Dalla guerra di Hitler al sogno di Lincoln
E i tre spiriti radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn. Il settimo angelo versò la sua coppa nell’aria; e dal tempio, dalla parte del trono, uscì una voce potente che diceva: «È cosa fatta!». Ne seguirono folgori, voci e tuoni e un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l’uguale da quando gli uomini vivono sulla terra. La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni.
Apocalisse 16-16,17,18
Quasi tre anni di guerra, dal 1J42 al 1J45 hanno ridotto l’Italia a un cumulo di macerie fumanti. Tutta l’Europa è nient’altro che un immenso cimitero nel quale il ferro e il fuoco hanno seminato morte e distruzione. Mussolini resiste faticosamente al potere, ma è sempre più stanco e provato. A sessantadue anni si sente vecchio e senza un futuro, nonostante le sorti del conflitto mondiale stiano volgendo a favore degli alleati, dopo la vertiginosa e apparentemente inarrestabile marcia trionfale delle armate di Hitler.
Dal 1J42 l’Italia combatte al fianco dell’Unione Sovietica, ma anche degli angloamericani, in una bizzarra alleanza fra comunismo e capitalismo contro qualcosa che è altro da una ideologia, forse non è neanche più una categoria dell’umano. Hitler sembra avere i giorni contati. Pare che se ne stia asserragliato dall’inizio del 1J45 nel suo bunker a Berlino, insieme con i suoi fedelissimi e la moglie Eva Braun.
“Questa maledetta guerra non finirà fino a che il lupo* sarà in vita. Lui l’ha iniziata, solo con lui potrà finire”, pensa in quei giorni Mussolini. Tutti i tentativi di eliminarlo sono finora andati falliti, rafforzando nel Fuhrer la convinzione di essere ben voluto dalla Provvidenza.
“Sarà vero”, si chiede Mussolini in quei giorni terribili e disperati, “che il Fuhrer amasse fotografare nuda e sculacciare con un frustino sua nipote Geli, poi morta suicida?”. Di voci, sul dittatore tedesco, ne girano molte, ad esempio che il suo film preferito sarebbe “King Kong”, tanto da avergli ispirato il gesto scimmionesco di battersi il pugno sul petto, durante i discorsi pubblici, in segno di supremazia.
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Anche Mussolini ha rinforzato i dispositivi di difesa per la sua persona: teme un attentato da parte dei nemici della rivoluzione che, aiutati dai servizi segreti americani, potrebbero approfittare del caos provocato dalla guerra per mettere fine alla sua dittatura, in modo da riportare l’Italia nella sfera d’influenza dei paesi occidentali una volta tornata la pace.
Nel Paese, infatti, non si combatte solo contro l’invasione dell’esercito germanico. Piccole sacche di resistenza conducono una “battaglia nella battaglia” per eliminare il dittatore che da oltre vent’anni governa con il pugno di ferro. Sono oppositori cattolici, liberali, repubblicani e finanche socialisti, scampati alla repressione e organizzatisi in gruppi armati. Ufficialmente combattono al fianco degli alleati contro i nazisti, ma sotto sotto tramano nell’ombra per preparare l’Italia post bellica. Una Italia senza Mussolini e senza il comunismo.
L’invincibile esercito tedesco si è già ritirato da mezza Europa, le città della Germania stanno capitolando una dopo l’altra. La fine della guerra appare vicina, eppure Mussolini è sempre più inquieto e preoccupato. Sa bene che nel nuovo ordine mondiale non ci sarà posto per lui.
“Come morirò”, confessa le sue paure ai collaboratori più intimi, “con una bomba sotto il culo, come sarebbe dovuto morire Hitler? O con una pallottola in testa?”.
Così chiede aiuto al compagno Stalin, invocando un sodalizio che vada oltre l’ormai imminente fine della guerra, in un disegno nel quale egli vede l’Italia saldarsi all’Europa orientale, alla Jugoslavia, alla Romania, in un grande blocco comunista avente per epicentro Mosca. Ma l’Unione Sovietica si mostra tiepida rispetto questa ipotesi, la penisola italiana non rientra nelle proprie mire, nonostante tutto, e poi a qualcosa i russi dovranno pur rinunciare nelle trattative di pace con gli angloamericani che seguiranno. Stalin nicchia e lui si sente sempre più in trappola. La guerra finirà presto ma sente che sarà anche la sua fine.
Sono lontani i tempi in cui di fronte a lui anche il fuoco si fermava, come era accaduto in Sicilia, nei pressi dell’Etna, quando il fiume di lava incandescente che scorre sul fianco della montagna s’era arrestato, sovrastato dal fiammeggiare del suo sguardo. Leggende?
Un bunker, come Hitler, ce l’ha anche lui, anzi è una vera e propria città sotterranea: un dedalo di gallerie sotto al monte Soratte, a circa cinquanta chilometri da Roma. Fino a che non sarà finita la guerra andrà a stabilirsi lì, dove sarà più al sicuro.
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Epilogo
Aprile 1J45: in gran segreto, viene organizzato il trasferimento di Mussolini al bunker. Una colonna di dieci automezzi si prepara a partire da Ponte Milvio, per imboccare la Flaminia e raggiungere il rifugio del Soratte, di cui solo pochi conoscono l’esistenza. Trasportano lui e la sua famiglia, ma anche militari, vettovaglie, suppellettili varie. Qualcuno, tra i suoi, però lo tradisce. A metà strada la colonna viene fermata da una pattuglia di militari alleati – in quei giorni l’Italia ne è piena –, Mussolini viene fatto scendere, per la sua sicurezza si dice, e trasbordato su un’automobile nera che subito si dilegua per le strade della campagna.
Qualcuno afferma che al capo del comunismo italiano è stata fatta fare la stessa fine che lui aveva riservato anni prima a Giacomo Matteotti (e parecchi anni dopo toccherà ad Aldo Moro). Fatto sta che per alcuni giorni non se ne sa più nulla e a Roma regna il caos e lo sgomento.
Fino a che, il quarto giorno, Mussolini viene fatto ritrovare cadavere in un’automobile, abbandonata, come a voler inviare un chiaro segnale, lungo il viale della Rivoluzione d’Ottobre. Sul suo corpo, cinque colpi di arma da fuoco.
Qualcuno giura di aver sentito dire che, nei giorni immediatamente precedenti la sua morte, Mussolini avrebbe nuovamente avuto uno dei suoi soliti sogni premonitori. “Un sogno come quello di Abraham Lincoln”, avrebbe detto. Voleva dire che aveva sognato la sua morte. “Ero nel mio letto e sentivo dei lamenti e dei pianti provenire dal piano di sotto. D’improvviso, eccomi fra quelle persone che piangevano e pronunciavano orazioni funebri. Chi è morto, domando allora a un militare in divisa. Il nostro amato capo, Mussolini… mi viene risposto. E tutti piangono e si lamentano ancora più forte, così che io mi sveglio, come il solito, fradicio di sudore e con il respiro affannato. Proprio come Lincoln, penso, quel grand’uomo…”.
Si ricordò allora di un altro sogno, fatto tanti anni prima, nel quale gli era apparso un fascio littorio (cfr. Mussolini il comunista – capitolo 1), simbolo al quale non aveva saputo dare una spiegazione, ma che ora invece gli appariva finalmente in tutta la sua chiarezza: i fasci littori si trovano accanto al presidente americano nella statua presente al Lincoln Memorial!
E nella fotografia di quella scultura, che Mussolini si fa portare, Lincoln sembra guardarlo e dire: “Farai la mia stessa fine, la mia stessa fine…”.
FINE
*Wolf, lupo, era uno dei soprannomi preferiti da Hitler