Passare il potere secondo un criterio ereditario è una tradizione nelle monarchie, decisamente meno nelle repubbliche. Quando ciò avviene, generalmente la stampa occidentale ne fa un pretesto per attaccare il governo del Paese in questione: pensiamo soprattutto alla dinastia dei Kim in Corea del Nord (Kim Il-Sung, Kim Jong-Il e l’attuale leader Kim Jong-Un) o alla Siria, dove ad Hafez al-Assad è succeduto il figlio Bashar al-Assad. Nulla o quasi, invece, viene detto sull’Azerbaigian, partner commerciale e politico importantissimo dell’Occidente, finito nelle mani di un’unica famiglia sin dall’indipendenza dall’Unione Sovietica.
L’INDIPENDENZA E L’ASCESA DI HEYDAR ALIYEV
Ottenuta l’indipendenza nel 1991, l’Azerbaigian ha attraversato un periodo di lotte intestine nella prima parte della sua storia da nuovo stato. In una serie di rivolte e golpe, in pochi mesi vi furono diversi avvicendamenti nel ruolo di capo di stato: Ayaz Mutallibov venne deposto da Yagub Mammadov nel marzo del 1992, salvo poi tornare al potere per quattro giorni nel mese di maggio. Alla fine, fu Isa Gambar a traghettare il Paese verso le elezioni di giugno, dove emerse la figura di Abulfaz Elchibey, destinato però ad una breve durata politica.
Asfissiato dalla difficoltà di costruire un nuovo stato, dalle proteste e dal conflitto con l’altra neonata repubblica caucasica, l’Armenia, per il controllo del Nagorno Karabakh e del Naxichevan, territori contesi tra i due Paesi, Elchibey finì per cedere il potere ad Heydar Aliyev, uomo che vantava già una importante carriera politica ai tempi sovietici. Fondatore del Partito del Nuovo Azerbaigian (Yeni Azərbaycan Partiyası, YAP), Aliyev assunse ufficialmente la carica di capo di stato 3 ottobre 1993, mantenendola poi fino all’ottobre del 2003, due mesi prima della sua morte.
Nel corso dei suoi dieci anni presidenziali, Aliyev si è impegnato in una vasta campagna per diffondere il culto della sua personalità. Dal punto di vista politico, ha subito fatto capire di voler optare per un riavvicinamento con l’Occidente, firmando già nel 1994 un partenariato per la pace con la NATO ed un accordo di cooperazione con l’Unione Europea nel 1999. Ma, come sappiamo, la maniera più efficace per diventare un amico dell’Occidente sono gli accordi economici: grazie alla posizione geografica del suo Paese, Aliyev è divenuto un grande protagonista della geopolitica del petrolio, facendo diventare l’Azerbaigian una tappa imprescindibile nel trasporto dell’oro nero dalla regione del Mar Caspio al Mar Mediterraneo.
Nel 1998, ad Ankara, Aliyev fu uno dei promotori del progetto dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, noto come BTC, che sarebbe poi stato inaugurato nel 2006 ed intitolato proprio all’ormai defunto ecx presidente dell’Azerbaigian. Sempre nel 2006 fu inaugurato il gemello del BTC, l’oleodotto Baku–Tbilisi–Erzurum (BTE). In questo modo, l’Azerbaigian, come del resto la Georgia, si è legato in modo più che mai stretto al mondo occidentale, che, come noto, è sempre pronto a chiudere un occhio (o anche tutti e due) quando ad essere dispotici sono i propri partner.
IL PASSAGGIO DI CONSEGNE AL FIGLIO ILHAM ALIYEV
Dieci anni di culto della personalità hanno spianato la strada all’ascesa politica di llham Aliyev, figlio di Heydar. Il deterioramento delle condizioni di salute del capo di stato in carica hanno probabilmente anticipato il passaggio di consegne: alle elezioni del 2003, è appunto il quarantunenne Ilham a presentarsi come leader del partito fondato dal padre, il Partito del Nuovo Azerbaigian, divenuto oramai una vera istituzione nel Paese.
Eletto in quell’occasione con oltre il 75% delle preferenze, il rampollo degli Aliyev ha ulteriormente inasprito la repressione nei confronti delle forze d’opposizione, oltre a limitare la libertà di stampa. Nel 2014, si è anche rischiato un nuovo confronto armato diretto con l’Armenia per il controllo del Nagorno Karabakh. Allo stesso tempo, però, Aliyev ha saputo seguire le orme del padre in fatto di politica estera, modernizzando la capitale Baku e puntando sul turismo e sull’organizzazione di grandi eventi sportivi (Gran Premio di Formula 1, Giochi Europei 2015, denominati da Amnesty Internazional come i “Giochi della repressione”, Tour dell’Azerbaigian di ciclismo) ed artistici (Eurovision Song Contest del 2012), utilizzati come vetrina per il suo Paese.
Nel corso dei suoi primi tre mandati presidenziali, Ilham Aliyev ha stretto ulteriori accordi con l’Unione Europea, progettando la costruzione di un nuovo gasdotto che porti il gas del Mar Caspio in Europa occidentale, diminuendo così la dipendenza dei Paesi UE dal gas russo (di questa rete dovrebbe far parte anche il contestato TAP, Trans-Adriatic Pipeline, progettato per trasportare il gas azero dalla Grecia alla Puglia). Inoltre ha stretto importanti relazioni con gli Stati Uniti, ottenendo il sostegno tanto delle amministrazioni repubblicane di George W. Bush e Donald Trump, quanto quella del democratico Barack Obama. Allo stesso tempo, Aliyev ha fatto attenzione a non inimicarsi la Russia, incontrando più volte Vladimir Putin.
LE ELEZIONI DEL 2018: VITTORIA SCHIACCIANTE PER ILHAM ALIYEV
Veniamo dunque ai giorni nostri ed alle ultime elezioni presidenziali, tenutesi lo scorso 11 aprile. Anche in questo caso, Ilham Aliyev è stato incoronato vincitore per la quarta volta consecutiva con l’86.03% delle preferenze, ottenendo questa volta un mandato settennale, dopo le modifiche alla Costituzione volute dallo stesso capo di stato ed entrate in vigore nel 2016. Con un potere sempre più accentrato nelle mani del presidente, Aliyev sembra destinato ancora ad una lunga carriera politica, probabilmente per poi lasciare lo scettro ad un suo discendente, possibilmente il ventenne Heydar Jr, unico figlio maschio, mentre alla moglie Mehriban Arif è già stato assegnato il ruolo di vicepresidente lo scorso anno (cosa non da poco, visto che in caso di morte improvvisa del presidente è il vice-presidente ad assumerne il ruolo).
Inutile dire che le percentuali ottenute da Aliyev lasciano qualche dubbio sulla regolarità delle elezioni, che hanno visto il 74.30% di affluenza alle urne. Tra gli altri sette candidati, nessuno è andato oltre il 3%, soglia raggiunta, con qualche differenza centesimale, da Zahid Oruj, candidato indipendente, Sardar Mammadov, del Partito Democratico dell’Azerbaigian (Azərbaycan Demokrat Partiyası, ADP), e Gudrat Hasanguliyev, del Partito del Fronte Popolare dell’Intero Azerbaigian (Bütöv Azərbaycan Xalq Cəbhəsi Partiyasi). Altre forze politiche hanno invece annunciato un boicottaggio dell’evento elettorale, ritenuto una farsa.
Giorgi Gogia, responsabile dell’area del Caucaso Meridionale per l’ONG Human Rights Watch, si è così espresso sulle elezioni: “Per anni, le autorità hanno lavorato per silenziare l’opposizione politica, i media e la società civile. I partner internazionali dell’Azerbaigian non dovrebbero semplicemente congratularsi con il presidente, ma dovrebbero utilizzare questa opportunità per insistere sull’immediato rilascio degli oppositori ingiustamente incarcerati”.
Il regno di Aliyev, seppur apparentemente incontrastato, dovrà però affrontare nuove sfide: se per alcuni anni l’Azerbaigian ha visto la propria crescita economica galoppare, il recente crollo del prezzo del petrolio, principale esportazione del Paese, ha portato ad una forte svalutazione della valuta locale, il manat, ad un’impennata dell’inflazione ed all’aumento della disoccupazione.
BIBLIOGRAFIA
STARR, Frederick & CORNELL, Svante (2005), The Baku-Tbilisi-Ceyhan Pipeline: Oil Window to the West
Per un approfondimento sugli oleodotti della regione caucasica:
La posizione ed il ruolo centrale della Turchia sulle rotte del petrolio