Si è formata nel dicembre del 2012 in Abruzzo, ponendo al centro del suo interesse il benessere dell’individuo. Una realtà, quella della Rete Olistica Adriatica (Roa), di cui fanno parte associazioni, centri e operatori olistici che operano prevalentemente in Abruzzo, Marche, Molise, Puglia ed Emilia Romagna. Suo ideatore e fondatore è Michele Meomartino, già presidente dell’associazione Olis di Montesilvano (Pescara). YOUng lo ha intervistato.
Come nasce la Rete Olistica Adriatica e perché?
E’ un coordinamento composto da associazioni e da singoli operatori. Nasce dalla necessità e dall’urgenza di ridurre la grande frammentazione che vi è nel variegato mondo olistico, dove spesso i soggetti che ne fanno parte non collaborano tra di loro. Le ragioni di questa divisione sono tante, ma principalmente sono riconducibili al timore di perdere la propria visibilità o, quantomeno, di vederla offuscata. Le reti, quando sono correttamente impostate, non annullano le singole specificità, anzi le potenziano. Sono semplici strumenti di servizio che permettono una circolarità delle informazioni indispensabile per chiunque cerchi di collaborare. Inoltre, la sinergia con gli altri operatori di discipline olistiche ci permette, entro certi limiti, di dilatare la nostra conoscenza e di crescere insieme.
Una particolare attenzione è rivolta al binomio alimentazione-benessere. In che modo?
Il benessere è una condizione onnicomprensiva, oggettiva e soggettiva allo stesso tempo. La qualità della terra, dell’acqua, dell’aria, le condizioni sociali generali possono condizionare la vita e con essa il benessere generale. Ma se la vista di un tramonto per qualcuno potrebbe rappresentare un’esperienza emotivamente coinvolgente, per qualcun altro è completamente indifferente, non gli suscita nessuna emozione, non gli procura nessun benessere. Il cibo, essendo un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, pur nella differente accezione che ognuno di noi attribuisce ad essi, è indubbiamente uno dei fattori più importanti per il benessere di una persona.
La tematica cibo è stata al centro di Expo 2015. Ma è stata anche il filo conduttore del convegno organizzato da Olis Global Food a Pescara in primavera. Quanto cibo si spreca oggi e quanto male mangiamo?
Si, il 21 e il 22 marzo scorsi, nell’Auditorium Flaiano di Pescara, si è svolto il convegno “Global Food”, organizzato dalla Rete Olistica Adriatica. Nei due giorni della manifestazione sono intervenuti 20 relatori, alcuni di fama internazionale, informando una vastissima platea dei molteplici aspetti che interagiscono con il cibo. E’ stato un bellissimo evento sotto molti punti di vista e con la soddisfazione di aver ottenuto il patrocinio morale di EXPO 2015 Milano. E’ vero sprechiamo molto cibo. Basta recarsi sul retro di un ristorante o di un supermercato per farsi un’idea, dove, tra l’altro, non di rado, si trovano poveracci intenti a rovistare tra gli scarti. Lo spreco è una deriva vergognosa, ma è anche e soprattutto la conseguenza di una società consumistica che ha posto principalmente l’attenzione sugli aspetti edonistici ed egoistici, dimenticando colpevolmente che oltre un miliardo di persone ha problemi di accesso al cibo con la povertà sempre più dilagante. Ma lo spreco è anche un problema di educazione. Sono di natura commerciale l’insensato spreco di interi raccolti. Tanta grazia di Dio che va al macero condannata dalle leggi del mercato. La risposta alla domanda, su quanto mangiamo male, è decisamente complessa. Intanto una buona parte dell’umanità mangia molto, troppo, al di là di ogni ragionevole bisogno, soprattutto di cibo spazzatura, completamente snaturato e privo di elementi nutrizionali. Inoltre, nord americani ed europei seguono una dieta iperproteica. Assumono troppe proteine, la maggior parte delle quali sono di origine animale.
Quali sono gli alimenti che non dovrebbero mancare in una dieta corretta?
La cosa più importante è saper variare e combinare bene gli alimenti. Inoltre, sono molto importanti: la stagionalità, la freschezza e la territorialità dei prodotti. Oggi si parla molto di Chilometro Zero. Si dovrebbe ridurre al minimo il cibo che proviene dagli altri territori, specie dall’estero, anche perché il traffico delle merci contribuisce ad inquinare l’ambiente, e preferire quello che si produce nel proprio territorio. Sarebbe molto salutare, quando c’è la possibilità, che una parte del cibo fosse autoprodotto. In questi ultimi anni sono nate una miriade di esperienze interessanti: orti urbani e sociali, orti sinergici e biologici, ad esempio.
Parliamo di dieta mediterranea. Quali sono i benefici? Quali sono, invece, i contro?
I benefici di una dieta con meno carne e più frutta e verdura sono sotto gli occhi di tutti. Ovviamente a patto che gli alimenti siano sani e provenienti da coltivazioni biologiche. Il contro di ogni alimentazione, dieta mediterranea compresa, è la mancanza di moderazione. E alcuni cibi che assumiamo, come quelli raffinati, sono velenosi. Un capitolo a parte meriterebbe la cottura degli alimenti. In alcuni casi è necessaria e contribuisce a rendere più gustose le pietanze. Ma ho trovato altrettanto gustosi alcuni cibi crudi. Ci sono molte persone che hanno fatto una scelta rigorosamente crudista.
Un intervento del convegno Global Food è stato dedicato all’etichettatura dei prodotti alimentari. Ci dice qualcosa di più?
Il problema dell’etichettatura è duplice. Da una parte chi produce deve essere obbligato ad indicare le informazioni sull’etichetta in modo chiaro e visibile. Non tutte le aziende che producono cibo sono solerti ed esaustive nel fornire dati. Forse perché temono che l’indicazione di alcuni parametri non incoraggi i consumatori ad acquistare. Dall’altra i consumatori devono imparare a leggere le etichette. E’ un problema di educazione alimentare ed è nel loro interesse informarsi correttamente. Invece, ci informiamo volentieri dei fatti di cronaca rosa e nera e meno di quelli che attengono alla nostra salute. Comunque, almeno in Italia, sta crescendo una nuova consapevolezza, più informata e responsabile, grazie all’azione delle associazioni dei consumatori e in particolare dei GAS (Gruppi d’Acquisto Solidale) che sono molto sensibili e attivi su questi aspetti.
Rapporto OMS sulle carni rosse. Una sua opinione?
Dopo il rapporto dell’OMS – l’Organizzazione Mondiale della Sanità, agenzia dell’ONU che si occupa di salute e medicina – in cui viene detto che il consumo di carne lavorata, cioè affettati, würstel e bacon, aumenta il rischio di contrarre il tumore al colon, a me sembra, al netto delle scontate prese di posizione da parte di tutti i soggetti sensibili al problema, dai produttori alle associazioni di consumatori, che la vicenda riproponga con maggior forza e urgenza la necessità di una corretta ed esaustiva informazione alimentare. Il rapporto dell’OMS, proprio perché proviene da un’organizzazione così prestigiosa, come l’ONU, merita il massimo dell’attenzione. Comprendo le reazioni di chi vede minacciati i propri interessi economici e di chi teme la perdita del posto di lavoro. Un po’ meno comprendo le ragioni di taluni consumatori, le cui reazioni tradiscono un certo fastidio, unicamente improntate al sarcasmo e alla saccenteria. E’ interesse dei cittadini informarsi di più e meglio.
Suggerimenti per una corretta alimentazione?
Il cibo è una straordinaria porta sul mondo. Ci aiuta a comprendere meglio la vita e la nostra storia. E’ uno dei componenti principali del nostro benessere che non va mai scisso, però, da tutte le altre molteplici dimensioni in cui vivono gli essere umani. Per esempio, se ti alimenti correttamente ma poi hai un cattivo rapporto con gli altri, il tuo benessere sarà compromesso. Molte diete falliscono perché la causa dei disturbi non è di origine alimentare, ma in molti casi è di natura psicologica. Nelle disarmonie si ricorre spesso al cibo come forma di compensazione e prima di impostare una corretta alimentazione sarebbe importante fare una valutazione dello stato psicofisico in cui versa una persona. Sono molto attento verso tutte le dinamiche che ruotano attorno al cibo, ma non stimo coloro che verrebbero strumentalizzarlo facendone una specie di religione. Parafrasando i Vangeli: “non si vive di solo pane…”