La sonnambula di Bellini per la Regia di Bepi Morassi
Trasporre non è sempre facile, ce lo ricorda l’originale allestimento della “Sonnambula” di Bellini andata in scena al Maggio Musicale Fiorentino: la regia di Bepi Morassi, che ripropone l’allestimento andato in scena alla Fenice di Venezia nel 2016, ci trasporta nel tempo al ventesimo secolo e ci mostra una stazione sciistica svizzera nel pieno della stagione invernale. Non è ovviamente ciò che aveva in mente Bellini quando compose quest’opera, ma l’ambientazione originale della “Sonnambula” è così indefinita che non viene compiuto alcun sacrilegio, anzi, le proiezioni sul fondale e gli oggetti di scena, cui si aggiungono un autobus e una funivia, ci danno un ambiente colorato, vivace e funzionale. Bella la camera da letto del conte, mentre un poco triste la sala da pranzo dell’ultimo atto, anche se ben studiata, con i vetri e il camminatoio in bilico sul precipizio sul quale si avventura Amina in pieno sonnambulismo.
Tutto valido e funzionale, anche se le trasposizioni portano sempre delle insidie ed il regista avrebbe fatto bene a limitare lo slancio creativo piuttosto che disinteressarsi del testo e far arrivare Rodolfo in funivia mentre il coro canta che sente (e vede) dei cavalli arrivare. Piccole eccezioni alla verisimiglianza giustificate da un impeto inventivo da non spegnere, visto che è merce rara oggi in teatro.
“La sonnambula” parla ovviamente di sonnambulismo e quindi di sonno, e il suo più grande pericolo è proprio ingenerare nel pubblico il desiderio di assopirsi, inducendolo con le melodie delicatissime del Catanese, con le molte ripetizioni e con una vicenda teatrale assolutamente esile. Per questo è fondamentale che il cast sia sempre all’altezza, per non annoiare o, al contrario, per non trasformare l’esecuzione in un lungo incubo.
Nel nostro caso il cast è stato di ottimo livello.
Incantevole Laura Giordano, ha creato un personaggio di Amina empatico, dolcissimo, tenero ed appassionato. La sua vocalità è eccellente; non cambia quasi mai posizione ai suoni e non si nota il passaggio tra le zone della tessitura: gli acuti sono perfetti, eseguiti con totale naturalezza, senza impegnare la muscolatura toracica e sfruttando in modo delizioso le risonanze frontali e la proiezione. Ottime le agilità, sicuro ed avvolgente il fraseggio. Non ha fatto rimpiangere altre gloriose Amine del passato. Ho molto apprezzato quel sospiro che guidava il suo cantare ed il suo recitare, quel movimento morbido del fiato e della voce che era appunto sempre “sul fiato”, permettendole movimenti scenici di totale naturalezza ed un’estrema duttilità del viso. Un’esibizione magistrale da ogni punto di vista.
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Shalva Mukeria era Elvino, vocalmente valido in un ruolo impervio, suscitando grandi consensi soprattutto nella complicata aria “Pasci il guardo e appaga l’alma” e reggendo la tessitura con maestria e sicurezza. Il personaggio è rimasto un po’ condizionato da una parrucca improponibile, qualcosa a metà strada tra la pettinatura di David Zed, l’uomo-robot, e la pettinatura attuale dell’on. Berlusconi, con l’aggravante dei pantaloni alla zuava da montanaro. La visione d’assieme non era eccezionale. Se poi aggiungiamo che Shalva ha cantato sì molto bene con totale sicurezza, ma per scelta sua o del regista ha optato per evitare qualunque movimento che potesse lasciar trasparire un moto di affetto verso la dolce Amina, pensando solo, appunto, “a cantare”, capiamo che le condizioni di “verisimiglianza” della loro love-story ne siano risultate abbastanza ridotte. Del resto, come già sottolineato in precedenza, il ruolo è delicatissimo, si deve sempre camminare su un filo pronto a rompersi ed il tenore non può permettersi grandi licenze attoriali. Mukeria è stato vocalmente un ottimo Elvino, vedremo se in futuro saprà essere più coinvolgente come attore.
Il Conte Rodolfo è un personaggio non completamente definito da Bellini: ci rimane il dubbio, sostanzialmente, se si tratti di un nobile e generoso signore o di un dongiovanni senza troppi scrupoli. Nicola Ulivieri tratteggia un personaggio a tutto tondo, facendoci cogliere entrambi gli aspetti con estrema naturalezza. La sua vocalità è elegantissima, il suo fraseggio aristocratico, morbido, accorato, mentre il suo timbro scuro da basso e la sua presenza scenica eccellente lo aiutano a costruire un Conte di tutto rispetto. Costretto dalla forzatura registica a non vedersi attorno nulla di quanto canta di vedere (“il mulino, il fonte, il bosco e vicin la fattoria!”) è costretto a riconoscere quelle cose su cartoline in vendita alla stazione della funivia. Il suo incedere galantemente, ma esplicitamente, alla conquista di una donna ne fanno un don Giovanni capace però di ritirarsi nobilmente senza approfittare di Amina che, sonnambula, è finita nel suo letto. Ottima la sua interazione con gli altri personaggi. Particolare solo l’entrata in scena iniziale un po’ da sbruffoncello, da “Happy days”, poco nobiliare. L’unico appunto che mi sento di muovergli non è vocale, ma la preghiera di limitare l’oscillazione del capo destra-sinistra continua quando vuole cantare in modo rilassato, perché ne riduce la nobiltà.
Giulia Bolcato, Lisa, ha un timbro pastoso, guida il suono abilmente con il viso raddolcendo i passaggi, particolarmente nell’arietta iniziale, ma in acuto è un po’ periclitante, lanciando i suoni verso l’alto senza la protezione che assicura al resto della tessitura. Perde quindi un po’ di colore e lascia la sensazione d’incompletezza. Gestisce molto bene il personaggio, accettando di interpretare con convinzione l’antipatica, gelosa e infida rivale di Amina.
Di buon livello anche la Teresa di Giada Frasconi, materna, tenera ed accorata madre di Amina. Vocalità corretta, musicale e precisa nei suoni e nei movimenti scenici.
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A dirigere la sempre ottima orchestra del Maggio Fiorentino Sebastiano Rolli, che ci ha dato una lettura integrale, precisa e sicura dell’opera. Forse non avrebbe guastato qualche tempo un po’ più mosso, e forse, vista la staticità della regia, sarebbe stato meglio fare qualche taglio alla partitura. Ottimo il rapporto con il palcoscenico: ha guidato e assecondato i cantanti facendoli sentire a proprio agio e non è poco per un maestro concertatore. Chiarissimo il gesto con cui ha guidato gli artisti tutti.
Dal regista Bepi Morassi era forse lecito aspettarsi qualche soluzione migliore che il ricorso ai siparietti per cambiare, a volte in modo non necessario, la scenografia alle spalle del sipario. Molte le interruzioni narrative. Nel primo atto, sulla terrazza in montagna, fa nascondere i due protagonisti dietro il sipario che il pubblico vede, ma che per convenzione non dovrebbe vedere, perché la verosimiglianza richiederebbe non fosse in quel luogo. Il coro è chiamato a muoversi abbastanza quando non canta e spesso a gesticolare con movimenti coreografici delle braccia che il regista avrebbe sicuramente voluto fossero fatti allo stesso tempo da parte di tutti. Morassi cura bene i rapporti tra i personaggi ed è molto efficace specialmente nella scena della camera da letto del conte con il corteggiamento di Lisa (brava!), ma purtroppo non sa dare movimento scenico sui da capo delle arie e sui cori. Eccessiva la staticità in questi punti dell’opera, particolarmente nella cabaletta del conte e nel coro “del fantasma”. Mi ha pienamente convinto la scena dell’incontro tra i due protagonisti dopo il “tradimento”, molto affascinante con quel gioco di steccati nella natura invernale, mentre non ho compreso la ragione per cui Adina, nell’aria finale, venga lasciata sola e tutti vadano a sedersi ai tavoli, nel momento più commovente dell’opera, apparentemente disinteressandosi di lei. Bruttino anche il balletto (moderno) che il coro fa su “Dell’ossequio del villaggio”, fuori contesto e non gradevole. A parte questi rilievi spettacolo piacevole e ben riuscito.
Bene vocalmente il coro guidato da Lorenzo Fratini.
In conclusione di recensione, mi si permetta un saluto ad un’amica ritrovata: la buca del suggeritore, eliminata da moltissime produzioni perché vista come un diavolo da molti registi, ma pressoché invisibile sulla scena, presenza utilissima e discreta.
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( questo articolo è uscito con alcuni di giorni di ritardo a causa di un problema tecnico redazionale e ce ne scusiamo sentitamente con i nostri lettori e con l’autore)
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Marcello Lippi
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Baritono. Nato a Genova, si è diplomato presso il conservatorio Paganini; e laureato presso l’istituto Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), Napoli (Carmina Burana), Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Milano ( Adelaide di Borgogna), Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Verona (La vedova allegra), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Savona (Medea, Il combattimento, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito a Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Wien (La Calisto), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo. Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra. Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: ha appena terminato il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Cavalleria rusticana di Mascagni, Traviata di Verdi, Don Giovanni a Pafos, Tosca, Rigoletto e sarà presto impegnato in altre importanti produzioni estere ed italiane come Jolanta e Aleko. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara e ora a Rovigo
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, per esempio Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica ed in moltissime città italiane.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Rigoletto, dramma rivoluzionario 2012; Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimaner… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della ”Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011; Editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa.
Ha pubblicato “una gigantesca follia” Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS a cura di da Alessandra Lischi, Maria Antonella Galanti e Cristiana Torti dell’Università di Pisa. Nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. E’ iscritto Siae ed autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola; Entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa. Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa
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