Domenica sarà una giornata fondamentale per il futuro politico dell’Ecuador e di tutta l’America meridionale: i cittadini ecuadoregni saranno infatti chiamati ad eleggere il nuovo capo di stato, successore del cinquantaquattrenne Rafael Correa, giunto oramai alla fine del suo terzo mandato. Tra i leader progressisti più amati dell’America Latina, Correa ha infatti deciso di rispettare fino in fondo i dettami costituzionali, che gli vietano di chiedere agli elettori un nuovo mandato presidenziale, essendo già stato eletto in tre occasioni (2006, 2009 e 2013), posizione ribadita anche quando i suoi sostenitori si sono mobilitati per raccogliere le firme al fine di indire un referendum costituzionale.
Gli undici anni di presidenza di Correa si chiudono con un bilancio positivo dal punto di vista degli indicatori macroeconomici: sia gli indici di povertà che quelli di diseguaglianza hanno infatti registrato ottimi miglioramenti nell’arco dell’ultimo decennio. Secondo i dati della Banca Mondiale, negli anni della Revolución Ciudadana, la povertà in Ecuador è passata dal 36.7% al 22.5%, mentre la diseguaglianza misurata con l’indice di Gini è scesa dallo 0.55 allo 0.47.
Le nuove elezioni presidenziali rappresentano dunque un test importante sia per le politiche interne che per l’equilibrio nella regione: un vero e proprio esame per il fronte del Socialismo del XXI Secolo, quello che aveva il suo massimo esponente nel venezuelano Hugo Chávez, e che ora proprio in Venezuela deve resistere ai continui attacchi dell’opposizione. Lo stesso Correa, del resto, ha dovuto resistere in passato a tentativi di colpi di stato, il più importante dei quali è stato sventato nel 2010.
Per succedere al presidente uscente, l’Alianza PAIS (Patria Altiva y Soberana, Patria Orgogliosa e Sovrana) ha scelto il sessantaquattrenne Lenín Moreno, già vicepresidente dal 2007 al 2013 e noto attivista per i diritti delle persone diversamente abili, essendo egli stesso paraplegico. Sostenuto dallo stesso Correa come suo erede politico diretto, Moreno ha ottenuto la maggioranza delle preferenze nel corso del primo turno delle presidenziali, raccogliendo il 39.36% delle preferenze, ma restando lontano dalla soglia del 50%, necessaria per l’elezione diretta. Il candidato del partito di governo dovrà allora affrontare al secondo turno il sessantunenne Guillermo Lasso, che si è classificato al secondo posto con il 28.09% dei voti.
Già sconfitto nettamente nel 2013 da Correa, che allora vinse in maniera schiacciante al primo turno superando il 57% delle preferenze, Lasso è sostenuto dalla formazione di centro-destra CREO (Creando Oportunidades), che ha sempre osteggiato le politiche di Correa e difeso l’economia di mercato nella sua versione più liberista. Un’eventuale vittoria di Lasso creerebbe però forti contrasti con il Parlamento, già saldamente in mano all’Alianza PAIS, che in base ai risultati del primo turno ha ottenuto la maggioranza assoluta di 74 seggi sui 137 complessivi. CREO ha invece ottenuto 34 rappresentanti, mentre la terza forza politica del Paese, il Movimiento Social Cristiano di Cynthia Viteri ha collezionato quindici posti per la prossima legislatura.
Attendiamo dunque i risultati delle elezioni di domenica per capire quali saranno i destini dell’Ecuador e dell’America meridionale: Moreno è attualmente in testa ai sondaggi, mentre una vittoria di Lasso creerebbe una situazione simile a quella del Venezuela, dove un Parlamento in mano all’opposizione ha creato forti conflitti con il presidente Nicolás Maduro, portando ad una situazione politica alquanto critica che proprio in questi giorni sta giungendo all’apice.