Concedetemi di iniziare questo editoriale con una citazione, a mio avviso epica per semplicità di lettura e contenuto, dal film After Heart: “La paura non è reale, l’unico posto in cui può esistere è nel nostro modo di pensare al futuro, è un prodotto della nostra immaginazione, che ci fa temere cose che non ci sono nel presente e che forse neanche mai ci saranno. Si tratta quasi di una follia Kitai, cioè non mi fraintendere, il pericolo è molto reale, ma la paura è una scelta”.
E’ importante infatti fissare bene fin da subito i confini del pericolo reale (che spesso paradossalmente è quello che sentiamo meno o che decidiamo di sentire meno), da quelli del pericolo immaginario, che porta a paura ingiustificata ed utile solo a confermare i nostri pregiudizi.
LA SCARSA SICUREZZA È SOLO QUESTIONE DI PERCEZIONE
Vi faccio un esempio semplice: quando un fumatore spegne la sua quindicesima sigaretta giornaliera, non è terrorizzato dall’idea di poter prendere un cancro e morire nel giro di qualche mese. Anzi: per lui quel gesto pro-tumore è così naturale ed irresistibile che sceglie deliberatamente e continuamente di farlo e ripeterlo. Poi, magari, lo vedi scrivere post che invocano “maggiore sicurezza”, “più controlli”, “meno immigrazione” e via discorrendo.
Il soggetto in questione compie dunque un gesto consapevolmente autolesionista, demandando poi ad organi, enti ed altri individui il resto della sua incolumità personale. Se ci riflettete, è un ragionamento assurdo ed irrazionale, che espone anche al ridicolo.
Ed è proprio su questo aspetto irrazionale della mente umana che la propaganda politica più grezza (e quindi di maggior presa e successo), insieme agli organi d’informazione più conformisti, fa presa per manipolare le masse, fomentando paure, creando mostri, lanciando costantemente messaggi di pericolo e mettendo in grande evidenza le stesse violenze che dice di voler combattere.
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E’ lo stesso che accade quando si parla ossessivamente di imprenditori suicidi, per portare acqua al mulino della critica anti-governativa mossa dall’opposizione di turno o per rafforzare proprie convinzioni personali sulla “crisi”. Così facendo, si ignora però un fenomeno che in psicologia sociale è stato scoperto e dimostrato da anni: più si parla di suicidi, più i suicidi aumentano. Più si parla di stragi e terrorismo, più lo stragismo terrorista fa presa nelle menti predisposte ad abbracciarlo. Non a caso, qui su YOUng adottiamo una linea editoriale rigidissima su questi temi, senza porre mai enfasi e spesso (per alcuni clamorosamente) ignorandoli, almeno negli aspetti di cronaca più banali e leggibili già ovunque.
LA PAURA È UNA SCELTA, SEMPRE
Preciso che sono nato e cresciuto in una zona (tra la provincia casertana e Napoli), dove la micro-criminalità è un fenomeno piuttosto diffuso, insieme ad atti di violenza e bullismo, che “impari” a subire fin da giovanissimo. Il primo scippo l’ho patito infatti a 14 anni, a 12 invece il primo pestaggio di gruppo, poi i furti in casa, le minacce dai parcheggiatori abusivi, la mia moto sequestrata da un paio di “bravi ragazzi” dei rioni popolari e restituita dopo 2 ore ecc. Napoli però mi ha anche regalato un vecchietto che quasi sveniva dalla fatica per rincorrermi e restituirmi i 150 euro che avevo perso dalla tasca del cappotto mentre correvo per non perdere il treno, o la coppia che alla fermata della metro mi ha atteso per 10 minuti, custodendo l’iPad che avevo lasciato sulla macchinetta dei biglietti o, ancora, la commessa che mi ha rincorso alla cassa per ridarmi il cellulare (da 600 euro) lasciato su un maglione esposto.
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Non ho paura di girare a Napoli o Caserta, come non ho avuto paura di muovermi a Rio De Janeiro o a Roma di notte. Non percepisco pericolo ad ogni angolo di strada, per un motivo semplice: perché come detto il terrore è sempre una scelta, un auto-condizionamento. È, se volete, un punto di vista sul mondo e su chi lo popola. L’umanità si è da sempre uccisa, massacrata, stuprata e derubata. Oggi lo fa comunque molto meno che in passato, almeno in quasi tutto il mondo sviluppato. Ridurre certi fenomeni virulenti è dovere di ogni buona amministrazione pubblica, tenere gli occhi aperti e prestare attenzione quando si frequentano certe zone è compito di ogni cittadino dotato di buon senso; illudersi che si possano estirpare del tutto per consentirci di vivere in una sorta di Eden terrestre dove nessuno ruba, stupra o uccide, è puerile e ridicolo.
LE STATISTICHE PARLANO, MA LA POLITICA LE IGNORA
Eppure, a dimostrare che non esistono “invasioni”, né alcuna “emergenza sicurezza” in Italia, né tantomeno eserciti di clandestini e richiedenti asilo pronti a trucidare e stuprare “le nostre donne”, ci sono fior fior di dati, ignorati di gran lena da politici, giornali e tv. Uno studio, anche abbastanza noto ma mai abbastanza ripreso e citato, analizza ad esempio l’andamento degli omicidi dal 1984 al 2015.
Il grafico poco più in basso parla chiaro: esiste un crollo costante e poderoso dei crimini violenti, nel nostro paese. In particolare, dal 1992, si registra un decremento verticale delle uccisioni. Nel 2016, diminuiti gli omicidi anche nelle regioni del Sud ed in particolare in Calabria e Sicilia, dove si è registrato un calo considerevole. Anche per la violenza specifica contro le donne (che spesso sembra l’unica ad interessare i media), l’Italia è quella che nel 2016 ha registrato il minor numero di episodi in Europa, insieme alla Spagna, vedendo tra l’altro una costante diminuzione degli episodi negli ultimi anni. Poco più sotto troverete due grafici: uno aggiornato al 2015, l’altro con i numeri del 2017 (diffuso da Vittorio Zucconi)
Sia chiaro: c’è di sicuro ancora molto da fare per limitare i fenomeni di violenza, gli omicidi, i furti, i pestaggi ecc, ma non esiste alcuna emergenza. Di più: ogni dato parla chiaramente di un decremento continuo e considerevole degli atti violenti più gravi e questo nonostante siano aumentati i tanto contestati “immigrati” e, le zone più disagiate del paese, nella maggior parte dei casi siano ancora abbandonate a loro stesse. Questo, ci sarebbe da aggiungere, nonostante il costante storytelling macabro e la propaganda d’odio ed intolleranza che subiamo ogni giorno, da qualsiasi mezzo di informazione e comunicazione.
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COMBATTERE POVERTÀ ED ESCLUSIONE, NON L’IMMIGRAZIONE TOUT COURT
Per questo, come scrivevo in un altro editoriale ieri, occorre smetterla di dar voce ossessiva alla pancia degli sparuti propagatori d’odio, razzismo e fobie, che vengono intervistati con tanta insistenza nelle varie trasmissioni spazzatura (in particolare del gruppo Mediaset), diventando così “campioni assoluti” che dovrebbero rappresentare l’intero popolo italiano e la sua presunta esasperazione. Zittire la “giente” ed i suoi relativi starnazzamenti ignoranti sarebbe un’ottima cura alla paura percepita ed alla lotta (vera) alla violenza in ogni sua forma.
In realtà, il concetto è finanche banale: violenza e micro-criminalità esistono soprattutto dove ci sono povertà, scarsa istruzione, alta disoccupazione e bassa inclusione sociale. Funziona da sempre così e da sempre lo si sa benissimo. Ma allora, perché tutta questa ossessione per l’inesistente pericolo d’invasione e quasi nessun accenno, nei programmi politici fondamentali, a progetti di lotta alla povertà relativa ed assoluta ed in favore dell’inclusione sociale? Eppure, sconfiggere il degrado e la bassa alfabetizzazione sono le formule più efficaci e virtuose (oltre che valide nel lungo periodo) per aumentare il livello generale di sicurezza e benessere della popolazione, escludendo gli elementi irrecuperabilmente violenti e sociopatici e limitando il più possibile criminalità e micro-criminalità.
LA FINTA EMERGENZA È PIU’ UTILE DI UNA REALE SOLUZIONE
Ma allora, perché si continua ad insistere su certi temi e con certi toni, sventolando emergenze gravissime che numeri alla mano non esistono neppure lontanamente? Perché, come già ripetuto in diversi miei scritti sul tema, il livello medio d’informazione e politica (a livello globale, non solo italiano) è medio-basso. In altri casi, esiste proprio un disegno fatto con la matita della malafede, che sceglie deliberatamente di dipingere una realtà fuorviante, ma più facile da comprendere per le masse incolte e semi-colte pronte ad andare alle urne o… a leggere i giornali dediti a certe linee editoriali disfattiste, strumentali e fomentatrici.
Del resto, è sempre la “ggente” stessa che ricerca con smania feroce conferme alle proprie idee, ai propri pregiudizi ed appunto alle proprie paure ed è portata a condividere soprattutto ciò che rafforza e conferma tali convinzioni. In altri termini: se sono un razzista convinto che ogni immigrato sul suolo italiano possa attentare in maniera grave alla mia sicurezza, ignorerò diligentemente ogni documento, statistica o semplice opinione che possa confutare la mia (alienata) idea e le mie paranoie.
In più, da analfabeta funzionale, riporterò ogni elemento della realtà alla mia esclusiva e quindi limitatissima esperienza individuale, convincendomi che ogni altro individuo al mio posto la penserebbe allo stesso modo e/o che, in ogni caso, il mio giardino rappresenta il mondo intero.
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L’IMPORTANZA (E LA RESPONSABILITÀ) DELLA MAGGIORANZA SILENZIOSA
Ma esiste un modo per auto-immunizzare le masse, per definizione facilmente influenzabili ed affette da virulento greggismo: la cosiddetta “maggioranza silenziosa”, quella che spesso cita anche David Parenzo durante il celebre programma “La Zanzara”, deve trovare voce e diventare attivista come i bifolchi parecchio chiassosi che infestano di fake news e strumentalizzazioni i social network, intervengono sbraitanti da Del Debbio e Belpietro, testimoniano la propria pochezza su Radio 24 ecc. Non è un epoca per moderati e taciturni, questa ed oramai dovremmo averlo capito. Occorre condividere, intervenire, finanche urlare le proprie ragioni contro il delirio populista ed animalesco che pare l’unica voce in campo. “Loro” sono di meno, ma riescono a convogliare tutta l’attenzione disponibile e la visibilità concedibile proprio grazie ad un disperato attivismo.
Ed è quindi anche colpa di chi, essendo in disaccordo con tale diarrea contenutistica, si limita a defilarsi, a non partecipare, non leggere; a non condividere articoli lucidi e statistiche inconfutabili per pigrizia, ignavia, scarsa responsabilità civile e sociale. Non possiamo lamentarci del web e della spazzatura che inevitabilmente ospita, se poi non facciamo nulla per fornire un’alternativa valida e di qualità ai ciarpame gemebondo che vediamo propinato ovunque, anche in tv.
Occorre essere convinti e “feroci” nell’imposizione di certe giuste idee, esattamente come lo sono (sempre più) coloro che si sentono liberi di uscire nuovamente dai vari sistemi fognari e per tentare di riportare in auge la schiuma della nostra storia contemporanea, che con grande fatica, morte e dolore è stata sconfitta ed ora non può né deve essere sdoganata. Contrastare l’ignoranza collettiva, in questa epoca di comunicazione non più broadcasting ma multilaterale e multicanale, è anche (e forse soprattutto) responsabilità della collettività sana che ancora abita questo paese ed il mondo intero.
Fatevi sentire, voi che avete la giusta voce per dire le cose giuste. Razzismo, fascismo, egoismo ed ignoranza non sono opzioni tollerabili e concepibili per la società. Ma non spariranno a colpi di omertà e resa relativista. Occorre agire, ora.