Il caso Siri ha scavato un solco tra Movimento 5 Stelle e Lega. Dopo mesi in cui la strategia dell’opposizione di governo aveva funzionato, Salvini deve fare i conti con la reazione di Di Maio che ha provocato le prime flessioni nei sondaggi per i leghisti. Ecco, dunque, quattro possibili casus belli che potrebbero essere usati dalla Lega per porre fine a questa esperienza di governo dopo le elezioni europee. Sempre che non sia il Movimento 5 Stelle a giocare d’anticipo, facendo saltare il banco con il ddl sul conflitto di interessi.
TAV e infrastrutture. Nei primi giorni di marzo era stato necessario un raffinato trucco da azzeccagarbugli del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per sbloccare l’impasse che si era creata nella maggioranza dopo il muro contro muro tra Lega e 5 Stelle sulla Torino-Lione. Prima la commedia dell’analisi costi-benefici chiesta dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, che si era conclusa con la richiesta di avviare un’ulteriore valutazione sull’adeguamento dell’asse ferroviario. Poi la – per certi verti clamorosa – protesta di piazza a Torino, che oltre a vedere sfilare migliaia di persone favorevoli alla TAV, aveva creato non poche tensioni e imbarazzi nella maggioranza, considerato il sostegno neanche troppo velato di Salvini a questa manifestazione. Il punto non è solo l’opera in sè, ma ciò che essa rappresenta: per la Lega, la TAV è una bandiera dell’Italia che produce e che vuole farsi trovare pronta con l’appuntamento del futuro. La questione è lungi dall’essere chiusa: è stata solo messa in ghiaccio, ed è tra le prime che sarà scongelata dopo le elezioni europee. Intanto ci sono già le prime scaramucce: la Lega ha presentato un emendamento – prima firma della senatrice Simona Pergreffi – al decreto Sblocca Cantieri nel quale si chiede la nomina di commissari per una serie di opere pubbliche “prioritarie ed emergenziali” al fine di accelerarle: tra queste, ovviamente, figura la TAV.
Autonomia regionale. Sul punto il governatore del Veneto Luca Zaia è stato categorico: «O ce la danno o tutti a casa». Se sulla TAV il contratto di governo si esprime in maniera alquanto vaga e si presta alle più disparate interpretazioni – “Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia” –, in merito all’autonomia “carta canta”. Sì, perché nel contratto, a pagina 36, si legge chiaramente: “Sotto il profilo del regionalismo, l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda di Governo l’attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte.”. Nonostante la Lega abbia ormai perso il suffisso “Nord” e abbia completamente messo in soffitta la sua storia di partito territoriale, l’autonomia rimane un provvedimento di fondamentale importanza per gli equilibri “geografici” del partito. Perdere la battaglia sull’autonomia, cedendo alle manovre di disturbo e alla melina dei grillini che puntano ad archiviare la pratica per sfinimento dell’avversario, potrebbe avere forti ripercussioni nel consenso della Lega nelle regioni del centro-nord.
Flat tax. Non sarà una vera e propria flat tax, ma l’estensione del regime forfettario con aliquota agevolata al 15% per le partita IVA fino a 65 mila euro è stato uno dei pochi provvedimenti concreti di questo governo, nonché una delle molle che ha consentito alla Lega di balzare verso il 30% dei consensi. In merito, il contratto di governo parla chiaro: “il nuovo regime fiscale si caratterizza come segue: due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite IVA, imprese e famiglie; per le famiglie è prevista una deduzione fissa di 3.000,00 euro sulla base del reddito familiare.” Salvini, dunque, intende proseguire sulla strada della riforma del sistema fiscale – «La flat tax prima si fa e meglio è»– forte delle concessioni fatte all’alleato che ha potuto “portare a casa” il risultato del reddito di cittadinanza, molto caro al proprio elettorato. In verità, Di Maio si è mostrato entusiasta solo a parole: dalla prima bozza de Def, infatti, sarebbe sparito il riferimento alle aliquote del 15% e 20% tanto caro alla Lega. Rimane, comunque, il problema dell’individuazione delle coperture, tenendo presente il fantasma delle clausole di salvaguardia che aleggia sulla maggioranza giallo-verde: sempre che sia tale anche a fine anno.
Decreto sicurezza bis. Più che un provvedimento, è sembrato un vero e proprio guanto di sfida ai grillino il cosiddetto “decreto sicurezza bis” che Matteo Salvini intende discutere al più presto in Consiglio dei Ministri. Dodici articoli destinati a far molto discutere con gli alleati: con l’articolo due, ad esempio, Salvini attribuisce agli interni competenze che attualmente sono del ministero dei Trasporti. Insomma, una sorta di pistola fumante da mettere sul tavolo in un momento in cui le provocazioni di Luigi Di Maio si sprecano. E sul tema dei migranti e della sicurezza Salvini avrebbe vita facile nel far cadere questo esecutivo.
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