La Settimana del Cervello (Brain Awareness Week) offre ogni anno l’opportunità di concentrare l’attenzione sulle scienze del cervello e sull’importanza della ricerca in questo ambito. Dal 12 al 18 marzo, società scientifiche e professionisti – psicologi, psicoterapeuti, neuropsicologi, biologi, neuroscienziati, medici – saranno impegnati a coinvolgere adulti e bambini in conferenze, eventi ed attività varie allo scopo di spiegare come funziona il cervello.
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Si dice che il cambiamento sia l’unica cosa di cui possiamo esser certi.
Questa osservazione può ben introdurre un excursus su quella che è una delle più affascinanti caratteristiche del cervello umano: la Neurogenesi, e con essa la Neuroplasticità.
Il nostro cervello cresce e cambia durante tutto il corso dell’esistenza, in risposta costante agli innumerevoli stimoli interni ed esterni, comportamentali ed ambientali. Un fil rouge che ci accompagna dall’infanzia all’età adulta e che comporta non solo una ristrutturazione delle mappe cerebrali, ma anche un miglioramento delle funzionalità mentali attraverso esperienze di apprendimento.
Insomma, se il nostro cervello è così plastico, per quale motivo il nostro apprendimento dovrebbe continuare, vita natural durante, ad essere vincolato a schemi predeterminati e immodificabili o, peggio, arrestarsi ad un certo punto?
Vorrei ricordare a tal proposito le ricerche del Premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini, che culminarono con la scoperta di un fattore specifico di crescita di alcune linee di cellule nervose. Vera e propria rivoluzione questa, visto che si passò dalla visione del cervello come massa di cellule nervose, il cui numero era fisso in ogni individuo, ad una visione totalmente antitetica, in base alla quale con l’uso permanente del cervello in ambiente arricchito, il sistema nervoso si rinnova.
Nel cervello si formano continuamente nuove sinapsi, ma nel contempo il “padrone di casa” mal sopporta inutili sovraffollamenti, e quindi cosa succede? Le sinapsi che non servono più degenerano. Certo sarebbe un vero affronto alla scienza anche solo pensare di banalizzare in questo modo il discorso su un processo sofisticato qual è la Neurogenesi.
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Per questo motivo, in occasione della Settimana del Cervello, abbiamo intervistato il Dott. Pasquale Saviano, Psicologo Psicoterapeuta – specializzato in Psicologia Clinica e Psicoterapia Psicanalitica – che, senza troppi tecnicismi, ci ha illustrato i meccanismi alla base della Neurogenesi, con relative implicazioni.
È ormai riconosciuta ed ampiamente dimostrata la capacità del cervello di generare nuovi neuroni. Ma qual è il ruolo di queste cellule e soprattutto come si collegano ai circuiti cerebrali già esistenti?
Fino a non molto tempo fa la convinzione degli scienziati era che i neuroni non potessero riprodursi e che la perdita o la distruzione di essi per i motivi più disparati portasse inevitabilmente ad un declino cognitivo. “I neuroni con cui nasciamo sono quelli che ci accompagneranno per tutta la vita”.
Negli anni ‘80 le ricerche però cambiarono direzione poiché furono scoperti alcuni gruppi di neuroni capaci di dividersi e quindi riprodursi. Inizialmente osteggiate, queste ricerche hanno portato oggi alla consapevolezza che il cervello adulto possa generare nuovi neuroni, addirittura dopo l’attività fisica. I nuovi neuroni nascono nell’ippocampo, sede della memoria dichiarativa e spaziale. Questa nuova conoscenza apre grandi possibilità euristiche nella ricerca dei sistemi di ottimizzazione esistenziale.
I risvolti di questi scoperte sono molteplici. Pensiamo al declino cognitivo dovuto alla perdita di neuroni in caso di ictus, abuso di droghe, traumi cerebrali, ecc. Ma come si innestano questi nuovi neuroni nei sistemi cerebrali già esistenti? E soprattutto qual è la loro funzione?
A tal proposito ci giungono utili i risultati delle ricerche ad opera degli scienziati dell’Università di Toronto. Tali studi hanno dimostrato che le nuove cellule vanno ad integrarsi nella struttura neuronale dell’ippocampo, rinforzando la memoria e creando nuovi ricordi, quindi favorendo nuove abilità e nuovi comportamenti. I ricordi sono conservati nelle sinapsi, quei minuscoli spazi, simili a bottoni, che si trovano all’estremità dei neuroni (assone) ed attraverso le quali i circuiti neuronali comunicano informazioni. L’aumento della forza di questi collegamenti crea un ricordo. Il rinforzo delle sinapsi avviene in situazioni stressanti o cognitivamente impegnative.
Tutto molto affascinante. Queste conoscenze sui processi neurali possono essere sfruttate o rivelare una qualche utilità in un percorso di supporto psicologico?
Assolutamente sì, soprattutto nella pratica psicoterapeutica.
Nel percorso terapeutico infatti, dalla relazione costruttiva e cognitivamente impegnativa col terapeuta, il paziente viene messo nella condizione di modificare credenze e comportamenti proprio attraverso lo sviluppo di nuovi circuiti neuronali (plasticità neurale). I nuovi neuroni sono simili a bambini, molto ricettivi, quindi più inclini di quelli vecchi a partecipare a processi di apprendimento.
In conclusione dunque?
Oggi sappiamo che sebbene la maggior parte dei neuroni del cervello adulto non si riproduce, c’è comunque l’1/2% di popolazione neuronale nuova in ogni istante, in zone diverse del cervello. Tali neuroni vengono utilizzati in modo preferenziale dalle strutture deputate ai nuovi ricordi che influenzano ed interagiscono con i vecchi ricordi creando modificazioni anche comportamentali.