Milano, città cosmopolita, vivace e ambiziosa, trend hunter dall’intuito infallibile, acquista ogni giorno di più l’attenzione dell’Europa. Ma ai margini del capoluogo lombardo, a Rogoredo, tra i binari della stazione e l’umido dell’immensa area verde, ha fatto ritorno l’eroina.
Il cosiddetto Boschetto della droga di Rogoredo è da tempo ormai sotto la lente di ingrandimento delle autorità, della politica, delle associazioni umanitarie e della stampa. Si moltiplicano ovunque le foto e i video di ragazzi minorenni che acquistano una dose di eroina a pochi euro, tossicodipendenti adulti che, nell’area di via Orwell, si infilano la siringa in ogni posto, purché ci sia ancora una ‘vena buona’, e ancora immagini surreali di distese di siringhe, immondizia, fazzoletti e cartacce. Negli ultimi anni non sono mancati gli appelli di personaggi come Don Antonio Mazzi, che ha dedicato la sua intera esistenza ai tossicodipendenti di qualsiasi età, nel tentativo di aiutarli ad uscire dal tunnel della droga.
Qual è lo scenario ai primi di marzo 2018? Quali sono gli interventi messi in campo dal Comune? YOUng è andato in cerca di risposte.
BOSCHETTO DELLA DROGA DI ROGOREDO: IL NUOVO FOCOLAIO DELL’EROINA
Tra le pieghe di quella periferia che è costantemente oggetto di contenziosi e promesse da parte delle amministrazioni comunali, Milano sta vivendo l’inaspettato e certamente non gradito ritorno dell’eroina, la droga che demolisce dentro e fuori, trasformando chi ne fa uso in autentici zombie, capaci di tutto per avere la dose da iniettare in vena, in attesa di sentire il bisogno di quella successiva. Nell’ormai noto Boschetto della droga di Rogoredo, nell’area boschiva a sud-est, tra via Orwell e i binari dell’Alta velocità, si affaccendano le vite disperate di tossici alla deriva, giovani ragazzini minorenni alla ricerca di nuovi emozioni, mentre un vero e proprio sistema organizzato di spacciatori tutti nordafricani e sentinelle, offre loro ciò di cui hanno un irrefrenabile bisogno.
In quest’area a poche fermate di metropolitana dal Duomo di Milano, sotto le rampe della tangenziale, ogni giorno si assiste a una vera e propria processione: i pusher organizzano un ‘banchetto’, subito oltre la recinzione della ferrovia, così in caso di arrivo della Polizia, hanno modo di fuggire in fretta lungo i binari, prima che le forze dell’ordine riescano a raggiungerli. A proteggere il loro lavoro, c’è una vera e propria organizzazione paramilitare, composta da sentinelle e capi-sentinelle. Talvolta sono gli stessi ‘clienti’ a fare da sentinelle per gli spacciatori, in cambio di una dose gratis. Ci sono poi gli accompagnatori, che portano i clienti dentro il bosco, lungo sentieri rivestiti di siringhe e immondizia. Ci sono donne e uomini adulti, ma sono stati avvistati anche minorenni in evidente stato di coscienza alterato già di mattina. Arrivano non solo da Milano, ma da tutto il Nord Italia. Per acquistare 0,2 grammi di sostanza, bastano soltanto 5 euro.
Secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, si stima che il numero di persone che si rifornisce di eroina presso il Boschetto della droga di Rogoredo sia compreso tra 500 e 1000. Soltanto a novembre scorso, nel giro di 10 giorni, in quell’area, ci sono stati due decessi per overdose da eroina, mentre in tutto il 2017 se ne contano 6 in tutta Milano.
Intorno alla metà di dicembre, cinque squadre di poliziotti in borghese hanno accerchiato l’area, riuscendo ad arrestare uno spacciatore e denunciarne un altro: Moustapha e Mouludi Mansouri, 49 e 22 anni, padre e figlio. Inoltre, hanno sequestrato 370 grammi di marijuana, 5 flaconi di metadone, 148 siringhe nuove, 97 euro in monete, più una macchina fotografica, forma di pagamento alternativa per l’eroina.
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IL PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE “ITALIA NOSTRA”
La ‘via crucis’ al parco di Rogoredo, nonostante le denunce e i ripetuti blitz delle Forze dell’Ordine, non si è mai fermata. I pusher continuano indisturbati a vendere morte, nascosti tra gli arbusti e le recinzioni che delimitano l’area dei binari dell’Alta velocità. E gli eroinomani non smettono di tornare in cerca di una dose che gli restituisca quell’attimo di pace. Tuttavia qualcosa è cambiato: l’area verde è stata affidata dal Comune all’associazione Italia Nostra, che avrà l’onere, entro il 2022, di riqualificare 650mila metri quadrati, rendendo l’intera area pulita e sicura. In questi 5 anni di lavoro il Comune offrirà un contributo complessivo a Italia nostra pari a 950mila euro.
“L’intervento a Porto di mare è un altro tassello del Piano Periferie avviato dall’Amministrazione. La riqualificazione delle aree è un progetto complesso, stiamo lavorando alla definizione di un piano urbanistico di lungo termine in grado di rigenerare il territorio nel rispetto della sua vocazione agricola. Ma nel frattempo vogliamo ripristinare la legalità e restituire le aree alla fruizione pubblica. Se da un lato insieme a Italia nostra e alle Forze dell’ordine andremo a sanare una situazione insostenibile con un intervento di riqualificazione in un’area verde grande quasi quanto Parco Lambro, dall’altro vogliamo creare presidi di socialità per i cittadini, trasformando le attività abusive in luoghi di aggregazione e condivisione“, ha dichiarato l’assessore all’Urbanistica, Verde e Agricoltura, Pierfrancesco Maran.
Il progetto di Italia Nostra si muoverà fondamentalmente su due fronti: da un lato verranno avviate le attività di riqualificazione dell’area verde, con la riappropriazione del territorio e la riconversione del Boschetto della droga di Rogoredo in un’area sicura e fruibile.
Dall’altro si occuperà di restituire una nuova vita ai fabbricati inutilizzati di proprietà del Comune, con l’insediamento temporaneo di attività di coesione sociale, produzione, innovazione, creatività e sport, in attesa della definizione di un piano urbanistico sull’area.
Per quanto riguarda l’area verde, Italia Nostra, tramite la struttura CFU – Centro Forestazione Urbana, applicherà a Porto di mare il medesimo piano di intervento sperimentato con successo al Boscoincittà, al Parco delle cave e al Parco Segantini, dove territori in stato di abbandono e in alcuni casi scenario di attività illecite, sono stati riqualificati e resi fruibili in sicurezza. Gli interventi in programma sono numerosi, a breve e lungo termine: nell’immediato, per arginare le attività illecite, prima su tutte lo spaccio di eroina, è stato previsto un presidio costante. Inoltre verranno realizzati dei tragitti carrabili per la sorveglianza e definiti percorsi di collegamento ciclo-pedonali con le zone limitrofe.
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L’ANALISI DI DON MAZZI
Lo scorso anno, Don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus, insieme a Don Chino Pezzoli, altro storico sacerdote impegnato da sempre nella lotta alle dipendenze, si è presentato direttamente nel Boschetto di Rogoredo, per denunciare il ritorno dell’eroina nelle periferie milanesi. Da allora cosa è successo? Dall’appello dell’aprile 2017, a Don Mazzi non è mai arrivata alcuna risposta. “Nessuno ci ha più contattati, eppure con la nostra esperienza avremmo potuto certamente dare una mano a gestire la problematica. La situazione al Boschetto di Rogoredo è estremamente delicata: Parco Lambro era un’area talmente estesa che disturbava relativamente il quartiere, mentre l’area di spaccio di Rogoredo è proprio all’interno del quartiere“, ha spiegato il sacerdote. Lo abbiamo intervistato.
Qual è lo scenario che si è trovato dinanzi al boschetto della droga di Rogoredo?
Il parco è frequentato da tossicodipendenti adulti di vecchi data, ma ciò che mi ha allarmato è che ci sono anche ragazzi molto giovani, alcuni sicuramente delle scuole medie. Ciò cambia nettamente lo scenario rispetto alla situazione che viveva Parco Lambro, dove prevalentemente si trovavano adulti disperati con una sola dipendenza. I ragazzini che ho potuto vedere a Rogoredo invece sembrano avere pluri-dipendenze, tra le quali c’è sicuramente l’alcol.
Secondo la sua decennale esperienza, come bisognerebbe intervenire?
A mio avviso, dinanzi a queste situazioni, la prima cosa da fare è studiare il fenomeno da vicino, per poi creare un progetto di lavoro che coinvolga la scuola e le Forze dell’Ordine, i volontari e anche qualche società sportiva locale. La situazione del Boschetto di Rogoredo è più delicata, non per questo più semplice, rispetto a quella che c’era a Parco Lambro, dove lo scenario era decisamente più drammatico e violento. Io ritengo sia importante denunciare ma senza allarmismi e soprattutto puntando a trovare soluzioni al problema. Io mi sono addentrato al boschetto della droga di Rogoredo una volta soltanto, una mattina, per vedere coi miei occhi chi fossero i clienti, se realmente erano così giovani e ho potuto constatare che ci sono realmente ragazzi delle scuole medie. Poi però, non sono più tornato, considerato che al mio appello non ha mai risposto nessuno. Non volevo forzare la situazione.
Qual è la ragione che spinge i giovani di oggi a provare l’eroina a 4 euro?
Fondamentalmente la ricerca di divertimento, la curiosità di provare qualcosa di nuovo. Negli anni ’80 le ragioni che portavano al consumo di eroina erano diverse, a quell’epoca dietro alla droga c’era la disperazione, l’emarginazione, il disagio. Oggi la situazione è completamente differente. Quella di oggi è un’adolescenza esplosiva, anche le famiglie più preparate fanno fatica a starci dietro. I giovani di oggi sembrano non avere il concetto della paura e della morte e ciò li spinge oltre i confini del pericolo.
Sembra che i genitori di oggi che sono stati giovani negli anni ’80 e hanno vissuto la paura dell’eroina, dell’Aids e delle siringhe per le strade, ora abbiano completamente dimenticato quell’incubo e vedano i propri figli avulsi da quel genere di rischi, come mai?
Il fatto è che per ungenitore un 13enne è solo un bambino, e invece oggi un ragazzino di 13 anni custodisce un mondo dentro di sé, un caos esplosivo.
“Non fermiamoci a Rogoredo, approfittiamone per studiare il fenomeno più in grande e capire perché si è verificato questo ritorno dell’eroina“, è questo l’ultimo appello di Don Antonio Mazzi.
In conclusione YOUng si porta a casa una risposta dal Comune circa la riqualificazione del Boschetto di Rogoredo e delle aree circostanti, ha avuto l’opportunità di inquadrare la fenomenologia dell’eroinomane del nuovo Millennio, grazie a Don Mazzi, ma quello che non è stato possibile chiarire è: chi si prenderà cura dei tossicodipendenti di Rogoredo? Una volta che l’area verrà bonificata, saranno costretti ad allontanarsi, loro e la loro fame insaziabile di eroina, e con buona probabilità ricominceranno la via crucis quotidiana altrove, in un altro parco, in un’altra stazione.
Rimane una falla aperta, che riguarda gli invisibili, quelli che nessuno dalle amministrazioni ai cittadini vuole vedere, perché rivolgere lo sguardo verso il buio fa paura, e il rischio è sempre lo stesso, che l’oscuro inizi a scrutarci dentro. E allora il problema non sarebbe più soltanto degli altri, ma anche nostro.
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