“Ma tanto se scoppia una centrale in Svizzera…”: una delle frasi più pronunciate nella primavera del 2011, alle porte del referendum italiano sull’energia nucleare, ci introduce a quanto accaduto domenica 21 maggio proprio nella Confederazione Elvetica (nome ufficiale dello stato dalla bandiera rossocrociata e rigorosamente quadrata). I cittadini svizzeri, proprio come quelli italiani sei anni fa, si sono espressi contro l’energia nucleare, a lungo uno dei fiori all’occhiello del Paese, ed in favore dell’implementazione delle fonti di energia rinnovabili e pulite. Ma andiamo con ordine.
L’INCIDENTE DI FUKUSHIMA E LA STRATEGIA ENERGETICA 2050
Tutto ebbe inizio nel 2011, con il terribile incidente della centrale giapponese di Fukushima – che certamente giocò un ruolo importante anche nell’esito del referendum italiano. Il governo elvetico, scosso da quanto accaduto dall’altra parte del mondo, decise allora di promuovere un progressivo abbandono dell’energia nucleare, dando vita ad un programma noto come Strategia Energetica 2050. Il punto principale e più discusso del programma era proprio la chiusura progressiva delle centrali nucleari presenti nel Paese, pur prevedendone lo sfruttamento fino alla fine del loro ciclo vitale, ma al suo interno figuravano anche la necessità di affrancarsi dalle importazioni di combustibili fossili e la volontà di aumentare la produzione di energia rinnovabile e pulita.
Approvata dopo due anni di discussioni, la Strategia Energetica 2050 ha ricevuto l’opposizione soprattutto da parte dell’Unione Democratica di Centro (UDC), forza della destra conservatrice e liberista. Dopo aver raccolto 68.000 firme (andando ben oltre le 50.000 necessarie), l’UDC ha dato vita al processo che ha portato al referendum opzionale di domenica, nel quale i cittadini erano chiamati a votare a favore o contro la Strategia Energetica 2050. In difesa del programma del governo, si sono schierati invece il Ministro dell’Energia, Doris Leuthard, ed il direttore dell’Agenzia per le Energie Rinnovabili e l’Efficienza Energetica, Stefan Batzli: “Siamo di fronte ad una grande opportunità per il nostro Paese”, aveva dichiarato quest’ultimo al sito swissinfo.ch. “Le nostre infrastrutture energetiche sono in fase di obsolescenza e soggette a disfunzioni, come abbiamo visto nel caso del rettore Beznau 1, che ha smesso di funzionare due anni fa. Dobbiamo dunque modernizzarci. Nei prossimi dieci-venti anni, continueremo ad usare l’energia nucleare, e quest’intervallo di tempo ci permetterà di rimpiazzare l’atomo con fonti di energia rinnovabile. Non è una rivoluzione, ma un processo già in atto”.
Nonostante il forte sostegno incontrato dalla Strategia Energetica 2050, i timori circa l’esito del referendum erano legati soprattutto all’aumento del costo dell’elettricità per le famiglie: per finanziare la riconversione energetica, infatti, sarà necessario incrementare il prezzo dell’energia da 1.5 a 2.3 centesimi per kilowattora, pari ad un aumento medio in bolletta di 40 franchi svizzeri annui per famiglia (36-37 euro). Le opposizioni hanno puntato molto su questo fattore, sottolineando come – dal loro punto di vista – le stime del governo sarebbero in realtà al ribasso.
I RISULTATI DEL REFERENDUM
L’esito referendario ha visto la Strategia Energetica 2050 essere approvata dal 58.2% dei votanti, contro il 41.8% di preferenze contrarie. Basso il dato dell’affluenza alle urne, pari al 42.4%, un dato insolito per una questione di tale importanza, ma comunque spiegabile con il fatto che in Svizzera non è previsto un quorum affinché il referendum sia valido. Nei tre referendum indetti a febbraio, ad esempio, l’affluenza alle urne si era attestata sul 45-46%.
Va inoltre sottolineato come in quattro cantoni (Schwyz, Obwalden, Glarus ed Aargau) sui ventisette che compongono la Confederazione Elvetica abbia vinto il “no”, sebbene ad Obwalden siano stati meno di cento i voti di differenza tra le due opzioni.
IL FUTURO ENERGETICO DELLA SVIZZERA
Riassumendo, i quattro punti fondamentali della Strategia Energetica 2050 sono:
– ridurre il consumo energetico complessivo;
– aumentare l’efficienza energetica;
– promuovere le energie rinnovabili (idrica, solare, eolica, geotermica e biocombustibili);
– divieto di costruzione di nuove centrali nucleari.
Il programma della SE 2050 è suddiviso in due fasi. Nella prima, quella che è stata sottoposta al referendum di domenica scorsa, ci sarà una progressiva chiusura delle centrali nucleari, man mano che quelle esistenti raggiungeranno la fine del proprio ciclo vitale. Allo stesso tempo, si inizierà il processo di riconversione energetica, implementando lo sviluppo delle fonti alternative e pulite sopracitate. La seconda, dovrebbe prevedere l’introduzione di tasse (dette anche “tasse sul clima”) sull’uso dei combustibili fossili e sul consumo di energia elettrica, ma al momento è ancora in fase di approvazione.
EUROPA: QUARTO REFERENDUM CONTRARIO AL NUCLEARE DAL 2011
Concludiamo con un piccolo bilancio su scala continentale. Dal 2011, data dell’incidente di Fukushima, la tematica dell’energia nucleare è tornata alla ribalta, con il progressivo aumento del fronte contrario all’utilizzo della stessa. In questi sei anni, si sono svolte quattro consultazioni popolari sull’argomento: il primo referendum fu proprio quello italiano nel 2011, dove i cittadini si espressero contro il ritorno del Paese al nucleare; contrari al nucleare sono stati anche il referendum lituano dell’ottobre 2012 e quello svizzero di cui abbiamo appena trattato, entrambi significativi visto che sia la Lituania che la Svizzera hanno a lungo puntato su questa fonte di energia. Non ha superato il quorum, infine, il referendum tenutosi in Bulgaria nel 2013: in quel caso, solamente un quinto degli aventi diritto si recò alle urne, visto che era stato fatto un appello al boicottaggio della consultazione. Nel complesso, dunque, possiamo dire che i cittadini europei si sono espressi contro il nucleare tutte le volte che sono stati chiamati ad esprimere la propria opinione.
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