Dopo le elezioni legislative dello scorso 9 settembre, prende sempre più corpo l’eventualità di un governo di destra in Svezia, composto da una coalizione che include partiti moderati e nazionalisti.
Partiamo da un riassunto delle puntate precedenti, per chi se le fosse perse. I risultati delle elezioni legislative svedesi ci hanno restituito una situazione che i politologi anglosassoni definiscono come “hung parliament” (“parlamento sospeso”), che indica l’impossibilità di formare un governo prendendo in considerazione i partiti e le alleanze stabilite prima della competizione elettorale. Scenario che oramai sta diventando abituale in Europa, visto quanto accaduto nei mesi precedenti in Italia e Slovenia, dove solo i compromessi hanno evitato il ritorno immediato alle urne.
Le due coalizioni composte dalle forze storiche della politica svedese, quella Rosso-Verde (De rödgröna) di centro-sinistra e Alleanza (Alliansen) di centro-destra, hanno fatto segnare un sostanziale pareggio elettorale, ottenendo rispettivamente 144 e 143 seggi sui 349 che compongono il Riksdag, il parlamento unicamerale del Paese scandinavo. Nessuno dei due gruppi si troverebbe dunque nella situazione di poter guidare il nuovo esecutivo da solo. A questo punto, i partiti si sono trovati di fronte ad un bivio: da un lato, la possibilità di un accordo tra le due coalizioni principali (o almeno alcuni dei partiti che ne fanno parte) per dare vita ad un governo di “grande coalizione”; dall’altro, il centro-destra potrebbe fare ricorso all’estrema destra dei Democratici Svedesi (Sverigedemokraterna, SD) per dare vita al governo più di destra nella storia democratica della Svezia.
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Quest’ultima soluzione, qualora dovesse realizzarsi, cancellerebbe un tabù, infrangendo la conventio ad excludendum che, fino ad ora, aveva tenuto SD sempre ai margini delle sfere del potere. E, nelle ultime ore, l’eventualità di un governo di destra si sta facendo sempre più probabile. Innanzi tutto, a giocare un ruolo è la grande rivalità tra i leader delle due coalizioni principali, il primo ministro uscente, Stefan Löfven, del Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia (Sveriges Socialdemokratiska Arbetareparti, SAP), ed il suo rivale di centro-destra Ulf Kristersson, candidato del Partito Moderato (Moderata samlingspartiet, M), entrambi determinati a guidare il prossimo governo e poco inclini a cedere alle pretese dell’altro. Inoltre, Jimmie Åkesson, il leader di SD, si è subito reso disponibile alla formazione di un governo con Kristersson, sapendo che questa potrebbe essere un’occasione unica per il suo partito.
Intervistato dal New York Times, Torbjörn Larsson, politologo dell’Università di Stoccolma, ha ben riassunto l’attuale situazione della politica svedese: “Una delle due grandi coalizioni dovrebbe chiudere un occhio e dire di essere preparata a sostenere una persona alla quale avevano detto un ‘no’ categorico. È un momento problematico per tutti, tranne per i Democratici Svedesi, che non sono mai stati così vicini al potere”. Lo stesso Larsson vede come una possibilità concreta l’accordo tra la coalizione guidata da Krsitersson ed il partito di Åkesson: “La coalizione di destra ed i Democratici Svedesi sono d’accordo su tasse, mercato del lavoro, criminalità e difesa. Questo significa che esiste una maggioranza”.
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Proprio in questi giorni, SD ha fatto un passo importante verso la futura formazione di un governo di coalizione con l’Alleanza. Il partito nazionalista, infatti, ha annunciato che lunedì voterà in favore di Andreas Norlén, candidato alla presidenza del Riksdag come esponente del Partito Moderato, mentre quello di Åsa Lindestam è il nome proposto dai Socialdemocratici. Ad esporsi è stato lo stesso leader Åkesson: “Tra i due candidati dei Socialdemocratici e dei Moderati, abbiamo deciso di votare per il candidato dei Moderati. Crediamo che i Moderati siano il partito meglio piazzato per guidare il prossimo governo, considerata la situazione del parlamento”, ha dichiarato. L’elezione di Norlén ribalterebbe la convenzione di scegliere, alla presidenza del Riksdag, un esponente del partito o della coalizione che ha ottenuto i maggiori voti (in questo caso, dunque, Lindestam), ma potrebbe essere giustificata in caso di formazione di un governo che includa proprio SD.
Tra le reazioni all’annuncio, la più preoccupata è stata quella di Isabella Lövin, esponente e portavoce del Partito Ambientalista i Verdi (Miljöpartiet de Gröna, MP), appartenente alla coalizione di centro-sinistra: “L’influenza di SD sulla scelta del presidente del parlamento darebbe al partito nazionalista di estrema destra una influenza indiretta sulla formazione del governo. Tutti coloro che hanno votato per l’Alleanza con la promessa che i Democratici Svedesi non avrebbero avuto nessuna influenza sono stati traditi”.
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Considerando il contesto, i Democratici Svedesi sembrano davvero vicinissimi all’ingresso tra le stanze del potere. In questo caso, anche se la forza principale di governo resterebbe quella del Partito Moderato, il partito di Åkesson avrebbe un potere di influenza molto forte sul nuovo esecutivo, pena la caduta dello stesso. Terza forza delle ultime elezioni svedesi, SD potrebbe dunque assumere un potere ed un’importanza ancora maggiore rispetto a quanto ottenuto dagli scrutini.
Immagine: a sinistra, Ulf Kristersson, leader del Partito Moderato e dell’Alleanza di centro-destra; a destra, Jimmie Åkesson, leader dei Democratici Svedesi.