Già lo scorso agosto 2015, Ernst & Young, il quinto gruppo industriale in Gran Bretagna, ha annunciato che avrebbe rimosso la laurea come condizione obbligatoria per accedere alle varie selezioni. La scelta è stata motivata in maniera semplice e diretta: ”Non esistono (più) evidenze che un buon percorso universitario sia indice di successo nel mondo del lavoro”. Certo, il gruppo ha precisato che continuerà a tenere in seria considerazione la formazione accademica dei candidati, considerandola ancora (giustamente) un elemento molto importante nei vari processi di recruiting. La rivoluzione è comunque particolarmente importante perché, proprio Ernst & Young, aveva sempre considerato non semplicemente importantissimo ma proprio imprescindibile il titolo di laurea nelle proprie fasi di selezione: senza, era impossibile accedervi.
Al contempo, però, date le mutazioni repentine e continue del mercato del lavoro e l’accesso a forme alternative quanto efficaci di conoscenza ed (auto)formazione, i responsabili dell’azienda britannica hanno ritenuto miope e controproducente mantenere alzata una barriera all’ingresso che tenesse fuori da ogni considerazione i non laureati.
Del resto, come evidente, in particolare per determinati “nuovi lavori”, elementi come un buon personal branding, l’ingresso nel mondo del lavoro avvenuto in giovane età e l’esperienza aziendale pregressa maturata (ergo il proprio portfolio) valgono già da tempo anche più di un titolo universitario e consentono di trovare ottimi impieghi. Sempre più multinazionali (ad esempio Accenture), nei processi di selezione, prevedono poi anche l’indicazione di un percorso di studi accademico magari iniziato e non ultimato, con tanto di elenco d’esami sostenuti e media voto.
LA VERA AUTO-FORMAZIONE
Chiariamoci: quando parliamo di “formazione alternativa” non ci riferiamo a formule tanto in voga su Facebook che citano vagamente studi presso “Università della vita” o Wikipedia. Il processo di apprendimento da auto-didatta è se vogliamo anche molto più complesso e metodico di quello fatto seguendo i binari accademici pre-costituiti ed esige, oltre che ad una vocazione particolare nell’ambito di studi prescelto, anche molta determinazione e consapevolezza. Al contrario delle maratone nozionistiche e “tele-guidate” proposte da molti corsi universitari, infatti, la strada dell’autogestione didattica presuppone qualità non comuni nei discenti, grande spirito d’iniziativa ed altrettanta coscienza critica. Il tutto, ovviamente, deve essere poi affiancato ad una formazione pratica quanto continua, sul campo, che accrediti il professionista non laureato come esperto del suo settore grazie ai risultati aziendali ottenuti ed ai clienti serviti.
PORTFOLIO ANCHE PIU’ IMPORTANTE DI UNA LAUREA
Il portfolio, soprattutto per quelli che si definiscono come “lavori di concetto” (marketing, grafica, programmazione ecc), è difatti in tutta evidenza ciò che più conta quando si ambisce ad ottenere una certa posizione all’interno di realtà aziendali importanti. Ma attenzione: senza il “pezzo di carta”, come detto, si dovranno avere qualità e capacità di auto-promozione sopra la media e, ovviamente, si dovrà poter contare su un curriculum professionale di tutto rispetto.
Il passo fatto da Ernst & Young rappresenta dunque un’incoraggiante innovazione nel settore del recruiting e, di riflesso, si spera funga da sprone anche per proporre aggiornamenti contenutistici e metodologici agli ancora troppi corsi accademici vetusti, statici, poco stimolanti e troppo lontani dalle esigenze del mercato del lavoro attuale. La speranza è che sempre più realtà, per posizioni che contemplino determinate caratteristiche nel professionista, abbandonino la miope pretesa ad esempio di una “laurea in marketing con master”, aprendo le porte anche ad eccellenti figure professionali dotate di numerose skills e conoscenze ma sfornite di un titolo accademico finito.
MIGLIORERANNO ANCHE LE UNIVERSITA’?
Tale scelta, infatti, non potrebbe che far bene alle stesse università, spesso adagiate in maniera troppo pigra su programmi e posizioni assolutamente alienate ed alienanti (per gli studenti) rispetto al mondo circostante. Se si toglie ad alcuni atenei, per materie e corsi di studio specifico, il patentino di automatica autorevolezza, non si può che far bene al regime di concorrenza e migliorare la qualità e l’utilità anche pratica di quegli stessi percorsi. Naturalmente, con questo approccio, i laureati non verranno in alcun modo penalizzati ed i loro sacrifici sia economici che di tempo potranno comunque essere valorizzati. Si apre semplicemente qualche opportunità, almeno sulla carta, anche per professionisti che hanno scelto percorsi diversi.
Ed il mio consiglio, comunque, è sempre quello di cercare di laurearsi prima e meglio possibile, iniziando già a lavorare in giovane età (prima dei 22 anni, possibilmente) o di scegliere un percorso alternativo, studiando e leggendo molto più di quanto ci impongano negli atenei ed arrivando ad avere solide e complesse esperienze aziendali già molto prima di compiere i 30 anni.