Continuano le vicissitudini politiche di Svezia e Lettonia: i parlamenti dei due Paesi europei non riescono a raggiungere un accordo per la formazione di un governo.
SVEZIA: OLTRE DUE MESI SENZA GOVERNO
Sono oramai passati più di due mesi dalle elezioni legislative tenutesi in Svezia il 9 settembre, eppure il Paese scandinavo, un tempo considerato una delle patrie della socialdemocrazia nordeuropea, ancora non ha un nuovo governo. L’ultimo a provare la formazione di un esecutivo – per altro di minoranza – è stato il leader del centro-destra Ulf Kristersson: l’esponente del Partito Moderato (Moderata Samlingspartiet) ha però ricevuto una sonora bocciatura da parte di 195 deputati, mentre solamente 154 parlamentari hanno votato in suo favore.
[coupon id=”23327″]
Per il momento, dunque, resta ancora in carica il governo della precedente legislatura, altro esecutivo di minoranza, guidato da Stefan Löfven. Il leader del Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia (Sveriges Socialdemokratiska Arbetareparti, SAP), meglio noto come Socialdemocratici (Socialdemokraterna), che a sua volta potrebbe prossimamente tentare nuovamente la formazione di un governo, sta nel frattempo scalando le classifiche di longevità, divenendo il titolare del terzo governo svedese più duraturo del secondo dopoguerra.
La situazione, benché difficile, non è ancora drammatica: quella di mercoledì 14 novembre, infatti, è stata solamente la prima delle quattro possibili votazioni da parte del Riksdag, il parlamento unicamerale della monarchia scandinava, per attribuire la fiducia ad un governo. Nel caso in cui tutti i quattro tentativi dovessero fallire, invece, il presidente del Riksdag, Andreas Norlén, sarebbe costretto ad indire nuove elezioni, eventualità che non si è mai verificata nella storia di Svezia.
[newsletter]
Nonostante le difficoltà, continuano ad essere lasciati fuori dalle possibili contrattazioni i Democratici Svedesi (Sverigedemokraterna, SD), il partito di estrema destra guidato da Jimmie Åkesson, “colpevole” di aver messo i bastoni tra le ruote alla storica rivalità tra i due poli di centro-destra e centro-sinistra. Allo stesso tempo, in caso di nuove elezioni il rischio è che SD aumenti ulteriormente i propri consensi, rendendo a quel punto inevitabile il proprio ingresso nelle sfere del potere. Per questa ragione, alcuni sperano in una “grande coalizione” che includa moderati e socialdemocratici, con l’obiettivo di salvare il Paese dalla deriva a destra.
LETTONIA: FALLITO IL PRIMO TENTATIVO DI FORMARE UN GOVERNO
Nelle stesse ore in cui il parlamento svedese votava la contro la fiducia al governo Kristersson, in Lettonia, dove le elezioni risalgono invece al 6 ottobre, era Jānis Bordāns ad essere impegnato nel tentativo di formare un esecutivo. Il cinquantunenne, ex ministro della Giustiza e leader del Nuovo Partito Conservatore (Jaunā konservatīvā partija, JKP), era stato nominato dal presidente Raimonds Vējonis per tentare di formare una coalizione di governo.
[coupon id=”22982″]
Le trattative, tuttavia, si sono interrotte quando gli altri tre partiti coinvolti – la coalzione Attīstībai/Par!, Alleanza Nazionale (Nacionālā Apvienība – NA) e Nuova Unità (Jaunā Vienotība) – hanno deciso di rispondere “picche” a Bordāns, richiedendo al capo di Stato la nomina di un nuovo candidato alla guida del prossimo governo.
Considerando che il 18 novembre sarà festa nazionale, occasione che vedrà l’impegno su più fronti della massima carica dello Stato, difficilmente le trattative riprenderanno prima di una settimana. Le trattative, per il momento, continuano ad escludere la prima forza politica del Paese, il Partito Socialdemocratico “Armonia” (in lettone Sociāldemokrātiskā Partija “Saskaņa”, in russo Социал-демократическая партия «Согласие») di Vjačeslavs Dombrovskis, che però ha il “difetto” di essere considerato soprattutto come il partito degli elettori di etnia russa.
Immagini: in alto, Ulf Kristersson, leader del centro-destra svedese; in basso, Jānis Bordāns, capo del Nuovo Partito Conservatore in Lettonia.