La “Rondine” pucciniana debuttò esattamente cento anni fa al Teatro del Casino di Montecarlo –Buon compleanno “Rondine”!- e lo ha fatto solo il 17 ottobre 2017, un secolo dopo, al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Il motivo di questo disinteresse verso l’unica opera di Puccini che Ricordi non pubblicò, è da ricercarsi nel destino di quest’opera, insieme ad Edgar e le Villi la meno rappresentata tra le creazioni del Lucchese. E’ una creazione del tutto particolare, che negli ultimi anni ha ritrovato in Toscana una buona frequentazione sul palcoscenico con le produzioni del Teatro del Giglio di Lucca e del Festival Pucciniano. Il suo difetto, se così può essere chiamato, è un sottile gusto del gioco verbale fin de siècle, della disquisizione dotta, della ricostruzione di un ambiente sociale ormai finito, quello della Belle Epoque. Nel 1917 siamo in piena prima guerra mondiale eppure Puccini scrive questa commedia, termine che useremo perché in maniera inusuale nell’opera non muore nessuno, ma che riflette tutta la delusione del compositore per il crollo dei valori etici attorno a sé e per l’incapacità di amare di quel mondo (e del nostro). “La rondine” ci lascia un grande amaro in bocca e poco importa quale sia la versione dell’opera che ci viene presentata (in questo caso l’originale del 1917).
Si auspicherebbe che la protagonista vivesse fino in fondo la propria ribellione e l’anelito di purezza che la ispira, invece lei si arrende, come già Violetta, ma senza alcun sacrificio di sé, e ritorna, viva, alla sua vecchia condizione di mantenuta, ricordando Manon ma senza pagare il prezzo della propria rinuncia. Un’ironia profondamente amara guida tutta l’opera ed i giochi linguistici vanno compresi e amati, nella loro essenza dialogica e nella loro funzionalità musicale. I personaggi della “Rondine” sono tutti ricchi, e questo è un elemento di debolezza, perché diventano antipatici; non può piacerci quel loro perdere il tempo a conversare di cose futili, quella finta leggerezza con cui affrontano la vita e per questo il pubblico rischia sempre di non essere abbastanza coinvolto nella narrazione e di non apprezzare nemmeno gli splendidi squarci lirici del secondo e del terzo atto. Bisogna amarla quest’opera e fare lo sforzo per conoscerla nella sua trama apparentemente esile e nel materiale musicale così ricco.
Valerio Galli è uno dei migliori direttori d’orchestra pucciniani, ha masticato la musica del Lucchese sin da bambino nella sua Viareggio ed ha giustamente conseguito una maturità espressiva eccellente. Non ci sarebbe stata bacchetta migliore cui affidare questa produzione per avere sul podio un artista innamorato della musica che dirige. Questo amore si sente ad ogni pagina, anche se Galli, a causa di un golfo mistico enorme e tutto aperto, è costretto a contenere le sonorità per non coprire i solisti. Sembra a volte compresso, si avverte che vorrebbe lasciar scappare qualche strappata prevista da Puccini e forse un tempo lo avrebbe fatto, ma ora ha maturato la giusta esperienza e non perde mai la concentrazione nella gestione, resa difficile da questo squilibrio sonoro dovuto all’acustica del teatro. Ricordo la magnifica “Turandot” che diresse a Pisa alcuni anni fa ed ebbi la fortuna di essere diretto da lui in un “Adriana Lecouvreur” con la povera carissima Daniela Dessì. Cantare diretti da lui è un’esperienza meravigliosa di cui si serba memoria a lungo. Credo sia stata anche l’esperienza del cast fiorentino di questa produzione: tempi scorrevoli, sempre corretti e rispettosi, in crescendo dal primo atto (mirabile il duetto “T’amo….Menti!”) al terzo, più melodico, dove trascina i solisti alle più alte pagine, esaltando la loro arte canora, da esperto ed innamorato, qual è, della vocalità
Bene il cast, giovane e solido, con la presenza di colui che rappresenta un lusso nel ruolo, non grande, di Rambaldo: Stefano Antonucci.
Ekaterina Bakanova , seguendo certamente le indicazioni registiche e non avvantaggiata da abiti assai particolari, non belli, non ci regala la consueta Magda molto sofisticata, regina del salotto, ma una ragazza dei nostri giorni che si muove nervosamente in modo troppo spontaneo per l’alta società; non riesce così a dipingere adeguatamente il personaggio se non nell’ultimo atto, quando in camicia da notte ci racconta di un sogno di normalità delizioso. Vocalmente convince a tratti anche se va in crescendo; se non entusiasma nel “Sogno di Doretta” non raccontando l’emozione di Magda nell’illustrare un mondo perduto, riesce ad avere accenti di grande lirismo nel terzo. In generale ha poca proiezione in acuto, mentre domina la zona centrale con maestria. E’ un’artista valida e che merita di essere riascoltata.
Molto bene entrambi i tenori: poco variato nell’emissione Matteo Desole, molto migliorato da quando ebbi il piacere di ascoltarlo in Traviata a Sassari, tratteggia un personaggio sempliciotto, campagnolo, come deve essere Ruggero, ed è sicurissimo in tutte le zone della sua vocalità, capace di canto spiegato e di dolcezza.
Matteo Mezzaro, a dispetto della giovane età, è ormai un tenore maturo, capace nel proprio repertorio di esibirsi con sicurezza. Bello e simpatico, ci regala un Prunier un po’ diverso dal solito, molto poco salottiero e molto più vero, rinunciando alle smancerie false del poeta nemico dell’amore e delle donne, che nasconde una doppia vita da amante appassionato. Il suo personaggio è moderno e sempre credibile, anche se un po’ uniforme, la sua vocalità sicura gli permette di affrontare con successo il non facile ruolo a partire dal “Sogno di Doretta”, fino alla divertentissima scena dell’ultimo atto.
Un po’ penalizzata dai costumi, Hasmik Torosyan, ha il pregio di non disegnare la solita Lisette tutta moine e gridolini, ma riesce ad umanizzare il personaggio della serva anche nel difficile atto della festa da Bullier, quando il ruolo quasi si inverte con la padrona travestita. Umanizzando molto il personaggio, però, le toglie quella simpatica esagerazione del “buffo”, visto che tanta parte della comicità nella “Rondine” è sulle spalle sue e di Prunier. Vocalmente efficace, ancorché un po’ lacunosa nella gamma dei colori e talvolta nel volume.
Di Stefano Antonucci già si è detto che era un vero lusso averlo nel ruolo dell’amante ufficiale di Magda, Rambaldo. Per un cantante di questo livello, che tante volte ho avuto il piacere di applaudire in ruoli importantissimi quali Simon Boccanegra e Rigoletto, non deve essere stato facile calarsi in un personaggio che canta davvero poco e in un registro più basso di quello della sua voce, più bass-baritono che baritono puro quale lui è. Per questo motivo apre un po’ i suoni e tenta di dare volume a una zona grave di semi-parlato che chiaramente non gli si confà. Spesso viene purtroppo coperto dall’orchestra, ma ciò non toglie nulla al valore dell’artista, alla sua presenza scenica, alla bellezza del colore della sua voce, che speriamo di riascoltare presto in ruoli più adatti e di maggior soddisfazione.
Lo stesso problema di non essere sempre intellegibili lo hanno, nel primo atto, il trio maschile Périchaud/Gobin/Crébillon interpretati da Dario Shikhmiri, Rim Park e Adriano Gramigni e quello femminile Yvette/Bianca/Suzy interpretati da Francesca Longari, Marta Pluda e Giada Frasconi. Si sa quanto il primo atto sia insidioso per il canto-parlato molto spezzettato su melodie orchestrali intense. Il maestro Galli fa di tutto per contenere il volume orchestrale, ma non sempre le voci soliste sono adeguatamente proiettate in avanti e le parole vengono intese solo grazie ai sopratitoli.
Il regista Denis Krief ci spiega più volte nella sua presentazione dell’opera come abbia ricevuto solo all’ultimo la partitura e non fosse convinto né del soggetto né del libretto. Questa sua non convinzione si palesa nell’immobilità in cui lascia i solisti nelle parti più dialogiche e squisitamente letterarie del primo atto. Il che ovviamente rende più difficile la comprensione del testo. Molto graziosa la scenografia iniziale, essenziale ma funzionale: consiste in un loft di una casa privata con vista di Parigi proiettata sullo sfondo come panorama e un accenno di attico-soffitta, ben diversa da quella della Bohéme. Un pianoforte, un tavolo, delle sedie e personaggi che si muovono come persone dei nostri giorni in un’ambientazione più anni novanta del ventesimo secolo che del XIX. Bello a vedersi, ma impegnativo registicamente. La rinuncia alla grande sala e all’eleganza salottiera, ci porta ad una quotidianità casalinga nella quale i personaggi faticano a ritrovarsi e a giustificarsi. Men che meno quest’ eleganza si ritrova da Bullier nel secondo atto. La danza iniziale affidata al coro (che non ha questa competenza e si vede) secondo mosse da balli moderni stridenti con la musica è una delle cose meno riuscite. L’ambientazione, sempre essenziale, evoca più un locale da ballo dei nostri giorni che della Belle Epoque e costringe il regista all’inazione. Il coro è tristemente fermo, tutti in riga guardando il direttore, e tutti vestiti in scuro, per cui l’effetto non è quello di una festa, ma di una cerimonia strana. Da questa staticità emergono i personaggi protagonisti che si muovono bene, con relazioni curate e prendono il giusto peso scenicoDelizioso il terzo atto, ambientato in una casetta in riva al mare a Nice, con sullo sfondo la proiezione della spiaggia e del mare: una casetta povera, semplice, poco più di un bungalow nella quale i due protagonisti vivono una storia d’amore di meravigliosa quotidianità. In questo atto il regista si muove con grande maestria, tanto da suscitare sia la risata (Lisette-Prunier) che il pianto. Tutto è semplice ed efficace, le luci sono accuratissime come i movimenti scenici dei solisti.
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MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Baritono. Nato a Genova, si è diplomato presso il conservatorio Paganini; e laureato presso l’istituto Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), Napoli (Carmina Burana), Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Milano ( Adelaide di Borgogna), Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Verona (La vedova allegra), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Savona (Medea, Il combattimento, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito a Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Wien (La Calisto), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo. Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra. Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: ha appena terminato il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Cavalleria rusticana di Mascagni, Traviata di Verdi, Don Giovanni a Pafos, Tosca, Rigoletto e sarà presto impegnato in altre importanti produzioni estere ed italiane come Jolanta e Aleko. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara e ora a Rovigo
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, per esempio Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica ed in moltissime città italiane.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Rigoletto, dramma rivoluzionario 2012; Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimaner… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della ”Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011; Editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa.
Ha pubblicato “una gigantesca follia” Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS. Nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. E’ iscritto Siae ed autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola; Entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa. Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa