Piccolo stato dell’Africa orientale, con un’area poco più grande della Sicilia ed una popolazione di oltre undici milioni di abitanti, la Repubblica del Ruanda è guidata dal 2000 dal presidente Paul Kagame, confermato lo scorso anno per un quarto mandato consecutivo. Lunedì 3 settembre, la popolazione ruandese è tornata alle urne per le elezioni legislative, al fine di rinnovare la composizione della Camera dei Deputati, composta da ottanta seggi.
Il sistema elettorale ruandese prevede un metodo misto: 53 seggi vengono eletti direttamente con il metodo proporzionale su scala nazionale, ma con una soglia di sbarramento posta al 5%, attribuendo i seggi con il metodo dei maggiori resti; i restanti 27 seggi, invece, vengono eletti indirettamente dai consigli locali, con ventiquattro seggi riservati alle donne, due ai rappresentanti dei giovani e due ai rappresentanti dei disabili.
Come prevedibile, il Fronte Patriottico Ruandese (Front Patriotique Rwandais, FPR) del presidente Paul Kagame si è confermato nettamente come il primo partito del Paese, ottenendo quaranta seggi tra quelli eletti con suffragio diretto, solamente uno in meno rispetto alla precedente legislatura, raggiungendo il 74% delle preferenze, con un’affluenza alle urne pari al 93%. Tra le altre forze che hanno superato lo sbarramento, il Partito Social Democratico (Parti Social Démocrate) ha eletto cinque rappresentanti, il Partito Liberale (Parti Libéral, PL) quattro, il Partito Verde Democratico del Ruanda (Democratic Green Party of Rwanda, DGPR), che partecipava alle sue prime elezioni, due, stesso numero di deputati del Partito Sociale Imberakuri (Parti Social Imberakuri, PS-Imberakuri).
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Da segnalare che la nuova legislatura della Camera dei Deputati vedrà una maggioranza di donne, pari al 61% del totale. Considerando che ventiquattro seggi sono già riservati alle donne, saranno in totale quarantanove le deputate, contro solamente trentuno colleghi maschi, facendo del Ruanda il Paese al mondo con la maggior percentuale di parlamentari di sesso femminile, primato che tra l’altro già deteneva in precedenza (nella scorsa legislatura le deputate donne erano addirittura il 64%). Tra queste, ci saranno Christine Mukabunane, capolista del Partito Sociale Imberakuri, e Clarisse Imaniriho, eletta come rappresentante dei giovani insieme ad Ernest Kamanzi.
Donatille Mukabalisa, presidente uscente della Camera dei Deputati (ruolo ricoperto dal 2013), ha affermato che questi risultati dimostrano ancora una volta come il Ruanda sia all’avanguardia nel processo di emancipazione femminile rispetto a molti altri Paesi. Certo, la Costituzione ruandese facilita questo processo proteggendo la rappresentanza femminile, che deve equivalere quanto meno al 30% del totale, al punto che oggi in molti si chiedono se abbia ancora senso riservare venticinque seggi alle donne, visto che comunque queste non hanno difficoltà ad essere elette anche con liste aperte.
L’altro punto di domanda riguarda il giudizio sul Ruanda: applicando i criteri occidentali, questo Paese non rappresenta un esempio di democrazia, visto che Kagame ed il suo partito dominano la scena politica da un ventennio. Tuttavia, il Ruanda si sta dimostrando all’avanguardia sotto molti punti di vista: oltre all’alta rappresentanza femminile, è uno dei pochi Paesi africani dove le elezioni si tengono senza registrare importanti incidenti, e con un’alta affluenza alle urne.
[sostieni]
Secondo gli analisti politici più attenti, il successo di Kagame non è da ascrivere all’imposizione di un modello dittatoriale, come si potrebbe pensare. Infatti, non c’è dubbio alcuno sul fatto che la grande maggioranza del Paese sia effettivamente a sostegno del presidente e del suo partito. Dopo il terribile conflitto etnico tra hutu e tutsi, uno dei più sanguinosi che si siano registrati nel mondo dalla fine della seconda guerra mondiale, il Paese ha ritrovato il clima di pace con l’ascesa al potere del predecessore di Kagame, Pasteur Bizimungu (presidente dal 1994 al 2000), e del Front Patriotique Rwandais. I cittadini ruandesi, di conseguenza, collegano il potere del FPR e dello stesso Kagame con il mantenimento della pace e la convivenza tra i due principali gruppi etnici del Paese, rinunciando dunque a quel pluripartitismo che sarebbe indice di democrazia secondo i canoni occidentali. In uno Stato che ha vissuto una terribile guerra, la pace e la stabilità sono le uniche priorità, per il resto c’è tempo. Se, nel corso della guerra, il Ruanda aveva fatto registrare un calo del 50.2% del PIL, oggi il Paese sta vivendo un rapido sviluppo (+5.9%, contro il -0.6% del vicino Burundi), fatto che contribuisce a rafforzare la fiducia nell’attuale dirigenza.