Emmanuel Macron, il trentanovenne “rottamatore” in versione francese, sarà il nuovo inquilino dell’Eliseo a partire dal prossimo 14 maggio. Il candidato di En Marche! (EM!), forza politica da lui stesso fondata, ha prevedibilmente battuto Marine Le Pen, leader del Front National (FN): il verdetto del secondo turno ha sancito un divario tra i due candidati che è andato anche oltre le aspettative dei sondaggi, con Macron che ha ottenuto il 66.06% delle preferenze contro il 33.94% della rivale (affluenza alle urne del 74.62%).
UN RISULTATO STORICO
L’elezione di Emmanuel Macron assume connotati storici per diverse ragioni: innanzi tutto, dopo lunghi anni di alternanza tra il Parti Socialiste (PS) e la principale forza di centro-destra (che ha cambiato denominazione a più riprese), ad emergere è un partito di recente fondazione che si pone proprio come novità rispetto all’obsolescenza presunta dei partiti tradizionali.
In secondo luogo, Macron è diventato il presidente più giovane della storia della Repubblica Francese, ed il più giovane capo di stato del Paese dai tempi di Napoleone.
Infine, la Francia rischia di ritrovarsi alle prossime elezioni legislative di giugno con un’Assemblée Nationale spostata a destra come mai era accaduto negli ultimi decenni: se si considerano il Front National, Les Républicains di François Fillon e lo stesso partito di Emmanuel Macron, di ispirazione liberista e dunque ascrivibile ad una posizione di centro-destra, circa i due terzi degli elettori francesi sembrano aver preferito una soluzione che penda, in maniera più o meno netta, verso destra.
RIFORME LIBERISTE, MODERNIZZAZIONE E COMPETITIVITÀ
Sono quelle sopra elencate le tre parole chiave per poter capire quali potrebbero essere le prime mosse del nuovo presidente francese. Macron si è proposto di riformare il mondo del lavoro in maniera ancora più spinta di quanto non avesse già fatto François Hollande con la sua “loi travail”, naturalmente con conseguenze disastrose ai danni della classe lavoratrice. Sebbene non voglia qualificarsi come appartenente ai “vecchi” schieramenti di destra e sinistra, Emmanuel Macron dimostra in realtà di essere decisamente posizionato a destra dello spettro politico per quanto riguarda il settore economico.
Il neo-presidente vuole fare della Francia un Paese moderno ed all’avanguardia, ed è pronto a sacrificare diritti conquistati con decenni di lotte, il tutto ovviamente nel nome di quel mantra che è la competitività a tutti i costi. Macron, del resto, non ha mai nascosto la sua appartenenza alla classe dominante, essendo legato sin dal 2008 all’istituto bancario dei Rothschild attraverso la sua versione francese, la Rothschild & Cie Banque. Molto palesi anche le sue posizioni filoeuropeiste: non solo Emmanuel Macron è favorevole all’Unione Europea ed a quella monetaria, ma il suo obiettivo è di riportare la Francia in una posizione tale da poter trattare da pari a pari la Germania, istituendo un vero duopolio all’interno dell’Unione stessa.
Indubbiamente, i risultati del primo turno mostrano come solamente un quinto dell’elettorato francese sposi in realtà il programma di Macron, che per molti versi ricorda, in maniera addirittura peggiorativa, le politiche messe in atto negli ultimi quindici anni da Nicolas Sarkozy e Francçois Hollande. Un ruolo importante lo ha avuto il voto “antifascista” contro Marine Le Pen, demonizzata – non sempre a torto – come la candidata xenofoba ed ultranazionalista, e considerata come un pericolo per la democrazia. Dall’altro lato, la campagna antilepenista è stata in realtà sposata dalla classe dominante, che vedeva in Emmanuel Macron un difensore ideale dei propri interessi e privilegi, contro una Le Pen che avrebbe potuto portare nocumento all’immagine della Francia presso l’opinione pubblica internazionale.
LE OPPOSIZIONI PUNTANO ALLE LEGISLATIVE
Pur nella sconfitta, Marine Le Pen può dirsi ben contenta del risultato elettorale ottenuto, che rispecchia l’avanzata dell’estrema destra registrata negli ultimi anni in tutto il continente. Mai, neppure sotto la guida del padre Jean-Marie, il Front National aveva infatti raggiunto percentuali di questo tipo, vincendo addirittura in due dipartimenti. La candidata dell’estrema destra è sicura di poter fare ancora meglio alle prossime legislative, vista la personalizzazione della campagna elettorale che ha portato all’elezione di Emmanuel Macron. Se il carisma del nuovo presidente ha potuto giocare un ruolo importante, lo stesso potrebbe non accadere nelle 577 circoscrizioni elettorali del Paese, dove potrebbero riemergere le forze politiche tradizionali, più radicate sul territorio rispetto ad EM!.
Ad avere questa speranza è anche e soprattutto il Parti Socialiste (PS), che dopo la clamorosa sconfitta del primo turno, dove il candidato Benoît Hamon, ha chiuso addirittura al quinto posto, spera di potersi rifare proprio grazie alla sua presenza capillare in tutto il Paese. Una nuova sconfitta, invece, porterebbe la storica forza del centro-sinistra a diventare solamente un attore di secondo piano nella vita politica francese.
A sinistra, invece, Jean-Luc Mélenchon punta alla creazione di un fronte d’opposizione compatto dopo il buon risultato delle presidenziali, mai raggiunto da un candidato posizionato più a sinistra del PS. Al momento della pubblicazione dei primi risultati del secondo turno, Mélenchon ha invitato i suoi elettori a restare uniti in difesa di un “umanesimo sociale ed ecologico”. La coalizione de la France Insoumise (FI) sembra del resto essere l’unica forza con una vera ambizione di opposizione nei confronti del neoeletto presidente e delle sue politiche liberiste, e non a caso era anche la più temuta dalla classe dominante e dai settori finanziari in occasione del primo turno delle presidenziali, ben più di una Marine Le Pen che in realtà esprimeva, seppur in forma più primitiva, gli stessi interessi incarnati dal neoeletto Macron.
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