose avvengono tendono, nel tempo, ad equilibrarsi. Non a caso, nel Lotto, si inseguono i numeri ritardatari… proprio perché quei numeri usciranno, con una buona certezza, per riequilibrare le condizioni statistiche delle estrazioni (anche se non sappiamo quando usciranno). Questo accade in statistica, ma non nella vita degli esseri umani. Noi non siamo in un sistema matematico, non siamo un modello, e non è assolutamente vero che «la prossima volta andrà meglio» perché non c’è nulla che possa, a priori, assicurarci che sarà così. Anzi, la vita segue regole, alla base, contrarie ad ogni principio della fisica che vuole l’energia sempre più trasformata ed un mondo sempre più disordinato (il cui principio si chiama entropia) mentre noi siamo esseri che tendono ad ordinare sempre più la propria condizione, a regolare anche l’irregolabile (siamo, in una parola, anentropici… e, stando ai principi della fisica, non dovremmo nemmeno essere qui).
Aver sofferto fa dimenticare che anche chi si ha di fronte ha sofferto. Mettere sul piatto della bilancia il desiderio di rivincita verso il passato è dimenticare che chi si ha di fronte è, certo, qui per noi ma non vive di noi. Ha anche lui la sua vita, la sua storia, i suoi pregi ed i suoi difetti. Il dolore rende pratici, fa smettere di guardare in alto e ci incoraggia solo a guardare davanti, per non correre il rischio di sbattere di nuovo. Vivere orizzontali è vivere da ciechi e non si potrà far altro che fuggire da chi guarda ancora la volta stellata, perché sarà soltanto un pazzo per chi guarda solo avanti.
Il passato comincia ad avere un peso determinante, troppo determinante. Non è giusto che non lo sia, ma è giusto che lo sia con equilibrio. Una barca va avanti nel suo viaggio in base alla forza che il vento dà alle sue vele ed al modo giusto di porre le vele. Il vento non ha un peso vero e proprio ma è in grado di spingere lontano, di ricondurre in porto o di aprire un viaggio tutto nuovo verso orizzonti neppure immaginati. Chi sarebbe tanto folle di affidarsi ad un vento nuovo solo in virtù di un passato dal vento contrario?
Ho sviluppato un’esperienza personale in termini di passato: evito di parlare del dolore. Ognuno di noi è stato irrimediabilmente forgiato anche dal dolore provato e, sicuramente, questo dolore ci condiziona di fronte ad una nuova relazione. Ammettendo che il dolore ci condizioni, evitiamo di parlarne. È doloroso soffrire, mettendo in gioco tutti noi stessi, in una nuova storia, sapendo di lottare contro un fantasma che sia chiama passato senza poterlo affrontare a viso aperto. Perché questo è uno dei problemi, il passato pesa e non si può affrontare e, spesso, ha conti in sospeso che non si possono più regolare.
Ogni volta che mi avvicino a qualcuna mi chiedo come mi comporterei se fossi dal lato opposto. Non come vorrei si comportasse l’altra persona, come mi comporterei io nei suoi panni. È un esercizio più maturo del sognare, da sognatore, il proprio desiderio. Siate sicuro che vorreste solo che l’altra persona giocasse le sue carte, in onestà e senza esagerare. Prima di valutare il vento è giusto aspettare che cominci a soffiare.