Hai gli occhi tra il marrone, il verde e il giallo; una piccola macchiolina scura su quello destro. Credi non me ne sia accorta? Mi accorgo di tutto, anche quando stai una merda e non riesci a dirlo a nessuno; per questo ti chiudi nel fumo. “Non fumare, ti fa male” ma ti fa male anche senza fumare, lo so, non me lo vuoi spiegare. Non ti conosco, non so se ami il dolce o il salato, non conosco tuo padre, non so se lavori e che lavoro fai, se ancora studi, che squadra tifi, i posti in cui sei stato; però so (e non chiedermi come) che ci sono sabati sera in cui sei circondato di gente e la malinconia si versa sui tuoi diciott’anni arrangiati, come un drink che ti cade addosso per sbaglio, per colpa di un cameriere sbadato. So che vai dietro il locale a fumare erba e te ne sbatti se ci hanno messo veleno, basta che ti faccia dimenticare e se t’ammazza meglio, così non devi più pagare per fare sembrare la vita meno bestiale. So che quando mi tocchi il viso pensi a quanto vorresti toccare il suo, perlomeno un’ultima volta; so che vorresti piangere e non lo sai fare e che preferisci sprofondare da solo piuttosto che chiedere aiuto. So che quelli che dovrebbero essere gli anni più teneri (così ci dicono) si trasformano in assassini spietati che filmano tutto mentre ci uccidono, so che gli amici ti servono per ricordarti che esisti, l’alcool per scordarti chi sei, le ragazze per riempire il vuoto che t’ha lasciato lei. Lei. Ti manca? Quanto? A me lui manca tanto, mi sto rovinando la vita. Esco la notte, bevo, ballo, io che non ho mai voluto ballare da quando mi sono caduti i denti da latte, adesso mi metto da sola nella folla e parto, con la luce stroboscopica puntata negli occhi che mi cancella il colore dell’iride. Potrà sembrare liberatorio, ma in realtà è solo triste.
Si avvicinano, mi chiedono:
“Sei single?”
Sì, glielo dico con la voce triste, perché lui mi manca da cani e se prima eravamo noi adesso sono io, sola, single. Ma non se ne accorgono loro, pensano solo ad avvicinarsi un po’ di più, e quando li allontano se ne vanno stizziti, come se fossi un loro diritto. Tu sei stato diverso, so anche questo. La prima volta ti avvicinasti mi chiedesti: “Sei fidanzata?” (in italiano va meglio) seguito da un “Vuoi ballare con me?”.
“Sì” ti dissi “ma non avvicinarti troppo”. Il contatto fisico mi snerva. Mi toccasti i capelli “Sono belli i tuoi capelli rossi”. Un complimento così semplice non lo sentivo da tanto. Era buio e tu eri la fiamma di un accendino, era buio e la tua bocca parlava sulla mia guancia, e la mia nel tuo orecchio e la tua mi piaceva, e la mia sorrideva per quello che la tua diceva.
“Ti piaccio?” mi susurrasti.
“Sì”.
“E allora perché non mi hai ancora baciato?”
Sorrisi.
Approfittando di quel piccolo sorriso mi baciasti, senza quel permesso che non t’avrei mai concesso. Ricordi? Bugiardo, non dire di no con la testa, gli occhi ti tradiscono, e non chiedermi di darti un altro bacio, non te lo do inutile che insisti. Girati dall’altro lato, i tuoi occhi mi destabilizzano. Posso illudermi di averti mio un minuto e poi per il resto del tempo? Tu, l’anestesia parziale di cui voglio abusare. Non ho niente da darti, non so parlare, non ti so accarezzare e non so farti sognare: io non so, tu non vuoi. Ma di questo non posso fartene una colpa, è naturale che vada così come deve andare. Sai, è una sorta di maledizione la mia. Un giorno la vita mi ha detto: “Il tuo compito è quello di metter per iscritto il dolore, e per farlo ti tolgo l’amore”.