Ignoranza: “Condizione che qualifica una persona, detta ignorante, cioè chi non conosce in modo adeguato un fatto o un oggetto, ovvero manca di una conoscenza sufficiente di una o più branche della conoscenza.”
A volte, mi vergogno di me stesso, mi vergogno per le persone che ho su Facebook, che seguo su Twitter e su altri social. Italiani, popolo di santi, poeti, trasmigratori… e di ignoranti. Parafrasando Blade Runner: “Ho visto cose su Facebook che voi umani potete solo immaginarvi…Persone che attaccano altre persone solo perché la pensano diversamente senza approfondire, politici che scrivono senza essere loro a farlo, opinionisti che non hanno opinioni ma comunque parlano e ignoranti che parlano solo perché, ogni tanto e pure male, hanno letto Lercio. Ho letto di leghisti che vorrebbero un’Italia unita contro gli “invasori” senza dare loro possibilità di vivere, ho visto donne che vorrebbero la parità ma fanno di tutto per non averla, ho parlato con uomini che si definiscono tali solo per via della barba, e forse, quando gli scogliattoli fanno il giro d’Italia sul mento, farebbero bene a tagliarsela… Ho visto arrivisti arrivare, senza sapere come fossero partiti…”
Internet, Google, Wikipedia e compagnia bella, si dice, distruggano o quanto meno minaccino la cultura, nonostante l’incredibile quantità di informazione che offrono o forse a causa di tale profluvio di informazioni. È una questione complessa, che va affrontata senza catastrofiche e nostalgiche condanne della nequizia dei tempi e senza passiva e giuliva acquiescenza ad alcun andazzo generale. Non è strano che la cultura possa essere indebolita da un eccesso di informazione che impedisce di selezionare e di riflettere e mette in difficoltà i tempi dell’autentica cultura, che non è cumulo di nozioni bensì capacità di critica e autocritica, passione e distanza. “Cultura”, diceva Lin Yutang, “è amare e odiare con fondamento. È strano invece che a impoverirsi paurosamente sino al ridicolo sia l’informazione, anche la pura e semplice informazione priva di riflessione.”
Internet, Google, Wikipedia e compagnia bella, si dice, distruggano o quanto meno minaccino la cultura, nonostante l’incredibile quantità di informazione che offrono o forse a causa di tale profluvio di informazioni. È una questione complessa, che va affrontata senza catastrofiche e nostalgiche condanne della nequizia dei tempi e senza passiva e giuliva acquiescenza ad alcun andazzo generale. Non è strano che la cultura possa essere indebolita da un eccesso di informazione che impedisce di selezionare e di riflettere e mette in difficoltà i tempi dell’autentica cultura, che non è cumulo di nozioni bensì capacità di critica e autocritica, passione e distanza. “Cultura”, diceva Lin Yutang, “è amare e odiare con fondamento. È strano invece che a impoverirsi paurosamente sino al ridicolo sia l’informazione, anche la pura e semplice informazione priva di riflessione.”
La velocità di informazione è senza ombra di dubbio, la migliore qualità che ha internet. Ma stranamente oggi è proprio l’informazione a regredire paurosamente, come se, invece di disporre di strumenti così funzionali, vivessimo in un mondo senza comunicazione, senza libri, senza giornali, senza radio e tv, senza internet.
Umberto Eco, ricordava come nei quiz, trasmessi in tv in prima serata, alcune persone, indicate con nome e cognome, dimostravano di credere che Mussolini fosse ancora vivo alla fine degli anni Ottanta o Novanta.
Umberto Eco, ricordava come nei quiz, trasmessi in tv in prima serata, alcune persone, indicate con nome e cognome, dimostravano di credere che Mussolini fosse ancora vivo alla fine degli anni Ottanta o Novanta.
Il guaio forse peggiore è che queste persone non sono scappate in Tibet (ovviamente, dovrebbero sapere dove si trova) a nascondersi per la vergogna dopo aver messo in risalto tutta la loro inconcepibile ignoranza; anzi, forse saranno state felici di essere apparse, sia pure con nefandezza, in tv. Ovviamente possono stare tranquilli, perché sono in buona compagnia nel mondo. Oggi esiste uno squilibrio profondo tra la domanda e l’offerta. Pochissimi vanno in biblioteca a chiedere un libro per un loro interesse, pochi vanno in libreria con la consapevolezza di quello che vogliono. In genere si va per chiedere ciò che viene prepotentemente offerto, e i motori di ricerca presuppongono un’iniziativa del consumatore, senza quella la pagina di Google rimane ferma, vogliono che qualcuno gli ponga una domanda. Facebook, Twitter sono portali dove il consumatore (medio) viene reso inerme al “lavaggio” mentale, le ricerche non saranno di livello culturale, ma di livello mediatico… ciò spiega veramente come mai nell’epoca del saper tutto si sappia sempre meno.
di Andrea Paone