“Non è colpa degli stranieri se la Nazionale non si è qualificata per il Mondiale. Evidentemente non siamo in grado di crescere i nostri ragazzi anche per una ragione economica: all’estero costano meno e fra uno straniero di 20 anni e un italiano della stessa età il presidente di un club prende lo straniero. Il calcio italiano è diventato la palestra di addestramento per le nazionali straniere”.
Parla chiaro e non lascia scampo ad interpretazioni di alcun tipo Marco Giampaolo. L’allenatore, in un intervista rilasciata al Corriere Dello Sport, sentenziò così sul flop nazionale. La mancata qualificazione azzurra non è però l’argomento di cui tratteremo, bensì tema fondamentale sarà il perché della mancata valorizzazione del talento calcistico italiano. Per cimentarci in quest’analisi ci avvarremo di alcuni dati statistici, numeri e considerazioni che evidenziano l’arretratezza del sistema italico rispetto a quello straniero. Nelle prossime righe troverete anche la nostra intervista ad Alessio Baratto, giovanissimo agente FIFA, col quale abbiamo discusso di diversi temi legati ai settori giovanili nostrani e affini.
QUESTIONE D’INVESTIMENTI
Il mondo del pallone, e non solo, gira inesorabilmente sotto le regole del dio denaro. Ecco perché tra il crescere un giovane all’interno del proprio vivaio o rilevarlo dall’estero, a primeggiare è la seconda scelta. Ora viene da chiedersi, quanto investono le squadre italiane nel proprio settore giovanile? Per avvalerci della risposta riportiamo i dati raccolti da “Calcio e Finanza” in un indagine pubblicata il 18 novembre 2015.
A risaltare subito all’occhio è la differenza tra le società estere e quelle italiane che, come nel caso del Napoli, tendono addirittura a snobbare il settore giovanile. Da migliorare, ma rilevante, è invece l’investimento annuale di Milan, Inter e Juventus: simbolo di come il talento purtroppo venga coltivato, con più attenzione, solamente nelle grandi realtà storiche del calcio nostrano. A Livello europeo, il primo posto in classifica per il Barcellona che si assicura il gradino più alto del podio grazie alla nota eccellenza del suo settore giovanile. Presenti sul podio anche i vivai di Arsenal e Real Madrid. Sebbene, come rivela “Il Sole 24 Ore”, gli investimenti delle società italiane siano in crescita rispetto al recente passato la situazione vede avanzare i settori giovanili stranieri su una diversa lunghezza d’onda. Esempi positivi sono Milan, Inter, Roma, Atalanta ed Empoli ma a primeggiare ancora una volta è la forza innovatrice della Juventus.
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QUALITÀ ALLA BASE DI TUTTO
Ciò che però contraddistingue maggiormente i settori giovanili non è il loro costo di realizzazione, bensì la qualità di essi. Come rivela ancora “Calcio e Finanza”, i teutonici del Borussia Dortmund e dell’Hoffenheim godono di un assoluta novità all’interno del proprio centro tecnico: la Footbonaut. Di cosa stiamo parlando? Il video qui sotto aiuterà a schiarirvi le idee e vedere all’opera quest’assolutamente ingegnosa macchina di allenamento.
MEGLIO CRESCERE UN ITALIANO O PRENDERE UNO STRANIERO FATTO E FINITO?
Tra vivai, investimenti, crescita e la consapevolezza che solo in pochi eletti riusciranno ad emergere nel mondo professionistico per le società i dubbi diventano amletici. Investire o andare sul mercato? A prevalere è la mania di importare il talento dai campionati esteri a cifre esorbitanti, piuttosto che credere nella crescita dei giocatori nostrani. Una smania che non colpisce soltanto le squadre di prima fascia, ma anche quelle dei campionati minori, dove spesso si preferisce dar spazio a nomi dalle cadenze esotiche o balcaniche. Il risultato è alla portata di tutti. Giovani giocatori italiani relegati in panchina o persi nei meandri del calcio professionistico comportano un ritardo nel ricambio generazionale delle selezioni azzurre o nelle rose delle stesse squadre. Meglio un giocatore navigato o un giovane in rampa di lancio? In Serie A vi sono filosofie diverse: scopriamole andando a vedere l’età media delle varie formazioni grazie ai dati raccolti dal CIES
Se squadre come Milan e Fiorentina spiccano per il loro giovane undici, non si può dire lo stesso di Chievo Verona e Juventus, le quali invece raggiungono rispettivamente le medie di 31,59 e 29,44 . Quella della formazione veneta è la più alta tra i top campionati europei, alla quale si contrappone quella dei tedeschi del RB Leipzig ed i loro 23,37 anni di età media. Esempi positivi sono Atalanta, sempre più all’avanguardia sul campo giovanile, ed Udinese grazie all’eccellenti opere di scouting. Tra gli undici più vecchi presenti anche quelli di Roma ed Inter, bene invece la Lazio.
A CONTATTO CON L’AGENTE FIFA
A stretto contatto con i giovani e le loro esigenze opera Alessio Baratto. Intervistato dalla nostra redazione, il giovane agente FIFA non ha esitato a dire la sua sui diversi argomenti fin qui esposti. Tra le difficoltà dei ragazzi, i vivai e le opportunità, ecco le sue dichiarazioni.
Ciao Alessio! Partiamo subito forte. Quali sono le difficoltà che incontra un giovane calciatore?
Partendo dalla base è proprio la mentalità a fregarli, perché spesso si vedono ragazzi del 2002 o del 2003 sentirsi arrivati al proprio obiettivo solo perché giocano in una grande squadra. In realtà, e lo dico avendo giocato a calcio con la stessa loro mentalità, quasi sempre ci si accorge di questo madornale errore di (auto)valutazione solo quando è oramai troppo tardi (le presunzione non sostituisce il talento: banale, ma spesso dimenticato).
Inoltre non si trovano nemmeno allenatori all’altezza, essendo messi lì a caso non ti preparano né a livello fisico né mentale. Un mister deve pensare a far migliorare un giocatore, mentre spesso pare si pensi solo ad esaltarlo o abbatterlo del tutto, viaggiando tra due estremi che soprattutto in giovane età fanno male.
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Gli impianti sportivi italiani vengono incontro ai giovani?
Diversi impianti sportivi sono praticamente inguardabili e lo dico io che giro per parecchi campi. Vi sono squadre in Serie D che hanno ottimi impianti e squadre di Serie A che non hanno nemmeno il campo di proprietà. Non è semplice, anche perché per andare a vedere giocare dei 2001, 2002 o 2003 bisogna pagare, appunto perché non sono campi di proprietà delle società. Bisognerebbe assolutamente investire su queste strutture.
Vi è mancanza di talento o non si sa valorizzarlo?
Il talento c’è, l’Italia n’è piena. Non è facile neppure per i miei ragazzi, farsi notare e non so neppure dire se sia colpa di una certa mentalità esterofila 0 di altre scelte strategiche poco lungimiranti delle società più importanti.
Emergere in un campionato estero è più facile?
Su un campionato estero è più facile, si vedono tanti ragazzi del 1999-2000 che giocano in prima squadra, qui in Italia ne vedi uno su…decisamente troppi. All’estero, basta vedere in Olanda, l’Ajax ha una età media di 23 anni.
Lavori a stretto contatto con i giovani. Ciò comporta maggiori responsabilità?
Si, tratto solamente giovani essendolo anche io (in questo modo la comprensione reciproca è più semplice). Del resto, avendo dai 3 ai 5 anni in più dei ragazzi che seguo “la testa è sempre quella”, come si sul dire (sorride ndr). Cerco di non far loro fare l o stesso errore che ho fatto io solo pochi anni fa, quando un approccio sbagliato mi ha tagliato le gambe. E’ questa per me la cosa più importante, se non si ha testa non si va da nessuna parte. La testa viene prima delle gambe e di tutto il resto. Sembra retorico ma è esattamente così.
Qual è la differenza sostanziale tra i nostri talenti e quelli stranieri?
Diciamo che si basa tutto sulla preparazione. All’estero vedi dei preparatori atletici, che ho avuto modo di conoscere, che sono molto preparati e ti formano con una mentalità già da giocatore di calcio professionista. In Italia vedi calciatori che giocano con la primavera ma che con la testa sono ancora dei ragazzini.
Perché investire sui giovani nostrani?
Noi abbiamo tantissimi giovani, basta vedere in Serie A, B e C ma anche in Serie D ed Eccellenza dove ci sono ragazzi veramente forti, in prospettiva. Il problema è che gli stranieri forse hanno più fame di noi, a loro spesso manca tutto ed hanno più voglia di arrivare, mentre altri non hanno mentalità e vengono cullati dalle famiglie. In strada non vediamo più ragazzi che giocano a calcio, ma ragazzi che stanno al cellulare o che preferiscono stare a casa a giocare ai videogiochi.