[coupon id=”17552″]I cittadini della Repubblica Ceca sono stati chiamati alle urne in ben tre occasioni negli ultimi mesi: il 20-21 ottobre per le elezioni legislative, il 12-13 gennaio per il primo turno delle presidenziali ed il 26-27 gennaio per il secondo turno nella definizione del capo di stato. E, vista la crisi di governo attuale, non è detto che non sia necessaria una nuova tornata elettorale a breve termine.
ELEZIONI LEGISLATIVE E GOVERNO DI MINORANZA
Con un’affluenza alle urne del 60.79% (5 milioni sugli 8.3 milioni di aventi diritto), le elezioni legislative ci hanno restituito il quadro di un Paese frammentato. Ad essere premiato dagli elettori è stato soprattutto il partito ANO 2011 (Akce nespokojených občanů – Azione dei cittadini insoddisfatti), forza di centro destra che ha ottenuto il 29.64% delle preferenze, guadagnando così trentuno seggi in più rispetto alla precedente legislatura. ANO 2011 ha così ottenuto 78 seggi sui 200 che compongono la Camera dei deputati (Poslanecká sněmovna).
Tra i vincitori di queste elezioni si situano anche il Partito Civico Democratico (ODS – Občanská demokratická strana), forza di ispirazione conservatrice ed euroscettica che ha ottenuto venticinque seggi con l’11.32%, ed il Partito Pirata (Česká pirátská strana), assente nella precedente legislatura, che ha guadagnato il 10.79% dei consensi, sinonimo di ventidue seggi in Parlamento.
Successo pure per il nuovo partito di estrema destra Libertà e Democrazia Diretta (SPD – Svoboda a přímá demokracie – Tomio Okamura, dal nome dell’imprenditore di origine giapponese che ne è il leader), che con la sua campagna elettorale anti-immigrazionista (il che sembrerebbe quasi ridicolo, visto il background di Okamura) ha raccolto a sua volta ventidue seggi, con il 10.64% dei consensi.
Va al contrario registrato il netto calo di tutta l’ala sinistra del Parlamento, dove a limitare i danni è solamente il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSČM – Komunistická strana Čech a Morav), che dimezza i propri consensi e si ferma al 7.76% con quindici seggi. Crollo verticale, invece, quello Partito Socialdemocratico (ČSSD – Česká strana sociálně demokratická), che passa da cinquanta a quindici seggi, con il 7.27% dei consensi (aveva superato i venti punti percentuali nelle precedenti legislative).
La composizione della Camera è completata dai dieci rappresentanti dell’Unione Cristiana e Democratica – Partito Popolare Cecoslovacco (KDU–ČSL – Křesťanská a demokratická unie – Československá strana lidová), dai sette di TOP 09 (Tradice Odpovědnost Prosperita – Tradizione Responsabilità Prosperità) e dai sei membri del gruppo Sindaci e Indipendenti (STAN – Starostové a nezávislí).
Al termine delle elezioni legislative, hanno naturalmente avuto inizio le contrattazioni per la formazione del nuovo governo, visto che nessun partito è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Il crollo del centro-sinistra ha naturalmente escluso dalla corsa il leader socialdemocratico Bohuslav Sobotka, che aveva ricoperto il ruolo di primo ministro dal gennaio 2014. In quanto candidato del partito più votato, Andrej Babiš ha tentato tutte le possibili combinazioni per la formazione di una maggioranza. Tuttavia, dopo il fallimento delle contrattazioni, Babiš ha annunciato la formazione di un governo di minoranza, formato da ANO 2011 con l’aggiunta di alcuni ministri indipendenti.
Il 16 gennaio, tuttavia, Babiš ha perso nettamente nel voto di una mozione di fiducia (78 favorevoli e 117 contrari): a questo punto il futuro del governo ceco resta assai incerto, e non è detto che non si faccia nuovamente ricorso alle urne.
MILOŠ ZEMAN CONFERMATO ALLA PRESIDENZA
Eletto per la prima volta nel 2013, quando in Repubblica Ceca si votò per la prima volta in maniera diretta la carica di capo di stato, Miloš Zeman ha vissuto un quinquennio presidenziale tutt’altro che facile. Già al momento della sua elezione cinque anni fa, Zeman fu contestato per la sua campagna elettorale fortemente anti-tedesca, per via delle origini teutoniche del suo avversario di allora, Karel Schwarzenberg. Il presidente ceco si è poi prodotto in numerose gaffe da fare invidia anche al Silvio Berlusconi dei tempi d’oro, tra le quali la più clamorosa in occasione di un incontro con i produttori di vino al castello presidenziale di Praga, quando invocò la morte per vegetariani ed astemi. In quell’occasione, Zeman ricevette addirittura alcune missive da parte di genitori che, avendo preso le dichiarazioni alla lettera, esprimevano le loro preoccupazioni per i figli vegetariani.
Non dimentichiamo, poi, che lo stesso Zeman fu coinvolto in passato in uno scandalo di lobbying che lo vedeva compromesso con la compagnia petrolifera russa LUKoil. In seguito a questi avvenimenti, fu anche costretto a ritirarsi momentaneamente dalla vita politica, prima di tornare alla carica per le elezioni presidenziali. In precedenza, era stato oltretutto uno strenuo sostenitore del programma nucleare ceco, e fece scoppiare un caso diplomatico quando definì “idioti” gli austriaci che si opponevano alla costruzione delle centrali nei pressi del confine tra i due stati.
Infine, il presidente è stato più volte attaccato per le sue posizioni sioniste ed antipalestinesi, come quando paragonò Yasser Arafat ad Adolf Hitler, venendo condannato anche dall’Unione Europea e dalla Lega Araba, mentre ha fortemente sostenuto la guerra statunitense in Iraq, fornendo anche false testimonianze circa la presenza di terroristi islamici in Repubblica Ceca.
Leader e fondatore del Partito dei Diritti Civili (SPO – Strana Práv Občanů), inizialmente sotto il nome di Partito dei Diritti Civili – Popolo di Zeman (SPOZ – Strana Práv Občanů – Zemanovci), Zeman si è ricandidato per un secondo mandato. Tra gli altri candidati, il più accreditato era lo scienziato Jiří Drahoš, presidente dell’Accademia delle Scienze, sostenuto da socialdemocratici e comunisti.
Come previsto la prima tornata elettorale si è risolta in un duello fra questi due candidati: Zeman ha ottenuto il primo posto con il 38.57% dei consensi, mentre Drahoš si è fermato al 26.60%. Poiché nessun candidato ha raggiunto la maggioranza assoluta delle preferenze, i due più votati si sarebbero dovuti scontrare successivamente nel ballottaggio. Per quanto riguarda gli altri aspiranti presidenti, Pavel Fischer, ex ambasciatore in Francia, ha raccolto un buon 10.23%, l’imprenditore Michal Horáček si è fermato al 9.18% e Marek Hilšer ha ottenuto l’8.84%. La delusione di queste elezioni è sicuramente stata rappresentata da Mirek Topolánek, che, nonostante il sostegno del partito ODS, non è andato oltre il 4.31%.
Se l’affluenza alle urne per il primo turno era stata del 61.88%, la sfida tra Zeman e Drahoš ha infiammato la Repubblica Ceca, richiamando al voto il 66.57% degli aventi diritto, un dato particolarmente alto rispetto alla media europea degli ultimi anni. L’esito, tuttavia, ha confermato le indicazioni delle legislative di qualche mese prima, con il candidato populista ed anti-immigrazionista che ha avuto la meglio: Zeman è stato così confermato alla presidenza con il 51.37% dei consensi, battendo Drahoš per circa 150.000 voti.
L’elezione di Zeman ha avuto delle conseguenze anche sul governo: il capo di stato, infatti, si era detto favorevole ad una nuova possibilità per il primo ministro Andrej Babiš, che dunque avrà ancora qualche tempo a disposizione per lavorare sulla formazione di una nuova maggioranza. In caso contrario, però, neanche Zeman potrà più salvare il governo di ANO 2011, ed a quel punto il capo di stato sarà costretto a sciogliere il Parlamento per procedere a nuove elezioni.