Con due giorni di ritardo rispetto a quanto inizialmente annunciato, la Svezia ha ufficializzato la formazione del secondo governo guidato dal socialdemocratico Stefan Löfven.
Il voto di venerdì 18 gennaio ha posto fine alla crisi politica più lunga nella storia democratica della Svezia: oltre quattro mesi dopo le elezioni di settembre, la monarchia scandinava è riuscita a superare l’impasse, votando per la formazione del nuovo esecutivo, che, come nella scorsa legislatura, sarà guidato da Stefan Löfven, leader del Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia (in svedese: Sveriges Socialdemokratiska Arbetareparti, SAP), meglio noto come Socialdemocratici (Socialdemokraterna).
[coupon id=”22943″]
Rispetto a quello che era l’esecutivo della precedente legislatura, Löfven ha conservato l’alleanza con il Partito Verde (Miljöpartiet de gröna, MP), mentre è uscito dalla coalizione di governo il Partito della Sinistra (Vänsterpartiet, V). Tuttavia, il nuovo esecutivo ha potuto incassare l’appoggio esterno da parte di due formazioni provenienti dal blocco di centro-destra, quello che sosteneva Ulf Kristersson nella corsa al ruolo di primo ministro: si tratta del Partito di Centro (Centerpartiet) di Annie Lööf, che ad un certo punto era stata addirittura indicata come possibile premier, e dei Liberali (Liberalerna) di Jan Björklund.
In questo modo, però, la nuova coalizione di governo avrebbe potuto raggiungere solamente quota 167 seggi, un numero insufficiente per ottenere la maggioranza assoluta sui 349 scranni che compongo il Riksdag, il parlamento unicamerale della monarchia scandinava. Proprio il Partito della Sinistra è venuto in soccorso di Löfven, astenendosi dal voto per la fiducia, e permettendo così la formazione di un esecutivo di minoranza, come del resto era quello dell’ultima legislatura, eventualità comunque prevista dalla Costituzione svedese ed utilizzata nel Paese abbastanza di frequente (era minoritario anche il governo di centro-destra guidato da Fredrik Reinfeldt tra il 2010 ed il 2014). Annie Lööf, inoltre, ha fatto sapere che il Partito di Centro si riserverà di valutare l’operato del governo tra un anno, per decidere se rinnovare o meno il proprio appoggio a Löfven. Secondo la Costituzione svedese, del resto, è necessario che un governo non riceva il voto contrario della maggioranza del parlamento, dunque le astensioni equivalgono ad un voto a favore: Löfven ha così avuto la meglio grazie a 115 voti favorevoli e 77 astensioni, per un totale di 192 contro i 153 voti contrari.
[sostieni]
I quattro mesi di colloqui e questa particolare alleanza hanno certamente rappresentato una trovata per raggiungere il principale obiettivo delle forze politiche moderate, ovvero quello di estromettere dalle stanze del potere il partito di estrema destra dei Democratici Svedesi (Sverigedemokraterna, SD), guidato da Jimmie Åkesson, che con i suoi 62 seggi aveva scombussolato i tradizionali equilibri della politica svedese, ma anche di evitare nuove elezioni, dove SD avrebbe probabilmente ulteriormente incrementato i propri consensi. Tra gli scontenti, però, c’è anche il leader del Partito Moderato (Moderaterna), Ulf Kristersson, che a lungo aveva sperato di poter ottenere la guida del governo: il candidato della coalizione di centro-destra ha parlato di tradimento da parte dei liberali e dei moderati, annunciando la rottura dell’Alleanza nel caso in cui l’accordo per la formazione del nuovo governo fosse stato confermato. Per Kristersson, “ i partiti che hanno scelto questo primo ministro sono uniti solamente da una cosa: un desiderio di dubbia democraticità di escludere altri partiti dal potere”.
A rendere esplicita questa posizione è stato lo stesso premier svedese: “In tutto il mondo stiamo assistendo ad una crescita dell’influenza dell’estremismo di destra”, ha dichiarato. “Sempre più Paesi si stanno dotando di governi influenzati da partiti che hanno un programma anti-democratico. Noi siamo favorevoli alla democrazia e all’eguaglianza. La Svezia ha scelto un percorso diverso”. Il primo ministro, però, ha anche svelato il ruolo allineato agli interessi della classe dominante svolto oramai dal suo partito: “Siamo per il libero mercato. Siamo favorevoli alla permanenza nell’Unione Europea. I Democratici Svedesi vogliono farci uscire dall’Unione e mettere la Svezia in una situazione simile a quella della Gran Bretagna”. Al di là delle parole propagandistiche, il nuovo governo sarà uno dei più deboli della storia svedese, che avrà bisogno del continuo supporto da parte di partiti esterni all’esecutivo per ottenere la maggioranza.
[coupon id=”18924″]
Nonostante Kristersson rappresenti a sua volta un partito della politica tradizionale che, al pari dei Socialdemocratici, ha fatto registrare una netta perdita di consensi alle ultime elezioni, non ci sentiamo di dargli tutti i torti. Il prossimo esecutivo, che oramai non sembra avere più ostacoli, sarà formato da partiti che si erano presentati agli elettori come avversari, fatto già di per sé discutibile. Inoltre, saranno esclusi i Democratici Svedesi, il partito che ha fatto registrare la crescita maggiore, ed il Partito della Sinistra, l’unica forza del precedente esecutivo che aveva incrementato i propri consensi. Non a caso, si tratta anche degli unici due partiti che hanno assunto posizioni euroscettiche tra quelli presenti nel Riksdag, e che alle prossime elezioni europee potrebbero far registrare un ulteriore exploit.