Che sia per voglia di scoprire posti nuovi o semplicemente per diletto o necessità, tutti noi siamo tentati dal viaggiare. Da tempi primordiali l’uomo ne sente il bisogno, come un primordiale istinto. Viaggiare per divertirsi, per scoprire luoghi nuovi o, nel nostro caso, stadi nuovi. È proprio questa la motivazione che ha spinto Federico Roccio a scommettere su di sé e di correre verso un record a livello nazionale. Il primato in questione è quello di aver visitato ben 502 stadi in 30 nazioni diverse: un vanto per tutti i groundhopper d’Italia e del mondo.
Un hobby, quello del groundhopping, sempre più affermato in giro per l’Europa. Cresciuto e formatosi tra Inghilterra, Belgio e Germania, il culto di questi autentici cacciatori di stadi si è allargato anche al Bel Paese. La sua espansione ha così coinvolto anche Federico, il quale, oltre a scriverci su un libro in uscita tra qualche mese, ha deciso di raccontarsi alla nostra redazione.
Hai visitato più di 500 impianti sportivi, ma qual è stato quello che ti ha dato l’emozione più grande?
Celtik Park, perché ogni volta che vado mi dà un emozione indescrivibile. Per l’atmosfera della loro tifoseria mi innamorai di loro già quando vennero a San Siro in occasione di una gara contro il Milan. In seguito mi hanno colpito anche quando in occasione di un Celtic-Milan, nonostante avessero perso 3-0, sono venuti a scambiare le sciarpe sotto il settore ospiti. Mi sono emozionato.
Possiamo dire quindi che nei paesi britannici ci sia la miglior cultura sportiva mondiale?
In Inghilterra ho vissuto diversi derby e mi hanno trasmesso tutti qualcosa di emozionante. Sono stati dei match bellissimi e caldi, soprattutto per i tifosi, sia prima che durante che dopo la partita.
In contrapposizione all’Italia è proprio il modo di vedere lo sport a cambiare?
Si, è proprio una questione di mentalità. Ci sono anche le “partitacce”, ma a differenza dell’Italia non si va allo stadio per denigrare l’avversario o solamente perché bisogna vincere. Lì si va per sentire proprio l’aria dello stadio, difatti ci va chiunque: dal bambino alla famiglia. Si vive un clima di festa, come se da noi si andasse al cinema. Influisce anche il fatto che gli stadi siano molto più moderni e ciò fa si che la gente sia più invogliata ad andarci.
Hai parlato di stadi. Qui in Italia su quest’argomento siamo parecchio indietro. Pensi sia solamente una problematica economica?
Penso che la cosa sia dovuta al fatto che qui si tira avanti finché dura, nel senso che fino a quando nessuno denuncia, fino a quando non succede qualcosa, tutto va bene. In Italia ci sono stadi fatiscenti che non vengono minimamente curati, magari perché essi non appartengono alle società e quindi si tende a specularci sopra con dei prezzi troppo alti e che non rispecchiano la qualità offerta. Si tratta quindi di una mentalità completamente diversa.
Domanda un po’ controcorrente: la cultura sportiva italiana cosa potrebbe insegnare a quella inglese?
Sicuramente la passione con cui noi viviamo le partite. In Inghilterra spesso le partite, anche quelle non di cartello, registrano spesso il tutto esaurito, ma non c’è quel coinvolgimento che li porta a vivere l’amore per la propria squadra a tempo pieno. Questo potremmo insegnarlo al resto del mondo: una passione del genere c’è solo in Italia.
Passiamo adesso al tuo record: 502 stadi visitati in 30 nazioni diverse. Vuoi raccontarci di questa tua esperienza e del perché hai scelto proprio di avventurarti in questa grandissima missione?
Tutto nasce da due fattori. Uno è legato alla finale di Champions League di Atene 2007, per la quale prenotai il biglietto, ma essendo allora minorenne mio padre pose il veto fino ai 18 anni. Un grandissimo rimpianto che ho colmato una volta maggiorenne con la mia prima trasferta in solitaria, in treno, da Milano a Lecce. L’anno successivo ho conosciuto il mio attuale gruppo di amici, con cui ho fatto la prima trasferta in aereo fino a Catania. Poi i miei amici hanno iniziato a scherzarci e da lì ho iniziato a seguire quante più partite possibili. Il tutto reso possibile anche da moltissimi voli low-cost che mi permettono di potermi buttare su ogni esperienza in giro per l’Europa.
(foto copertina: Federico Roccio – da Facebook)