Il Covid continua a mietere vittime. Ci si ammala e si muore però anche di tanto altro. Da marzo ad oggi sono saltati, a livello mondiale, 28 milioni di interventi, di cui 700mila solo in Italia (3 su 10 sono malati oncologici). A ciò vanno aggiunti la drastica riduzione delle prestazioni ambulatoriali e lo ‘stand by’ di diverse attività di screening.
La diffusione del Covid-19 sta generando a catena una serie infinita di conseguenze, a carico della salute, dei singoli e della comunità, della gestione stessa della Salute pubblica, una gestione che ha rivelato, e continua a rivelare, tante mancanze. Di chi è la responsabilità di queste falle? Di tanti, ma un fatto è inconfutabile: il Virus ci ha colti impreparati, ci ha spaventato e ci spaventa tuttora, nel suo essere nuovo e quindi sconosciuto, insomma ci ha destabilizzati. Bisognerebbe dunque dissociarsi da quelli che sembrano avere sempre la soluzione in tasca, appigliandosi spesso ad analisi superficiali e avulse da fondamenta concrete.
Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), e Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, hanno lanciato l’allarme, supportati dagli ultimi dati Agenas: i posti occupati dai pazienti Covid nei reparti di medicina generale, malattie infettive e pneumologia hanno superato la quota critica del 40% in ben 10 regioni.
Di Covid ci si ammala, e in molti casi si muore (il bollettino del 9 novembre registra un +25.271 nuovi casi e 356 morti in Italia, ndr).
Ci si continua però ad ammalare, e a morire, anche di tanto altro, e la situazione attuale che vede l’affiancamento dell’emergenza CoVid con le altre patologie, spesso di grave entità, dà adito ad un dramma nel dramma.
Che fine fanno tutte le persone malate non Covid (o magari con comorbidità) che hanno bisogno di assistenza?
E quelle che hanno necessità di fare controlli periodici perché malati oncologici?
E gli interventi chirurgici programmati nel 2020?
E cosa si fa per un’operazione di protesi all’anca prenotata da 6 mesi?
E per chi ha urgenza di un bypass coronarico?
Potremmo andare avanti a lungo, ma proviamo a riassumere tutto in poche righe: ci sono in Italia migliaia di malati non Covid che non possono essere operati, mentre tanti altri si stanno vedendo privati delle tradizionali forme di assistenza, o comunque delle modalità a cui si era abituati, complice la drastica riduzione delle prestazioni ambulatoriali.
INTERVENTI CHIRURGICI CANCELLATI IN TUTTO IL MONDO
A livello globale, gli ultimi dati risalgono ad uno studio effettuato dall’Università di Birmingham e pubblicato sul British Journal of Surgery. I ricercatori hanno raccolto i dati delle sezioni di chirurgia di 359 ospedali situati in 71 paesi diversi, per poi strutturare un modello di stima degli interventi chirurgici annullati in 190 paesi. I risultati parlano di oltre 28 milioni di interventi chirurgici cancellati, con una prevalenza di rinvii per procedure ortopediche (dati maggio 2020).
E IN ITALIA?
Nell’edizione del TGR Campania del 29 ottobre 2020 il dottor Vincenzo Bottino, vicepresidente dell’ACOI (Associazione Nazionale dei chirurghi ospedalieri), è stato interpellato sulla previsione dell’Unità di Crisi della Regione di riconvertire tutti i posti letto possibili, anche quelli delle chirurgie, in letti Covid. Bottino sottolinea un’aggressione del Virus violenta e inarrestabile, ma pone l’accento su quello che definisce “un lockdown della chirurgia”. Con la riconversione e la chiusura dei reparti, da marzo ad oggi sono saltati 700mila interventi chirurgici, il 30% dei quali relativo a patologie oncologiche (dati ufficiali ACOI).
La riduzione della possibilità di effettuare screening e l’impossibilità spesso di effettuare prevenzione oncologica sta portando i medici a vedere pazienti che arrivano alla loro attenzione in modo disastrato. Bottino ha poi sottolineato come si stia tornando ad una “chirurgia del passato”, dove anche una semplice appendicite, che prima era un intervento di routine, evolve spesso in peritonite, perché la gente ha paura, giustificata, di recarsi in pronto soccorso per la paura del virus.
“La pandemia di COVID-19 è un’emergenza sanitaria e pertanto meritevole di approcci e gestioni prioritari rispetto a tutte le altre patologie, anche alla luce dell’elevata contagiosità e mortalità, sebbene quest’ultima ridotta rispetto all’esperienze della primavera scorsa – interviene il Professor Antonio Russo, Responsabile Centro Cefalee, Università della Campania “Luigi Vanvitelli” -. Tuttavia non si può pensare di riconvertire, in maniera indiscriminata, tutte le risorse sanitarie in presidi anti-COVID. Sarebbe un grossolano errore strategico che se da un lato potrebbe porre una diga all’inondazione pandemica, dall’altro costringerebbe a morte certa o invalidità severe tutti i pazienti affetti da patologie non-COVID”.
PERCHÉ MOLTI INTERVENTI VENGONO RIMANDATI?
- Per minimizzare il rischio di infezione da COVID-19 in ospedale, sia all’interno del personale medico sia tra i pazienti;
- per evitare di vanificare l’intervento e di andare incontro a serie complicanze. I pazienti chirurgici sono soggetti ad un aumento della risposta infiammatoria e della coagulazione del sangue. Se a questi due fattori si aggiunge la risposta immunitaria all’infezione, si può verificare quella che gli esperti chiamano la «tempesta perfetta»;
- per far sì che anestesisti, personale di sala operatoria e chirurghi possono essere impiegati a supporto di altre aree critiche dell’ospedale;
- per rendere disponibili ventilatori, letti di reparto o di terapia intensiva, DPI (dispositivi di protezione individuale come mascherine, guanti, cuffie, visiere, calzari, ndr) per le cure d’emergenza dei pazienti COVID-19.
COME E QUANDO SI RECUPERERANNO GLI INTERVENTI RIMANDATI?
Queste cancellazioni creeranno un arretrato che dovrà essere smaltito alla fine del periodo di blocco causato dalla pandemia. Anche se allora si riprendesse a pieno ritmo, con un aumento da parte del SSN del 20% degli interventi, sarebbe necessario un anno per assolvere al pregresso. Nel contempo però si sommerebbero settimanalmente decine di migliaia di operazioni.
CENTRI DIAGNOSTICI PRIVATI E BUDGET ANNUALE IN CONVENZIONE CON LA REGIONE
Alla criticità rappresentata dalla cancellazione degli interventi ne va aggiunga un’altra. Molti centri diagnostici privati hanno esaurito il budget annuale in convenzione con le Regioni, quindi la prestazione si paga per intero. “Il paziente che ha la peggio è proprio il paziente cronico che deve effettuare tutti gli accertamenti programmati e non sempre riceve le risposte adeguate. La Sanità è in affanno, gli ospedali sono saturi e la specialistica ambulatoriale eroga meno visite, proprio per i pazienti ammalati di Covid”, dichiara la dottoressa Antonella Cicale, medico di famiglia, ai microfoni di Buongiorno Regione del 3 novembre 2020.
Stiamo parlando dunque di un onere molto gravoso, sia per i pazienti che per la società.
UNA VIA D’USCITA C’È?
Si rende necessaria una gestione differenziata delle risorse – continua il Professor Antonio Russo –. Convertire alcuni nosocomi in presidi COVID ma stabilire, in maniera geograficamente strategica, presidi non COVID in maniera tale che possa continuare la presa in carico di patologie ugualmente, se non più, pericolose per la vita dei pazienti COVID.
All’interno di tali percorsi si prediligerà tutto ciò che è emergenza o urgenza (ad esempio procrastinando le visite di mero follow-up clinico) e prediligendo i primi inquadramenti clinico-strumentali o i controlli necessari (per continuità terapeutica oncologica ad esempio) senza i quali aumenterebbe il numero di pazienti destinati ad una prognosi infausta per un ritardo diagnostico o terapeutico.
Nel contempo è indispensabile preservare i ruoli di didattica e di ricerca, spesso avanzata, delle Istituzioni Universitarie o degli IRCSS. Se così non fosse, saremmo destinati a pagare un conto molto salato nel lungo termine, con grave impatto sulla Ricerca Italiana tutta che rischierebbe di impoverirsi e di diventare non più competitiva con le altre Istituzioni internazionali.
FONTI:
Elective surgery cancellations due to the COVID
Mitigating the risks of surgery during the COVID-19 pandemic, The Lancet
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