Si stima che in Italia circa 13 milioni di persone soffrano di dolore cronico. Di queste persone il 40% ignora l’esistenza di centri specializzati.
L’ospedale Bellaria di Bologna rappresenta un esempio virtuoso nell’ambito della terapia del dolore: con procedure d’avanguardia di neurostimolazione offre un aiuto concreto a chi della sofferenza fa spesso la normalità.
Quando si parla di dolore cronico, a prescindere dall’intensità, si ha a che fare con una problematica dall’impatto profondo, sia sull’individuo che sulla società tutta.
Ma cos’è nello specifico il dolore cronico? In Italia qual è l’approccio al dolore? La scienza e le moderne tecnologie possono aiutarci?
Immaginate di soffrire di un dolore persistente, invasivo, in una sola parola invalidante.
La qualità della vita si riduce drasticamente, anche le cose più semplici diventano macigni, insopportabili tanto fisicamente quanto psicologicamente. La sintomatologia è vasta e si può arrivare anche a pensieri suicidiari. Tuttavia, siamo ancora molto lontani dall’accreditare al dolore cronico rilevanza e attenzione adeguate, complice la tendenza diffusa a dover sopportare qualcosa che si arriva a considerare come normale.
Anche le stime sono suscettibili di variazioni, sia perché il dolore è legato alla percezione soggettiva, ma anche perché la letteratura in merito ancora scarseggia.
Il dato che però emerge in maniera univoca negli studi è lo stretto legame esistente tra componente fisica e impatto psicologico.
Il dolore cronico può tradursi infatti una vera e propria disabilità, ma aumenta di fatto anche il rischio di ansia e depressione, con un ampio range di disturbi correlati (debolezza, disturbi del sonno, diminuzione dell’appetito, inappetenza, perdita di peso, riduzione della libido, stipsi).
“In Europa il dolore cronico più frequentemente riportato è quello localizzato alla schiena”
A ciò va aggiunto che l’oligoanalgesia, con cui si identifica un trattamento antalgico inadeguato e parziale, è una realtà.
Cos’è il dolore cronico
Il dolore cronico è un dolore che dura da più di 6 mesi e che può colpire qualsiasi parte del corpo, con una prevalenza di gambe e schiena. Non c’è distinzione di genere ed età e il dolore è costante.
Una distinzione va invece fatta tra dolore nocicettivo e dolore neuropatico
Il dolore nocicettivo è quello che si prova dopo una lesione o un trauma evidenti. il tessuto neurale è generalmente sano e la trasmissione del segnale è normale; ciò che crea dolore è la stimolazione dei nocicettori, presenti sia a livello somatico che viscerale.
Il dolore neuropatico è un “dolore causato da una lesione o malattia del sistema nervoso somatosensoriale” (IASP – International Association for the Study of Pain). A generare questo tipo di dolore sono, ad esempio, neuropatie periferiche, polineuropatie (metaboliche, da farmaci, tossiche ecc.), lesioni centrali (ictus, sclerosi multipla, tumori ecc.). I sintomi sono lancinanti e improvvisi, talvolta simili a scariche elettriche.
Con il trascorrere del tempo si può assistere inoltre ad una sensibilizzazione/cronicizzazione periferica e centrale: ciò significa che stimoli sempre meno intensi possono causare dolore (allodinia), fino a quando quest’ultimo diventa spontaneo.
La neurostimolazione offre un valido supporto nella battaglia al dolore cronico, permettendo una diminuzione fino al 70% della sofferenza. Per capire però in che modo, dobbiamo aprire una piccola parentesi sul meccanismo del dolore.
In poche parole: come funziona il dolore?
La percezione dolorosa è legata a particolari recettori chiamati nocicettori. Questi captano il dolore a livello periferico e lo trasmettono al cervello tramite le fibre nervose. Proprio il cervello interpreta lo stimolo elaborando poi una risposta, che è appunto il dolore che percepiamo.
Abbiamo intervistato il Dottor Emanuele Pieraccini che si occupa da anni di Terapia del dolore e lavora presso l’Ospedale Bellaria di Bologna, centro d’eccellenza per la Terapia del Dolore. Proprio qui il 30 gennaio 2023 sono stati posizionati in alcuni pazienti i primi elettrocateteri per neurostimolazione.
L’INTERVISTA
Per parlare di neurostimolazione, dobbiamo partire dalla neuromodulazione: di cosa si tratta e come agisce sul dolore?
La neuromodulazione comprende diverse strategie atte a modificare il funzionamento del sistema nervoso, in particolare quello somatosensoriale.
Per quanto riguarda la terapia del dolore tali tecniche sono particolarmente interessanti in quanto in diverse tipologie di dolore le strutture neuronali non funzionano in maniera corretta a causa dell’eccessiva sensibilizzazione provocata dal perdurare del dolore stesso per lungo tempo. In questi casi lo scopo della neuromodulazione è appunto ripristinare il corretto funzionamento delle strutture nervose e in definitiva ridurre il dolore. Questo obiettivo può essere raggiunto con una neuromodulazione. Esiste quella ottenuta per via farmacologica (con terapie orali, transdermiche o in infusione continua nel canale spinale), per via chimica (riservata ad un numero limitato di quadri clinici, con iniezione di sostanze lesive nelle vicinanze di strutture nervose) o tramite stimoli elettrici. In questo ambito rientra anche la neurostimolazione.
Ecco sì, ci spieghi come funziona la neurostimolazione nel caso di dolore cronico.
La neurostimolazione consiste nel posizionare un elettrodo vicino alle strutture nervose coinvolte (midollo spinale o nervo periferico). Tale elettrodo eroga stimoli elettrici continui e questo riduce la percezione del dolore, facilitando il ripristino del normale funzionamento del sistema nervoso.
A seconda delle necessità terapeutiche del paziente lo stimolo, che in ogni caso non sarà mai fastidioso, potrà essere avvertito dal paziente stesso oppure no.
L’elettrodo viene poi collegato ad un generatore di impulsi ovvero un dispositivo ad altissima tecnologia che funziona sia come una vera e propria batteria che come centrale operativa che gestisce la tipologia e la tempistica degli impulsi elettrici da erogare. Tale generatore può essere sia di tipo ricaricabile che non ricaricabile e viene posizionato sotto la cute.
A chi è destinata la terapia del dolore o, in altre parole, quale sono le patologie trattate?
Formalmente la terapia del dolore, secondo la Legge 38 (15 Marzo 2010), è organizzata sotto forma di rete destinata ai pazienti sofferenti di dolore cronico di origine non oncologica, seguiti dalla rete delle cure palliative.
Nella pratica invece la terapia del dolore tratta pazienti con dolore anche non cronico. Faccio un esempio: un paziente con ernia al disco espulsa che provoca una lombosciatalgia, anche se questa non rappresenta un dolore cronico, può sicuramente trarre giovamento da alcune procedure specifiche della terapia del dolore; c’è poi una collaborazione attiva con la rete di cure palliative.
Come si svolge un intervento di neurostimolazione midollare? E di neurostimolazione periferica?
L’intervento di neurostimolazione midollare è un vero e proprio intervento chirurgico eseguito normalmente in due tempi.
Durante il primo tempo (trial) si posiziona l’elettrodo nello spazio epidurale e si collega ad un generatore di impulsi esterno.
Dopo alcune settimane, sulla base del risultato, si decide se posizionare il generatore di impulsi definitivo sottocutaneo o, in caso di inefficacia, di rimuovere l’elettrodo.
L’intervento di neurostimolazione periferica è meno complesso: consiste nel posizionare un elettrodo adiacente ad un nervo ed è indicato per alcune nevralgie.
Quali sono le patologie più frequenti dove è indicata una neurostimolazione midollare?
La Failed Back surgery syndrome (ovvero un dolore persistente che rimane dopo un intervento chirurgico alla colonna vertebrale), la sindrome regionale dolorosa complessa (un dolore dopo un trauma con persistenza del dolore dopo la guarigione), dolore ischemico in particolare agli arti inferiori, la stenosi vertebrale con pazienti non idonei ad intervento chirurgico e le neuropatie, in particolare quella diabetica.
Ci sono esami specifici da fare prima di intervenire?
Sì. Essendo interventi chirurgici a tutti gli effetti, la preparazione contempla un elettrocardiogramma ed esami ematici, oltre ad eventuali ulteriori approfondimenti qualora il paziente presenti particolari condizioni.
Di fondamentale importanza anche l’inquadramento psicologico del paziente: va infatti valutata la capacità del paziente di accettare l’impianto di un dispositivo permanente.
E ora due domande più pratiche: costi dell’intervento? Liste d’attesa?
All’interno delle strutture ospedaliere l’intervento viene eseguito a carico del SSR.
Le liste d’attesa dipendono dal centro nel quale si lavora e dalla gravità del quadro clinico che può avere diversi livelli di urgenza.
In ogni caso le possibilità terapeutiche sono svariate e non si fermano alla neurostimolazione, per cui è opportuno che un paziente con necessità di trattare il proprio dolore cronico, per prima cosa fissi una prima visita in un centro di terapia del dolore.
Un’ultima riflessione. Ad oggi si stima che il 40% delle persone affette da dolore cronico ignori l’esistenza di centri specializzati e terapie mirate. In tanti casi il soggetto non sa proprio come muoversi, complice anche una comunicazione lacunosa con il medico di base. Cosa pensa che si possa e si debba fare in tal senso?
Sicuramente bisogna muoversi in due direzioni.
Innanzitutto vanno potenziati i centri di terapia del dolore, che nella maggior parte dei casi sono sottodimensionati rispetto alle necessità del territorio, in molte regioni inoltre ci sono zone dove non vi sono affatto centri di terapia del dolore nelle vicinanze.
Dopo aver fatto questo è necessario un lavoro di formazione e informazione presso i medici di medicina generale e la popolazione per dare la possibilità ai pazienti che necessitano di trattamenti avanzati di accedere alla terapia del dolore.
Questi due aspetti vanno messi a punto nella corretta sequenza (prima potenziare le strutture, poi fare formazione) per evitare di generare un’eccessiva richiesta da parte dei paziente che non potrà trovare un’adeguata risposta .
È poi importante che i diversi centri di terapia del dolore facciano squadra e si mettano in rete tra loro per centralizzare i pazienti che hanno necessità di procedure più complesse negli appositi centri ed evitare spostamenti inutili di pazienti da un centro all’altro.
A Bologna, ad esempio, siamo organizzati secondo un modello tipo Hub&Spoke dove vi sono 4 ospedali del territorio con ambulatori-spoke di terapia del dolore che poi, nei casi necessari, inviano verso il centro Hub i pazienti che hanno necessità di trattamenti ed interventi più complessi e avanzati.
Per chi volesse approfondire ulteriormente, LE IENE hanno dedicato un servizio a questa innovativa tecnica contro il dolore cronico. Lo trovate QUI.
LINK UTILI:
https://www.aisd.it/per-i-pazienti/centri-terapia-del-dolore
– Elenco, diviso per Regioni, dei Centri specializzati in Terapia del Dolore, con relative informazioni di contatto
FONTI:
Prioritizing pain: an analysis of the policy environment affecting patients suffering from chronic pain across europe (EFIC Congress 2019 – Pain in Europe XI)
I principali meccanismi del dolore cronico, Antonella Galli (76° congresso internazionale – Prossimità e organizzazione delle cure: la medicina generale di domani tra demografia e prossimità)
The Painful truth: la gestione del dolore cronico in Europa (Painful Truth Survey, IML Research – sponsored by Boston Scientific, 2012)
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