Con un’estensione di oltre due milioni di chilometri quadrati, la Groenlandia è l’isola più grande al mondo, e sarebbe teoricamente il dodicesimo Paese più esteso del globo. Inserita all’interno del Regno di Danimarca, seppur con un’ampia autonomia, riconosciuta solamente in tempi recenti, l’isola guarda sempre più all’indipendenza ed alla conseguente uscita dall’Unione Europea.
Alle elezioni dello scorso 24 aprile si è arrivati con il governo guidato da Kim Kielsen (a destra nella foto in alto), esponente di Siumut (Avanti), partito socialdemocratico che promuove, per l’appunto, la linea indipendentista ed euroscettica. Due punti, a dire il vero, che mettono d’accordo quasi tutte le forze politiche groenlandesi, dalla sinistra più radicale di Inuit Ataqatigiit (Comunità Inuit, o, più letteralmente, Comunità del Popolo), il partito guidato da Sara Olsvig, ai centristi di Partii Naleraq (Partito del Punto d’Orientamento), passando per il partito identitario Nunatta Qitornai (Discendenti del Nostro Paese), formazione politica dai natali recenti, che ha addirittura annunciato, nel proprio programma, l’indipendenza per il 2021.
Oramai, la posizione unionista (ovvero quella per il mantenimento dello status quo) è sostenuta solamente dal centro-destra dei Democratici (Demokraatit) e di Atassut (Solidarietà), e dalla piccola forza liberale denominata Partito della Cooperazione (Samarbejdspartiet).
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Le elezioni, tuttavia, hanno nettamente segnato la vittoria della prima linea, con Siumut che resta il primo partito del Paese con il 27.2% delle preferenze, seppur registrando una piccola flessione rispetto a quattro anni fa. Kim Kielsen, destinato sulla carta a restare capo del governo, potrà contare su nove rappresentanti sui trentuno seggi che compongono il Parlamento.
Inuit Ataqatigiit ha ottenuto otto seggi con il 25.5% dei suffragi, davanti ai Democratici (19.5% con sei seggi) ed al Parti Narelaq (13.4% con quattro seggi). Completano la formazione del Parlamento due rappresentanti di Atassut ed uno a testa per il Partito della Cooperazione e per Nunatta Qitornai. L’affluenza alle urne è stata del 71.86%.
La prospettiva dovrebbe essere quella di un’alleanza tra le prime due forze politiche del Paese, entrambe con l’obiettivo dell’indipendenza, mentre nella precedente legislatura Kielsen si era alleato con i Democratici. Il cammino, tuttavia, non sarà facile, anche perché, ad oggi, l’economia groenlandese è fortemente dipendente dalla Danimarca, visto che Copenaghen contribuisce ogni anno al 60% del budget dell’isola, anche se di recente si sono registrati ottimi miglioramenti nella nascente industria mineraria. Inoltre, la Groenlandia ha concluso diversi accordi con aziende cinesi, facendo storcere il naso al governo danese, stretto alleato degli Stati Uniti.
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In questi giorni, tra l’altro, anche un altro territorio danese, le Isole Fær Øer, hanno vissuto un referendum sull’implementazione di una nuova costituzione che porti l’arcipelago sul cammino verso l’indipendenza. Secondo gli analisti, sia per la Groenlandia che per le Isole Fær Øer, l’obiettivo sembra piuttosto perseguibile, ma a lungo termine.