Questo sito utilizza cookie

Sappiamo che (giustamente) non te ne frega nulla, ma siamo obbligati a mostrarti questo inutile banner per dirti che gestiamo cookie tecnici e, se acconsenti, anche statistici (Google Analytics) e di marketing (Meta Pixel). Se li accetti, ci permetti semplicemente di tracciare (in forma anonima) le tue visite. Quindi non fare lo str** e clicca sul bottone blu :) Se hai tempo da perdere, leggi la nostra Privacy Policy.

Gestisci cookie
  • Home
  • News
  • Cantera
  • Tips
  • Chi Siamo
    • Il Progetto
    • Il Team
  • Richiesta di Adesione
  • Password Dimenticata
  • Continua con Facebook
    Continua con Google
  • Messaggi Recenti

    • Quando il cliente è giovane: quali gadget personalizzati...
      Giugno 25, 2025
    • Pavimenti industriali: i consigli per una pulizia efficace
      Giugno 3, 2025
    • Nasce a Napoli il primo Social Fest: 4 e 5 giugno,...
      Giugno 2, 2025
Young - Slow Journalism
  • Home
  • News
  • Cantera
  • Tips
  • Chi Siamo
    • Il Progetto
    • Il Team

Cerca



Editori

  • achilleterzo
  • Ale C. Ph
  • Alessandra Busanel
  • Alessandro Cini
  • Alessia Di Giovanni
  • Alfonso
  • Andrea
  • Andrea Corvino
  • Andrea Paone
  • AndreArisponde
  • Angela Vitaliano
  • Angelo Golino
  • Anna
  • Anna
  • Annette Palmieri
  • Antonia Storace
  • Antonio Casaccio
  • Arcybald
  • ArmandoArmy Fusco
  • Arsenale Kappa
  • Arsenale Kappa
  • Attilio De Alberi
  • Aurora Scudieri
  • Beatrice Elerdini
  • Beatrice Elerdini
  • Blog Intervista
  • Blog Intervista
  • Carlo Crudele
  • Carmine Falco
  • Charlotte Matteini
  • CleanNet
  • Dario Cerbone
  • Dario Cerbone
  • darioierimonti
  • David Colantoni
  • Davide Cerisola
  • Davide Gambardella
  • Davide Marciano
  • Eleonora Russo
  • Elisabetta Besutti
  • Elisabetta Besutti
  • elizabethskia
  • elvis
  • Emiliano Rubbi
  • Ettore Panella
  • Fabio Belli
  • Fabio Botter
  • Fabio Vanacore
  • Fabrizio Cianci
  • Federica Maneli
  • Federica Russo
  • Federico Cartelli
  • Federico José Bottino
  • FEF ACADEMY
  • Francesco Di Paola
  • Francesco Di Paola
  • Germano Milite
  • Gianmarco Crinieri
  • gianrolando scaringi
  • Giorgio Del Sole
  • Giovanni Carzana
  • Giovanni Guarini
  • Giulia Piccolino
  • Insem SPA
  • ketty
  • La Fiera
  • Laura Elisa Rosato
  • Livio
  • Loredana de Michelis
  • Lorenzo Tosa
  • Luca lamesa
  • Luca Marinelli
  • Luca Mazzucchelli
  • Luciano Costantino
  • Luciano Costantino
  • lwmaster
  • Manuela Stacca
  • Maria Melania Barone
  • Maria Pia Dell'Omo
  • Mariagiovanna
  • Marialuisa Monda
  • Marta Caldara
  • Martina Mugnaini
  • Martina Mugnaini
  • Mathew Meladoro
  • Mattia Andres Lombardo
  • Mattia Andres Lombardo
  • Mattia Cataldo
  • MedPov
  • MedPov
  • moneyfarm
  • Nunzio
  • Nunzio
  • Pier Luca Santoro
  • Pierluigi Sandonnini
  • Redazione Cultura
  • Redazione Cultura
  • Redazione YOUng
  • Riccardo Bottazzo
  • Riccardo Bottazzo
  • RIVEFLUVIONE
  • Roberto Corradi
  • Rosa Anna Buonomo
  • Rosanna Gaddi
  • Ruben Lagattolla
  • Ruben Lagattolla
  • Sabina Guzzanti
  • Samantha Viva
  • Sergio Ferraris
  • Silvia Buffo
  • Simona Rabboni
  • Simona Rabboni
  • Simone Santi
  • Slytouch
  • Slytouch
  • Stefano Iannaccone
  • Stella Levantesi
  • Sveva Alagna
  • Team Young
  • testfree
  • Tonino Bucci
  • Valentina Varlese
  • Valerio Maggio
  • Vincenzo Scichilone
  • Yeerida
  • Yeerida
  • YOUngTips

Le armi negli Usa: c’é chi muore e chi guadagna

Postato il Ottobre 7, 2015 Attilio De Alberi 0

Per leggere questo articolo ti servono: 6 minuti

Pur di poter premere il grilletto tra una guerra e l’altra, gli americani si sono inventati i college – Maurizio Crozza a Di Martedì

Una riflessione sulla cultura americana

Dopo l’ennesimo eccidio in un campus ad opera di un povero sfigato/squilibrato/armato fino ai denti, e, per giunta, questa volta in Oregon, stato notoriamente progressista (ultima novità: a novembre un referendum ha reso legale l’uso del cannabis) il fondamentalmente pacifico (salvo magari qualche bombardamento dell’US Air Force finito male) Presidente Obama è incazzato nero.

E come dargli torto? Lui vorrebbe tanto riuscire a imporre dei controlli più severi sulla vendita delle armi, in un paese dove procurarsi un fucile a ripetizione piuttosto che una Magnum è facile quanto acquistare un hamburger. Ma tutti sappiamo che il diritto a portare armi è tuttora scritto nella costituzione, quasi come se ci fossero ancora degli inglesi e dei pellerossa in agguato dai quali difendersi giornalmente. E come se non bastasse una delle più influenti lobby americane è proprio la famosa N.R.A (National Rifle Association, laddove ‘rifle’ sta appunto per fucile).

Ma lasciamo un attimo da parte una costituzione che, seppure per certi versi è tra le migliori al mondo, in questo campo potrebbe essere descritta come un attimino obsoleta. E lasciamo anche da parte quei pistoleri fanatici dell’NRA che devono avere un gene di cowboy in corpo. Rimane un problema più grosso: una buona fetta della popolazione americana, sia d’ispirazione democratica che repubblicana, vede come fumo negli occhi una legislazione determinata a imporre controlli più severi sulla vendita e l’uso delle armi.

Infatti il problema non è di così semplice soluzione, perché fondamentalmente culturale. E’ un caso che negli USA ci siano 17 volte più crimini pro capite che in Danimarca? Non credo.

Il brillante e al tempo stesso ridicolo Berlusconi locale, sì, proprio lui, il miliardario Donald Trump, che sembra guadagnare punti nella corsa alle primarie repubblicane, critica indirettamente Obama  in una recentissima intervista sostenendo che il problema di tutti questi massacri sia fondamentalmente psichiatrico. E cita posti come Chicago, laddove, nonostante i controlli sulle armi, esiste una diffusa violenza. Pur non essendo un supporter di Trump (spero infatti che il prossimo presidente degli USA possa diventare il “socialista” Bernie Sanders), trovo arduo controbattere alla sua osservazione.

Per capire un po’ meglio il problema nella sua complessità (no, non tutti i problemi sono proprio facili facili) consiglierei di vedere o rivedere il documentario di Michael Moore ” Bowling a Columbine”. Il titolo nasce dal famoso eccidio alla Columbine High School in Colorado il 20 aprile 1999 (ironicamente un altro stato piuttosto ‘progressista’): due ragazzi pianificarono meticolosamente un vero e proprio attacco terroristico che costò la vita a 12 compagni di scuola e ne ferì 21. Poco si sa dei due autori, che poi si suicidarono. Ma dai loro diari si evince che fossero stati ispirati dal famoso attacco al Federal Building di Oklahoma City di 4 anni prima.

Michael Moore è tutto fuorché un conservatore vecchio stampo: non dimentichiamo, tra i tanti, il suo audace exposé sull’attacco alle Torri Gemelle in Farenheit 9/11), mentre è appena uscito al New York Film Festival la sua ultima opera “What to Invade Next”, una satira pacifista soft girata completamente fuori dal suo paese.

Nel suo documentario su Columbine il regista whistle-blower (denunciatore) punta subito il dito alla facilità di procurarsi armi: va di persona in una banca del Michigan per aprire un conto e riceve in regalo un fucile.

Sì, solo negli USA.

Fra i tanti altri esempi che illustrano il rapporto tra i Gringos e le armi da fuoco cita il paesino di Virgin in Utah, dove l’amministrazione ha approvato una legge che richiede ai residenti, volenti o nolenti, di possedere un fucile. Una mamma di Virgin dichiara soddisfatta: ”Questo è un gran bel posto dove allevare i figli”.

E c’è anche una divertente intervista con l’allora presidente dell’NRA, niente po’ po’ di meno che il mitico Charlton Heston, la star di Ben Hur.

Ma alla fin fine il focus di Moore non è tanto sulla facilità di procurarsi armi nel suo paese. L’osservazione chiave è che in Canada c’è una legislazione altrettanto liberale a riguardo, ma, come ben sappiamo, lì non assistiamo alla sfilza di massacri ormai comuni negli USA.

Moore ci offre quindi un montaggio dei principali atti di violenza nel mondo perpetrati dagli USA nella sua storia recente: parte con il rovesciamento di Mossadeq in Iran nel 1953 – il grosso torto del tizio, una specie di Mattei persiano, o se vogliamo, un Chavez ante litteram – fu l’aver cercato di rendersi indipendente dalle ingorde 7 Sorelle – per arrivare ai bombardamenti in Iraq, passando per la guerra in Vietnam e per il colpo di stato contro Allende in Chile. Cita anche un fatto forse dimenticato: nel 1998 il democratico Bill Clinton fece bombardare una fabbrica in Sudan dove credeva si costruissero armi. In realtà vi si producevano aspirine. E come introduzione al suo prossimo progetto sull’attacco dell’11 settembre 2001, fa notare che Osama Bin Laden fu originariamente addestrato dalla CIA. Un altro mostro di Frankenstein, come in realtà lo è l’ISIS.

Ma la vera chicca del documentario è un gustosissimo, seppur inquietante, cartone animato dal titolo: ‘Una breve storia degli USA’, che qui vi ripropongo. 

La tesi fondamentale è che la cultura americana sia basata soprattutto sulla paura. Già i coloni erano fuggiti dall’Inghilterra per paura delle persecuzioni. Arrivano in un continente dove, inevitabilmente, hanno paura dei Nativi che cercano di colonizzare. Poi la madrepatria con le sue tasse genera paura: e scatenano una bella Guerra d’Indipendenza. Quindi importano en masse un bel po’ di manodopera africana per le piantagioni: e cresce la paura di comprensibili ribellioni. E contemporaneamente all’NRA nasce il Ku Klux Clan.

E, mi domando, non è probabilmente la stessa paura che spinge, a braccetto con il razzismo, tanti poliziotti USA a uccidere con grande facilità, e più o meno legalmente, un tot mensile di afroamericani spesso indifesi? E, a onore del vero, anche qualche bianco o latino perde la pelle di fronte alla logica: prima si preme il grilletto e poi si fanno le domande.

E forse, dopo esser diventata una potenza imperiale, gli Stati Uniti, vivevano nella paura di perdere questo nuovo esaltante status. Magari ora stanno capendo che bisogna adattarsi a un mondo multipolare e che devono lavorare insieme ai Russi per far fuori i mostri del Califfato islamico. Un po’ come, anche se in ritardo, si allearono con i sovietici per sgominare quel cattivone di Hitler.

Ironicamente ho appena sentito Di Battista far notare in TV che se oggi c’è un aumento (minimo) del PIL è soprattutto grazie alla crescita di due mercati: quello delle armi e quello delle droghe. Il focoso tribuno pentastellato spiega l’aumento nell’acquisto delle armi con “la paura degli altri”. Aggiungerei che in una situazione di crescente disagio sociale l’aumento della criminalità armata è quasi fisiologico. L’Italia, culturalmente, non è (ancora) il Far West.

Ma torniamo in Oregon e al suo recente massacro. Ok, l’autore era una persona palesemente sola e malata, e se fossi stata la sua madre single gli avrei imposto un sano trattamento psichiatrico preventivo. E, ovviamente, come Stato, non gli avrei reso così facile l’acquisizione di un armamentario à la Rambo.

E qui bisognerebbe aggiungere che pure Hollywood, nel creare certi miti, ha le sue responsabilità. Ma, di nuovo, alla fin fine la cultura cinematografica d’intrattenimento riflette certi tropi del paese dove viene prodotta. E così intere generazioni americane e non solo si sono sorbiti una sfilza di western sanguinari e di esaltati film di guerra.

Ma al di là delle singole patologie (e qui, appunto, non si può dar torto a quello sborrone di Trump), l’analisi di Moore ci aiuta a riflettere su cosa si basa, nel suo profondo, la cultura americana. Temo che, al netto di legislazioni più attente alla vendita e all’uso delle armi da parte dei singoli cittadini, ci vorrà ancora un bel po’ prima che questa cultura cambi.

P.S. Ai cinefili tra voi, consiglierei anche, in questo contesto, di vedere o ri-vedere Taxi Driver, il classico di Martin Scorsese con un giovanissimo Robert De Niro, in una decadente New York: il ritratto dolce-amaro di un anti-eroe pistolero. Sì, quintessenzialmente americano.

#armi#Bernie Sanders#Bowling a Columbine#donald trump#Lobby#michael moore#National Rifle Association#Obama#stati uniti#What to Invade Next#whistle-blower

Pubblicato da

Attilio De Alberi

Attilio L. De Alberi, studente in Gran Bretagna e negli USA, lavora in pubblicità a Milano. Emigra a New York e poi a Los Angeles, dove lavora nel cinema e come giornalista. Rientrato in patria continua a dedicarsi al giornalismo, scrivendo per Lettera43 e per Il Manifesto. Ultimamente collabora part-time con Don Luca Favarin, prete alternativo in un dei suoi centri di accoglienza per immigranti nel cuore del Veneto leghista.


Potrebbe piacerti anche

784
Cultura

Donald Trump , il testo integrale del discorso di insediamento del 2025 paragonato a quello del 2016
Gennaio 22, 2025
2.0K
Tito Boeri vs Forze Armate – prove tecniche di Lotta di Classe.
Febbraio 16, 2023
299
Permanent Record di Edward Snowden: la malattia autoimmune della democrazia
Settembre 28, 2019

Consigliati dall'editore

Quando il cliente è giovane: quali gadget personalizzati usare per una campagna pubblicitaria di successo
Giugno 25, 2025 0
Pavimenti industriali: i consigli per una pulizia efficace
Giugno 3, 2025 0
Zero waste in cucina: come ridurre gli sprechi alimentari
Maggio 27, 2025 0
Vacanze al mare in Italia: 4 perle nascoste fuori dai soliti percorsi
Maggio 21, 2025 0
  • Featured

    • Luca De Stefani (Big Luca) mi ha querelato
      Aprile 25, 2025
    • Il 25 Aprile non è un festa comunista
      Aprile 25, 2025
    • Consob sospende Rendimento Etico srl per quattro mesi
      Dicembre 13, 2024
    • Jimmy Cenedella prova a censurare le recensioni negative
      Dicembre 3, 2024
    • Rendimento Etico, operazioni in ritardo di 2 anni,...
      Ottobre 24, 2024

  • Seguici Su



  • YOUng – Slow Journalism è una testata giornalistica di
    proprietà di Mastino S.R.L.
    Registrazione presso Trib. Santa Maria Capua Vetere (CE) n° 900 del 31/01/2025
    | Iscrizione al ROC n° 34784
    P.IVA: 04755530617 – Mastino srl
    Sede Legale: CASERTA – VIA LORENZO MARIA NERONI 11 CAP 81100