Playboy, amato e venerato dalle vecchie generazioni, dopo 62 anni di onorata carriera e sempre fedele ad una linea editoriale paradossalmente rigida è entrato nel nuovo millennio. Per sua fortuna. E lo fa in grande stile e con un pizzico di furbizia.
Fare appeal alle nuove generazioni, ai new media, ai social e allo stile comunicativo della generazione di neo-trentenni che amano più di chiunque altro assaporare il nudo e il sesso, è quello che ha portato la celebre rivista a rivedere il suo presente e futuro nel campo dell’editoria: via il nudo integrale.
Come si suol dire, è passé: il brivido illecito di sfogliare la celebre rivista di nascosto è old school in tutti i sensi: demografico e commerciale ma soprattutto sociale e tecnologico.
UNA SCELTA DOVUTA – Un fedele lettore di Playboy sarebbe ancora oggi disposto a comprare una rivista cartacea, quando può vedere tanti, anzi tutti i tipi di nudo che vuole con un semplice click? Il numero di riviste vendute nel 1975, durante quelli che sono considerati gli anni d’oro, si aggirava intorno a 5.6 milioni di copie mentre oggi si avvicina a malapena alle 800mila, un numero in vertigionosa discesa frammentato dalla quotidiana presenza del web.
Un primo passo verso una soluzione è stato adottato da Playboy togliendo del tutto i nudi integrali della versione cartacea e concentrandosi sul concept del vedo-non vedo grazie a piattaforme come Snapchat che hanno dato libero accesso ai millenials (e non solo) ad una concezione di nudo ‘aggiornata’ e più accessibile.
Il secondo passo arriva dalla nuova struttura del sito web: da mesi ormai è noto il cambio di stile e del tipo di contenuto. Si punta a storie virali, a gallery dedicate a webstar, ai video dei backstage dei vari shooting e in poco tempo gli effetti del cambiamento sono più che concreti. Da quando Playboy.com non ha più nudo e grazie alla virata editoriale, il traffico del sito è passato dai 4 milioni di visitatori unici mensili a ben 16 milioni. L’aspetto più interessante, a dir la verità, è quello legato ai dati demografici: il sito è aveva un’utenza con un’età media di 47 anni. I nuovi dati degli ultimi mesi, invece, mostrano come la rivista sia riuscita ad intercettare una nuova demografica, quella dei 30enni.
UTENZA, CONTENUTI e COMUNICAZIONE
UN’ODE A SNAPCHAT – Lo è davvero un’ode a Snapchat, e più in generale ai millenials e allo ‘stancante’ e quasi ormai monotono mondo dei selfie. In copertina sul nuovo e rinnovato numero di marzo c’è la modella Sarah McDaniel (fotografata da Theo Warner), scoperta e coperta in punti strategici del suo corpo ma non troppo. Mai troppo. Mai nuda. E’ proprio questa la virata, sicuramente vincente di Playboy, di cui aveva bisogno: cambiare utenza, tipo di contenuti e cambiare lo stile comunicativo della rivista stessa per sopravvivere.
Per i fedelissimi della rivista potrebbe sembrare quasi blasfemo questo cambiamento ma a dettare questa scelta sono i numeri del mercato. Un mercato sempre più debole, dove nell’offline i costi aumentano e diminuiscono le copie vendute e nell’online dove, nonostante il grosso traffico di utenti, gli incassi sono comunque miseri rispetto a quelli di 5 o 6 anni fa. Via alla nudità full-frontal per dare libero sfogo alla riscoperta della sensualità in rispetto delle vigenti leggi del mercato: utenza sempre più giovane e cercando di farlo in maniera diversa rispetto al passato. Si tratta di innovazione: cambiare la percezione di un brand così facilmente riconoscibile, basti pensare alle bunny ears, non è facile ma il New York Times, che ha ricevuto una copia in anteprima, ne è certo: il nudo totale è passé e Playboy dovrà adattarsi ad nuovo mercato su cui è già in ritardo rispetto ad altri competitor.
La vera scommessa su cui punta Playboy è quella di acquisire lettori più giovani senza alienare gli abituè. Alla fine non contano nè la storia nè il passato: è tutta una questione di valore commerciale e rilevanza culturale.