“Capiamo i giocatori perché siamo giocatori”, o ancora “se puoi bluffare te stesso, allora puoi bluffare chiunque”. E poi c’è il volto rassicurante e sornione dell’amatissimo (almeno a Roma) Claudio Amendola, che con tono convinto e smargiasso afferma: “Io sono membro del più grande gruppo di scommesse al mondo” praticamente in loop durante le non poche pause pubblicitarie di Sky.
A queste pubblicità che ci vengono ossessivamente proposte ovunque: tv, pay tv, giornali, radio ed anche testate online, si aggiungono quelle con i vari “Turista per sempre”, “Vinci Casa/Win For Life”, che pure rappresentano oramai una costante nella comunicazione promozionale giornaliera di ogni canale mediatico esistente.
Insomma: se un tempo erano le sigarette a campeggiare su cartelloni, auto da corsa e persino tra le labbra di grandi star che recitavano nei film più famosi, oggi è il gioco d’azzardo a farla da padrone in ogni dove, senza la minima decenza e con la patetica vocina “avanti veloce” che recita: “Il gioco è vietato ai minori e può causare dipendenza patologica”.
Ed è ridicolo che questa possibile dipendenza patologica, in realtà sempre più diffusa e strettamente correlata a disoccupazione, precarietà e basso livello di Istruzione, sia citata frettolosamente e sciattamente al termine di questi spot compulsivamente mostrati. A quel punto sembrando quasi una beffa. Come un oste che ti offre continuamente da bere, circondato da pubblicità ammiccanti con vip attaccati alla bottiglia e poi, mentre tracanni il tuo quarto bicchiere, ti dice: “Sì, ma non esagerare che potresti anche ubriacarti”.
LA RICERCA: LUDOPATIA, DISOCCUPAZIONE ED USURA IN UN MIX LETALE
A proposito della ludopatia e della sua incidenza anche sulle casse pubbliche, oltre che all’interno di famiglie devastate da un vero e proprio mostro identico a quello di qualsiasi altra tossidipendenza, tra le tante c’è un’interessante ed approfondita ricerca, condotta su circa 1000 soggetti affetti da dipendenza dal gioco d’azzardo tra Lazio e Campania.
Lo studio, conferma che ad ammalarsi siano soprattutto dipendenti a medio-basso reddito, disoccupati, precari e poco istruiti. Pochi i laureati (circa il 6%) e pochi gli imprenditori, i commercianti ed i liberi professionisti, che insieme non arrivano a toccare la quota dei senza lavoro ludopatici (il 24%). Il dato però più interessante e preoccupante, riguarda i dipendenti: sono addirittura il 41% del totale. Parliamo di figure impiegatizie con redditi non elevati, che rappresentano probabilmente il terreno più fertile dove la ludopatia può attecchire e svilupparsi con solide radici. Queste persone hanno infatti la possibilità di entrare nel tunnel grazie ad una minima disponibilità economica. Possono avvinghiarsi sempre più al demone del gioco sfruttando la possibilità di richiedere ed ottenere agevolmente (almeno in un primo momento) prestiti legali, contando poi su un introito fisso e stabile per cercare di ripagare i propri debiti. Il tutto, ovviamente, fin quando la dipendenza non prende il sopravvento e spinge a spendere molto più di quanto si guadagna e si può ottenere con aiuti da finanziarie regolari, amici e parenti più stretti.
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LAVORANDO CON MARCO BALDINI: UN MALE CHE SA RESTARE NASCOSTO A LUNGO
A quel punto, infatti, la ludopatia è già esplosa in tutta la sua violenza e subentra un altro elemento che rovina le vite di sempre più persone: l’usura. Ho avuto modo di lavorare come manager di Marco Baldini per circa un anno, entrando a contatto con numerose persone devastate dai debiti di gioco. Ho incontrato studenti universitari di buona famiglia, impiegati statali, dipendenti privati, mogli e mariti con la morte e la vergogna negli occhi per essersi giocati ogni cosa, compresi immobili e futuro dei propri figli.
Ho toccato con mano la sofferenza e la solitudine che abbraccia questa gente e le loro famiglie. Il più giovane, un ragazzo di appena 23 anni, ha pianto disperatamente con me al telefono chiedendomi aiuto. Mentiva a genitori e fidanzata da anni, sentendosi sempre più schiavo dell’azzardo ad avendo già raggiunto una situazione debitoria preoccupante. Lavorando ed avendo uno stipendio modesto ma stabile, aveva infatti avuto la possibilità di immergersi nel gioco compulsivo a lungo, prima di capire che aveva perso il controllo. Per fortuna, quel ragazzo aveva la voglia e la forza per uscirne, per vedere ed affrontare la sua dipendenza. Non lo sento da molto e non so come sta, ma ricordo benissimo lo strazio dei suoi singhiozzi di disperazione e paura e la commovente lucidità con la quale si riprometteva di smettere, di dire tutta la verità a chi amava, di farsi aiutare da un terapeuta. Era esattamente come parlare con un eroinomane, con la differenza che in quel caso non c’erano buchi nella pelle ed altri evidenti segni esterni a testimoniare la tossicodipendenza. Tutto il marcio resta dentro e, per questo, è ancora più pericoloso e devastante.
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NON SOLO IL SUD NELLA MORSA DEL GIOCO: ITALIANI MALATI DI SLOT E TRA I PIU’ PERDENTI AL MONDO
Ma se in alcune regioni del Sud, particolarmente povere e tradizionalmente avvezze al gioco, qualcuno ritiene scontati i numeri sulla ludopatia, ciò che viene registrato anche nel Nord del paese già dal 2015, con casi sempre crescenti di forte dipendenze dal gioco, dovrebbe indurre ad una ferma e seria riflessione sul fenomeno a livello nazionale. Dal Veneto alla Val D’Aosta, passando per la Lombardia , i dati sono allarmanti praticamente in tutto il paese, con un vero e proprio “contagio” la cui espansione costante non può certo essere slegata dal bombardamento promozionale vigente.
E nella recente classifica stilata dell’Economist, gli Italiani si confermano i più affezionati alle slot a livello europeo. Dei circa 95 miliardi di euro (10 dei quali finiti in pancia all’Erario) giocati in tutto nel 2016, la quota maggiore è finita infatti nelle cosiddette “mangiasoldi”. Non a caso, nello stivale ce ne sono tantissime: una ogni 150 abitanti (la più alta densità in Europa). Ma non è tutto qui. Secondo la statistiche dell’Econonomist, infatti, gli italiani sono addirittura al quarto posto a livello mondiale per denaro perso al gioco d’azzardo. Il Bel Paese viene difatti solo dopo Stati Uniti, Cina a Giappone, con ben 19 miliardi di dollari di perdite calcolate su scala nazionale. Considerando che Cina e Stati Uniti sono molto più popolosi di noi, abbiamo una visione d’insieme ancora più drammatica e chiara di quanto l’Italia perda risorse immense dietro le promesse di vincite milionarie. Una vera e propria “altra economia”, che brucia interi patrimoni familiari e contribuisce di sicuro ad aumentare la già non rosea situazione connessa a disoccupazione, precariato ed indebitamento pro-capite.
UN ARGINE CHE, VOLENDO, SI PUÒ ALZARE DA SUBITO
Claudio Amendola ha già dichiarato che lavora sempre, se lo pagano bene. Di conseguenza, è chiaro che a lui non interessi nulla di risultare un complice di questo spaccio legalizzato di dipendenza e sofferenza. Ha detto che lavorare solo per soldi va bene ed ha così inteso zittire le critiche già ricevute in passato per quel suo evitabilissimo spot. Certo, se uno dei suoi figli cadesse nella tela della dipendenza da gioco, magari certi discorsi alla “l’importante è che mi paghino” li vedrebbe sotto una luce diversa, soprattutto trovandosi nelle condizioni di poter scegliere in totale libertà e serenità quali dei tanti soldi rifiutare e quali prendere. Se neppure chi annega nel denaro riesce a seguire scelte etiche, forse siamo sul serio vicini al capolinea. In ogni caso non sono io la voce della coscienza di Amendola, che alla fine è solo uno dei tanti attori italiani liberi di scegliere per cosa essere ricordati verso il tramonto della propria carriera artistica.
Il dramma vero è che anche e soprattutto lo Stato sia complice, con zero leggi a limitazione almeno degli infiniti spot (o almeno all’introduzione di fasce protette, per evitare che queste pubblicità vadano in onda anche alle 15 di domenica) e addirittura con propri interessi diretti nella promozione delle varie lotterie. Da un lato si stanziano fondi per la prevenzione e la cura della ludopatia, dall’altro si promuove di continuo ciò che provoca l’estensione di questa vera e propria piaga sociale.
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E se rispondiamo con la solita teoria del denaro a fiumi che giustificherebbe ogni tipo di azione e politica, allora dovremmo tornare ancora una volta al tabacco, che era un’industria fortissima e da miliardi e miliardi di dollari di fatturato. Ben ammanigliata a tutti i livelli con la politica, dedita ad azioni di lobbying spregiudicate e pervicaci e quindi molto ben posizionata nel paniere dei beni di consumo.
Lo stesso argine, quindi, si potrebbe erigere anche contro la promozione continua e spregiudicata del gioco d’azzardo. Non si chiede di bandire ogni pubblicità, ma almeno di limitarne la diffusione e la ripetizione divenuta oramai una sorta di mantra :”Gioca, Gioca, Gioca…ma non esagerare”.
Diteci meno volte quanto sia bello ed esaltante fare una puntata o acquistare un gratta e perdi, banalmente, e vedrete che meno persone esagereranno, ritrovandosi con la vita in pezzi. Poi limitate la presenza di slot nei bar e di gratta e vinci nelle tabaccherie e vedrete che i casi di ludopatia caleranno o almeno smetteranno di aumentare.
Oppure, abbiate almeno la decenza e la coerenza di non mostrarvi preoccupati per un fenomeno che lo Stato stesso sta contribuendo a rendere “virale”.
In conclusione, per tentare di sdrammatizzare e lasciarci con un’amara risata, vi condivido una simpatica video parodia realizzata proprio sullo spot di Amendola. “Sticazzi”, dovrebbe essere la risposta più diffusa a questi continui inviti a buttar via il denaro faticosamente guadagnato.