Le urne hanno emesso il loro verdetto: il sessantaquattrenne Lenín Moreno è il nuovo presidente dell’Ecuador e succederà a Rafael Correa a partire dal prossimo 24 maggio. Espressione della stessa forza politica del capo di stato in carica, l’Alianza PAIS (Patria Altiva y Soberana, Patria Orgogliosa e Sovrana), Moreno si è imposto al secondo turno con il 51.15% delle preferenze, battendo di misura il rivale Guillermo Lasso, che ha ottenuto 48.85 punti percentuali, sostenuto alla formazione di centro-destra CREO (Creando Oportunidades), che ha sempre osteggiato le politiche di Correa e difeso l’economia di mercato nella sua versione più liberista.
Con la vittoria di Moreno, prosegue dunque l’esperienza della Revolución Ciudadana iniziata con la prima elezione di Correa, risalente al 2006. Come abbiamo già avuto modo di ricordare prima delle elezioni ecuadoregne, gli undici anni di presidenza di Correa si chiudono con un bilancio positivo dal punto di vista degli indicatori macroeconomici: sia gli indici di povertà che quelli di diseguaglianza hanno infatti registrato ottimi miglioramenti nell’arco dell’ultimo decennio. Secondo i dati della Banca Mondiale, durante i tre mandati di Correa la povertà in Ecuador è passata dal 36.7% al 22.5%, mentre la diseguaglianza misurata con l’indice di Gini è scesa dallo 0.55 allo 0.47.
Un successo, quello di Moreno, che ha dei riscontri importanti non solamente entro i confini ecuadoregni, ma in tutta l’America Meridionale, in un periodo di fondamentale importanza per quel fronte bolivariano che era stato lanciato dall’ex presidente venezuelano Hugo Chávez, e che ora proprio in Venezuela deve resistere ai continui attacchi dell’opposizione. Nell’ultimo decennio, l’Ecuador ha fatto parte – insieme alla Bolivia di Evo Morales ed allo stesso Venezuela – del nucleo centrale di questo fronte – certamente variegato e per nulla monolitico – di governi progressisti sudamericani, che hanno avuto un ruolo importante nel limitare l’espansione dell’imperialismo statunitense nel continente. Non dimentichiamo, del resto, che l’Ecuador è il secondo produttore di petrolio in America del Sud, proprio alle spalle del Venezuela.
I detrattori, naturalmente, faranno notare come le preferenze in favore dell’Alianza PAIS abbiano subito un calo rispetto alle ultime elezioni, stravinte da Correa, che ottenne il 57% dei suffragi addirittura al primo turno. Il calo numerico è innegabile, ma è dovuto certamente al cambio di leadership rispetto ad un Correa che con il suo carisma e le sue politiche popolari ha saputo raccogliere voti da tutte le fasce della cittadinanza. Le fasi di transizione, come accaduto in Venezuela tra Hugo Chávez e Nicolás Maduro, sono sempre delicate, e per ora Lenín Moreno ha superato il primo esame. Al contrario di quanto accade oggi in Venezuela, inoltre, Moreno potrà godere dell’appoggio del parlamento, rimasto in mano all’Alianza PAIS, che in base ai risultati del primo turno ha ottenuto la maggioranza assoluta di 74 seggi sui 137 complessivi. CREO ha invece ottenuto 34 rappresentanti, mentre la terza forza politica del Paese, il Movimiento Social Cristiano di Cynthia Viteri ha collezionato quindici posti per la prossima legislatura.
In attesa di vedere le prime mosse del nuovo presidente, che come detto entrerà in carica dal 24 maggio, vogliamo sottolineare come l’elezione di Moreno rappresenti anche l’abbattimento di una nuova barriera, visto che il prossimo capo di stato ecuadoregno è rimasto paraplegico dopo una sparatoria della quale fu vittima nel gennaio del 1998. Un’altra vittoria del progressismo sudamericano.
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