Con circa una settimana di ritardo rispetto alle elezioni dello scorso 11 ottobre, sono stati comunicati i risultati ufficiali delle presidenziali in Guinea, repubblica dell’Africa occidentale popolata da circa undici milioni di persone. Lo schema, come in molti stati del continente, è sempre lo stesso: il presidente in carica viene rieletto con una percentuale elevata e le opposizioni protestano – non sempre a ragione – rifiutandosi di riconoscere i risultati del suffragio.
Nel caso specifico della Guinea, il settantasettenne Alpha Condé ha ottenuto un secondo mandato raccogliendo il 57.85% delle preferenze dei suoi concittadini, o almeno di quel 68.36% dei sei milioni di aventi diritto che si sono recati alle urne, rendendo inutile un secondo turno elettorale. Il leader della forza socialdemocratica RPG (Rassemblement du Peuple Guinéen) ha così sconfitto il suo principale avversario, il sessantatreenne Cellou Dalein Diallo, già Primo Ministro del Paese tra il 2004 ed il 2006, che ha raccolto 31.44 punti percentuali per il partito liberale UFDG (Union des Forces Démocratiques de Guinée). Tra gli altri sei candidati, l’unico ad aver ottenuto un risultato degno di nota è stato Sidya Touré, Primo Ministro tra il 1996 ed il 1999, che si è visto attribuire il 6.01% delle preferenze in rappresentanza dell’UFR (Union des Forces Républicaines).
Le elezioni sono state macchiate da diversi episodi di violenza tra i sostenitori dei due candidati più importanti, Condé e Diallo, con almeno tre morti registrate. Nonostante le proteste delle opposizioni, con Diallo che ha definito le elezioni “fraudolente”, gli osservatori internazionali, tra i quali quelli dell’Unione Europea, hanno considerato il processo elettorale come “valido”, seppur non privo di pecche organizzative. Un giudizio non privo di importanza, se si pensa che in molti Paesi africani le elezioni rappresentano una vera e propria farsa.
La verità è che il successo di Condé rispecchia effettivamente quelle che sono state le scelte degli elettori, e questo non a caso. Innanzi tutto, la Guinea è stato uno dei Paesi che meglio ha saputo gestire l’epidemia di ebola, nonostante sia stato anche fra i più colpiti (clicca qui per saperne di più). L’opposizione di Diallo aveva utilizzato proprio l’epidemia per chiedere un rinvio delle elezioni, ma Condé ha preferito rifiutare ed ha proposto il proprio Paese come “cavia” per testare il vaccino VSV-EBOV, con risultati eccellenti. In secondo piano, Condé si è impegnato per rendere più trasparenti i contratti con le imprese minerarie, visto che, nonostante la Guinea sia uno dei Paesi più poveri al mondo, è anche uno di quelli più ricchi da questo punto di vista, con ingenti risorse di bauxite. Una miglior gestione delle risorse minerarie, dunque, garantirebbe una redistribuzione della ricchezza in favore di quel 50% della popolazione che vive sotto la soglia della povertà estrema. Un obiettivo che chiaramente è ancora molto distante, e che solamente i prossimi anni ci diranno se Condé sarà in grado di avvicinare.
Nonostante le tante difficoltà del Paese, dunque, possiamo dire che Condé può giustamente vantarsi di alcuni successi della sua gestione politica, seppur in un Paese dove i problemi da risolvere sono davvero infiniti. Dopo i lunghi anni dei governi militari (ufficialmente o meno), la presidenza di Condé ha riaperto la stagione dei governi civili guadagnandosi la riconferma per un secondo mandato quinquennale. Di fronte alle proteste dell’opposizione, il Presidente ha richiamato il Paese all’unità “per affrontare le sfide che ci aspettano”, che certamente saranno dure e numerose.