Fin da giovanissimo, ho provato un misto di fastidio ed imbarazzo ogni volta che mi sono trovato al cospetto dell’incoerenza talvolta eclatante tra ciò che diciamo di odiare e ciò che facciamo di concreto per annientarlo o, almeno, evitarlo.
Mi spiego con una serie di esempi particolarmente eloquenti: a sentir parlare la stragrande maggioranza delle persone, i centri commerciali sono dei luoghi terribili dove giammai metterebbero piede, neppure ed anzi soprattutto per un semplice caffè o ancor peggio la domenica e durante i saldi.
McDonald’s? Il male assoluto, da evitare come la peste (soprattutto dai bambini).
Facebook? Un social noioso e censorio, dove la gente si mette spesso in ridicolo esprimendo pareri banali ed ignorantissimi su qualunque cosa, con improbabili cinquantenni che pubblicano infiniti autoscatti in preda alla loro violentissima “crisi dimezza età” (cit. Caparezza).
E ancora: il gossip? Le frivolezze? I video dei gattini? Le Fake News? La morbosa, scomposta e patetica cronaca nera alla “Quarto Grado”? Non c’è una sola persona che ammetta di preferire queste amenità all’informazione d’alto profilo: verificata, mai cialtrona e raccattalike.
E ancora: i politici? Dei ladri arroganti e furbastri con i quali non abbiamo nulla da condividere.
A conti fatti, riflettendoci bene, se anche solo il 60% delle persone fosse coerente con ciò che dichiara di detestare e non avesse gli atteggiamenti che sostiene di osteggiare, risultando coerente con le virtù che esige dal prossimo, vivremmo in una sorta di eden dove etica, meritocrazia, cultura e generosità sarebbero una rassicurante regola e non una rara quanto esaltante eccezione.
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SE POSSEDESSIMO VIRTU’ CHE ESIGIAMO DAL PROSSIMO
Le aziende travolte da scandali legati allo sfruttamento del lavoro minorile chiuderebbero, Mark Zuckerberg perderebbe il sonno nel tentativo di rendere il suo social meno pieno di spazzatura e di censura casuale, McDonald’s sarebbe un pallido ricordo del passato, Silvio Berlusconi potrebbe al massimo ricomparire in tv per parlare dei suoi nipoti ed il giornalismo d’inchiesta fatturerebbe milioni di euro al giorno, con i giornalisti indipendenti che sarebbero ricchi; i centri commerciali maledirebbero “i piccoli negozi di quartiere” e sarebbero quasi sempre deserti (soprattutto la domenica).
E invece, nel mondo reale, grattando via agevolmente la patina d’ipocrisia, sciatto narcisismo ed anticonformismo di maniera, scorgi proprio quell’intellettuale che parlava con tanto vigore contro i cosiddetti “non luoghi”, mangiare con vergogna il suo panino al fastfood del Megastore all’uscita dell’autostrada, in compagnia dei suoi figli, mentre la moglie è in giro per i finti saldi; il McDonad’s più affollato della città è proprio quello del Megastore, il centro cittadino di domenica è un deprimente deserto, Facebook scoppia di salute ed ha sempre più utenti registrati (in Italia ci passiamo in media 5 ore al giorno, sic!) che perdono giornate a litigare e condividere amenità o fotine del tramonto. Quella multinazionale ingorda che maltrattava gli animali e/o sfruttava i bambini in Bangladesh per vendere abiti di lusso da 500 euro a pezzo, produce e vende di nuovo come se niente fosse; Berlusconi rischia addirittura di (ri)vincere le elezioni, il medico fa le visite a 150 euro l’una senza fattura e via discorrendo.
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UN POTERE ENORME, ENORMEMENTE SPRECATO
Mai come oggi “People have the power”, ma evidentemente non meritano di esercitarlo. Agognano il migliore dei mondi possibili, ma quasi sempre non riescono ad essere all’altezza neppure del mondo meno peggiore possibile. Eppure ci sono così tanti mezzi per controllare, informarsi, prendere scelte migliori e liberarsi dal tipico autolesionismo delle masse. Più tecnologia, più istruzione, una mole praticamente infinita di nozioni e soluzioni disponibili con un click. Se ci riflettiamo, oggi godiamo di una serie di rivoluzioni nella disintermediazione e nell’accesso alla conoscenza che non abbiamo mai conosciuto nella nostra (breve) storia, ma restiamo schiavi del peggior greggismo e della peggior manipolazione mediatica.
Usiamo troppo e troppo male la tecnologia e ciò che ci permette(rebbe) di fare, abbiamo una soglia d’attenzione media che decresce ogni anno perché siamo incapaci di scegliere come investire al meglio il tempo che dedichiamo alle cose in grado di arricchirci, e passiamo troppe ore schiavi delle gratificazioni frivole ed istantanee. Solidali quasi solo con noi stessi e al massimo i nostri familiari più stretti (quando va bene), continuiamo a sperperare ogni giorno l’immane potere che invenzioni come il web, le connessioni veloci, lo scambio immediato di informazioni e la capacità di “incontrarsi” anche senza vedersi ci da.
Immagino un potenziale futuro apocalittico, dove abbiamo perso proprio l’uso oggi scontato di tutte queste magie, paradossalmente anche a causa di esse. Immagino i nostri pro-pro-pro nipoti restare increduli nel pensare a quanta scelta e libertà avevamo, rinchiudendoci volontariamente quanto ostinatamente dietro sbarre fatte di pigrizia, ipocrisia e vigliaccheria. Immagino tutto questo e penso che è vero: il popolo non merita troppo potere, perché non sa come esercitarlo per il suo stesso bene.
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