Mentre il governo sfoglia la margherita della TAV sono tornate inevitabilmente ad affacciarsi voci e ipotesi sulla caduta dell’esecutivo. Mai come in questi giorni sembra vacillare il contratto giallo-verde. La TAV, infatti, come ribadito dal presidente della Camera Roberto Fico, rappresenta per il Movimento 5 Stelle una questione identitaria: una delle poche rimaste, a dire il vero, dopo le tante mutazioni genetiche che hanno colpito i grillini entrati nei palazzi del potere. Se da un lato la TAV è l’ultimo bastione nel quale si è arroccata l’ortodossia del Movimento, dall’altro Matteo Salvini deve dare un segnale ai ceti produttivi per rimanere sulla cresta dell’onda verde che ha travolto le regionali. La crisi di governo pare dunque alle porte, e c’è chi considera quasi cosa fatta la rinascita del centrodestra. I tempi della politica, tuttavia, sono variabili e assai veloci nella loro mutevolezza.
La caduta di un governo è, nella maggior parte dei casi, un’extrema ratio: se crisi sarà, sarà perché non si è voluto trovare la quadra. Ma in questo momento conviene davvero, ai due azionisti della maggioranza, lanciarsi in reciproci j’accuse e far volare gli stracci a poche settimane delle elezioni europee? Un redde rationem appare più probabile dopo questo appuntamento elettorale. In ogni caso, se questa strana convivenza a Palazzo Chigi dovesse terminare, è quantomai azzardato ipotizzare la rifondazione del centro-destra così come l’abbiamo conosciuto per quasi trent’anni. Già l’etichetta andrebbe, di fatto, cambiata: centro-destra non era solo un sostantivo, ma un bollino che certificava precisi rapporti di forza.
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La componente cosiddetta moderata rappresentata da Forza Italia – stabilmente inserita, nel Parlamento europeo, nei Popolari – era l’indiscutibile perno della coalizione e Silvio Berlusconi ne era l’altrettanto indiscutibile padrone e front-man. Leggendo la storia con gli occhiali del presente, si può considerare azzardata la definizione di partito “moderato” per Forza Italia in quanto, di fatto, la discesa in campo dell’ex Cavaliere ha rappresentato il primo esperimento vincente di populismo della storia politica italiana, ben prima che questo termine diventasse di uso comune – e spesso usato a sproposito. Gravitavano intorno al nucleo centrale di Forza Italia le altre particelle centriste dalle enigmatiche sigle – CCD, CDU –, la Lega Nord trascinata da Umberto Bossi e, infine, la componente semantica e politica di destra, Alleanza Nazionale, che rientrava nell’arco costituzionale dopo il superamento del Movimento Sociale Italiano.
È evidente, pertanto, che i rapporti di forza in politica necessitano di una corretta etimologia: e anche se dovesse verificarsi la caduta di questo governo, parlare ancora di centro-destra è sbagliato, oltre che avventato. Se Salvini, Meloni e Berlusconi dovessero optare per un’alleanza elettorale di governo, questa sancirebbe la nascita del destra-centro, e non la riedizione di un centro-destra che è ormai consegnato alla storia. Non a caso il ministro dell’Interno, incalzato dai giornalisti, ha affermato di non avere «nessuna nostalgia del passato». Gli equilibri del destra-centro sono molto diversi dai precedenti: Forza Italia non è più l’azionista di maggioranza e Silvio Berlusconi si è rassegnato, dopo mesi di resistenza, all’idea di accodarsi in uno schieramento guidato da Matteo Salvini. D’altronde non potrebbe essere altrimenti: la nuova Lega, priva del suffisso Nord, è una macchina da guerra che veleggia oltre il 30% dei consensi e attende solo le elezioni europee per confermare il suo primato anche a livello nazionale. Gli atomi centristi si sono, in pratica, dissolti insieme all’antica linea del consenso tracciata dall’elettorato cattolico. Forza Italia è, per ora, il secondo partito nel destra-centro: ondeggia sotto la doppia cifra e si affida alle comparsate televisive dell’ex Cavaliere per agognare qualche occasionale decimale in più. A rafforzare la destra ci pensa Fratelli d’Italia: sebbene le percentuali non siano ancora quelle della vecchia Alleanza Nazionale – ma, invero, il progetto politico non è il medesimo – il partito ha dimostrato, anche alle regionali, di essere in salute e sogna il sogna il sorpasso a Forza Italia. Se nel centro-destra erano famose le cene del lunedì tra Berlusconi e Bossi, ora l’asse si è spostato verso un polo sovranista in cui l’intesa tra Salvini e Meloni è senz’altro più naturale.
Resta tutto da vedere se questo destra-centro vedrà mai la luce. Allo stato attuale, l’impressione è che sia più un sogno pragmatico di Silvio Berlusconi che un reale desiderio di Matteo Salvini.
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